LA PROTESTA

Gli studenti non restano in silenzio
"Non riuscirete a strumentalizzarci"

All'indomani degli scontri che hanno sconvolto il centro della capitale, parlano le associazioni studentesche che, poche ore prima, avevano manifestato pacificamente in tutta Italia. "Siamo contrari a ogni forma di violenza". E cercano di restituire una prospettiva a migliaia di ragazzi che hanno creduto nel movimento delle ultime settimane

Carmine Saviano la Repubblica 15.12.2010

ROMA - Tra cariche della polizia e guerriglia urbana. Tra lacrimogeni e sanpietrini. Sospesi in una spirale di violenza assurda, inutile. Il giorno dopo gli scontri che hanno messo a ferro e fuoco il centro di Roma, gli studenti non restano in silenzio. Ritornano a dire la propria. Affidando al web denunce e invettive. Le parole d'ordine s'intrecciano: "Non riuscirete a strumentalizzarci", "siamo contrari a ogni forma di violenza". In prima fila le associazioni studentesche: per difendere la bontà delle loro lotte pacifiche. E per ridare una prospettiva a migliaia di ragazzi che hanno creduto in quest'autunno di movimento. Ecco le loro posizioni.

Una città blindata. Rete della Conoscenza 1, il network promosso dall'Unione degli Studenti 2 e da Link 3, due delle associazioni studentesche più diffuse, inizia con la denuncia della "cappa repressiva" che ieri si è abbassata su Roma. "Per l'ennesima volta, il corteo ha attraversato una città blindata, desertificata da uno schieramento di polizia spropositato e da una serie di sbarramenti intorno alla Camera e alle vie del centro che impedivano il normale esercizio del diritto democratico a manifestare liberamente il dissenso". Poi la denuncia della violenza e la rivendicazione del carattere pacifico del movimento studentesco.

La guerriglia a piazza del Popolo. Nel comunicato della Rete della Conoscenza, c'è anche la ricostruzione dei momenti più tesi della giornata di ieri. Dopo essere arrivati in piazza del Popolo, "migliaia di studenti sono ripartiti in corteo lungo il Muro Torto, per evitare di essere coinvolti dagli scontri che stavano avvenendo in piazza". Sull'origine e sui protagonisti nessun dubbio: gli scontri sono iniziati "in seguito a iniziative avvenute separatamente dal resto del corteo e determinate in palese discontinuità con le pratiche finora espresse dal movimento studentesco".

La caccia all'uomo della polizia. Ma le denunce degli studenti non riguardano solo i "professionisti della guerriglia". Dito puntato anche contro le forze dell'ordine: "Il corteo è poi proseguito verso la Sapienza, mentre la polizia inscenava una vera e propria caccia all'uomo in corrispondenza di alcune stazioni della metropolitana. Tali provocazioni non vanno raccolte ma denunciate pubblicamente". Infine, le prospettive: "Il movimento non si fa reprimere né strumentalizzare e continuerà le proprie mobilitazioni con lo stile gioioso, pacifico e democratico che lo caratterizza". Il pericolo della strumentalizzazione è avvertito da tutti. Per la Rete Universitaria Nazionale, "Nessuno ci provi adesso. Le ragioni della protesta contro il ddl Gelmini e il malessere della nostra generazione rimangono un dato di fatto. Che ne il voto In parlamento, ne i gravi scontri di Roma possono cancellare".

Avanti con la mobilitazione. Diagnosi condivisa anche da Giorgio Paterna, coordinatore nazionale dell'Udu 4, l'Unione degli Universitari. "La giornata di ieri ha visto una grande partecipazione degli studenti in tutta Italia. E i gravi atti di violenza non appartengono al movimento studentesco". Poi, le prospettive: "Supereremo questi episodi: continuando la mobilitazione in occasione della discussione della riforma Gelmini al Senato con le modalità pacifiche come abbiamo fatto in questi mesi". Non potrebbe essere altrimenti. Per Paterna, la posta è alta: "In gioco c'è il futuro del Paese e di noi giovani. Dobbiamo essere in grado di portare la società civile a rendersi conto di cosa significa questa riforma per il futuro del Paese".

Tornare in piazza. Per Sofia Sabatino, portavoce della Rete degli Studenti 5, "la frustrazione e l'esasperazione sono forti, ma non per questo accettiamo di venire etichettati e strumentalizzati per pratiche che non ci appartengono". E la risposta sarà un nuovo ciclo di mobilitazioni: "Torneremo in piazza nei prossimi giorni, in maniera pacifica come abbiamo sempre fatto, con gli studenti consapevoli di quello che comporterebbe questa riforma, pietra tombale sull'università Italiana".

Il pericolo della propaganda. Alla denuncia delle violenze si unisce anche Alessandro Pezzella, della Rete29Aprile 6. Quelli del tetto della Sapienza: "Questi cento teppisti riescono sempre a oscurare noi, che siamo migliaia di manifestanti pacifici". Il pericolo è "la propaganda ci stanno montando sopra, sfruttando questi atti riescono a convincere le masse che le proteste sono violente e distraggono l'attenzione dalle motivazioni dei pacifici". Infine, "anche noi continueremo la protesta. La Rete29Aprile si darà un appuntamento a inizio anno per decidere le nuove linee di azione".

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Sulle loro capacità cognitive, ma anche affettive e psicologiche. Purché naturalmente la struttura sia valida, accogliente, di alto livello didattico, e non come spesso accade, un baby parking. Sono questi i risultati, ancora del tutto inediti per l´Italia, di una ricerca promossa dalla Fondazione Agnelli e firmata da Daniela Del Boca e Silvia Pasqua, docenti di Economia Politica all´università di Torino. Mettendo a confronto diverse fonti statistiche, ma in particolare i risultati degli ultimi test Invalsi (ossia sul livello di preparazione) per la seconda e la quinta elementare nell´anno 2009/10, ciò che emerge in modo netto è la maggiore preparazione sia in italiano che in matematica dei bambini che nella prima infanzia avevano frequentato un asilo nido.

Dati sorprendenti e nuovi per il nostro paese, dove da una parte c´è una grande carenza di asili nido pubblici, ma dove persiste anche una forte diffidenza all´idea di "far uscire da casa" i propri piccoli almeno fino ai tre anni di vita. Una recente ricerca della Banca d´Italia dimostra infatti che il 58% dei genitori italiani ritiene che nella prima fase della vita «è meglio i bimbi restino con le mamme». E molti psicologi e psicoterapeuti condividono questa posizione, mettendo in guardia dal senso di "sradicamento e di abbandono" che può nascere in bebè affidati a sette, otto mesi a cure esterne alla famiglia. Eppure in tutto il mondo, spiega Daniela Del Boca, «le ricerche sul childcare, cioè i servizi per l´infanzia, sono in atto da tempo, sempre di più si capisce quanto sia importante l´investimMaria ento educativo nei primi anni di vita, come ha dimostrato il premio Nobel per l´economia James Hackman, che ha evidenziato quanto i benefici dell´investimento in capitale umano diminuiscano con il crescere dell´età».

Insomma l´asilo nido come primo luogo dell´apprendimento. Vera alternativa a quello che finora è stato l´unico tipo di childcare nel nostro paese, e cioè i nonni, nove milioni in Italia, di cui 8 milioni occupati a tempo pieno nell´accudimento dei nipoti. La ricerca, dal titolo "Esiti scolastici e comportamentali, famiglia e servizi per l´infanzia", condotta anche in collaborazione con la New York University e il Collegio "Carlo Alberto" di Torino, ribalta insomma il punto di osservazione, il nido cioè come luogo fondamentale per i bambini, oltre che salvagente per le famiglie. Entrando nel dettaglio, i test Invalsi dimostrano che gli alunni che hanno frequentato il nido hanno punteggi più alti di un punto e mezzo in italiano e di mezzo punto in matematica, percentuale che cresce per i bambini che vengono da famiglie immigrate e ancor più se la mamma lavora. «Sembra un paradosso ma è così - chiarisce Daniela Del Boca - perché se da un lato l´assenza della madre è un fattore negativo sul rendimento scolastico dei figli, questo viene compensato dalla frequentazione di un buon nido. In Italia abbiamo esperienze straordinarie, a cominciare da Reggio Emilia, e infatti le liste d´attesa sono più lunghe proprio là dove c´è una tradizione di qualità». La materia però è delicata. «Se il nido non è eccellente - dice infatti con decisione Maria Rita Parsi, psicoterapeuta di lunga esperienza - allora è meglio che i bimbi restino a casa. Se invece l´asilo, per fare un esempio che conosco, è come quello della Ferrero ad Alba, con un équipe psicopedagogica di alto livello, dove i genitori possono entrare e uscire quando vogliono, allora i vantaggi sono enormi. Purtroppo però i nidi sono spesso scadenti. E per un bimbo di pochi mesi ogni distacco è un trauma, e ogni suo piccolo grido deve essere ascoltato. Tutto questo può avvenire in un nido?».

Il dibattito è aperto. «Il nostro obiettivo - conclude Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli - era proprio quello di suscitare una riflessione sull´importanza dei nidi, come primi gradini dell´apprendimento. E i nuovi dati Ocse-Pisa dimostrano ancora una volta che chi ha frequentato una buona struttura nella prima infanzia avrà un futuro scolastico più agevole».