la sperimentazione

Non piace il premio ai prof

«Criteri incerti e risorse sottratte a tutti».
Sul web le ragioni dei docenti contro la valutazione

Maria Teresa Martinengo La Stampa, 14.12.2010

TORINO
I collegi docenti devono deliberare entro il 20 dicembre se aderire o no alla sperimentazione (esclusivamente torinese e napoletana) della valutazione dei docenti voluta dal ministro Gelmini. Le riunioni, però, si vanno concludendo con decine di «no» senza esitazioni, con mozioni votate anche dal 100 % dei docenti.

Zero consensi alla sperimentazione, per esempio, al professionale Giulio; 9 astenuti su 83 votanti e 74 voti a favore della mozione ostile alla sperimentazione al classico-linguistico Gioberti; 1 favorevole alla sperimentazione e 7 astenuti su 55 votanti allo scientifico Gobetti e così via. «No» secco alle medie Meucci, Bobbio, Toscanini, previsione di «no» anche al D’Azeglio, all’Avogadro, al Galileo Ferraris. Qualche apertura si registra alla Tommaseo, ma il collegio voterà solo domani.

Il puzzle composto dalle mozioni votate riassume il pensiero dominante della categoria sulla 14a mensilità-premio da assegnare al 20% dei docenti disponibili a farsi valutare dal preside, da due colleghi eletti, oltre che da allievi e famiglie. «Appare discutibile che una valutazione realmente oggettiva possa essere affidata a commissioni interne alle singole scuole, piuttosto che a soggetti terzi ed imparziali», hanno messo nero su bianco (e divulgato su www.retescuole.net) i docenti del Giulio.

La mozione del Gioberti spiega come «non sia accettabile un progetto premiale alimentato da fondi provenienti da quegli stessi tagli che hanno causato serie difficoltà alla scuola pubblica italiana in termini di risorse e di personale, per di più in una fase in cui i salari dei docenti sono stati ulteriormente mortificati (congelamento degli stipendi e blocco degli scatti di anzianità)». Ancora: «Così come formulato, il progetto può alimentare sul luogo di lavoro una logica individualistica di competizione piuttosto che di condivisione e di collaborazione; né risulta chiaro come, premiando un massimo del 20% dei docenti che presenteranno le loro candidature, si possa ottenere “un miglioramento dell’attività didattica”, la quale, per definizione, si fonda su un lavoro collegiale».

Al Gobetti osservano che: «La sperimentazione coinvolgerà una percentuale minima di scuole e di docenti, 30 su circa 10 mila cioè lo 0,3%. Premesso che non siamo contrari per principio ad un sistema di valutazione nazionale della nostra professione e che auspicheremmo anzi un maggior riconoscimento sociale, morale ed economico della funzione docente, riteniamo che il progetto sia privo di qualsiasi scientificità».

Tommaso De Luca, preside dell’Avogadro (dove il collegio si riunirà il 20), racconta che molti professori gli hanno parlato del loro disappunto. «È necessario senz’altro passare a forme di valutazione - osserva - e le scuole devono progettarne una parte, ma questa va coniugata con una valutazione esterna che deve, a mio parere, essere prevalente». De Luca, poi, e non è il solo, teme «lo scatenarsi di rivalità nel collegio docenti. Ricordo quando a fine anni 90 furono introdotte le funzioni obiettivo: non è stato facile». Perplesso è anche il preside del D’Azeglio, Salvatore Iuvara: «Su un argomento tanto delicato non è il caso di fare improvvisazioni con delibere approvate in fretta prima di Natale...». Maria Luisa Mattiuzzo del direttivo Andis, associazione dei dirigenti: «La valutazione è necessaria, sia delle scuole sia dei docenti, ma i criteri devono essere chiari: il rischio è che da una parte si valuti in un modo e dall’altra in un altro. Migliorare la professione docente è necessario, ma il primo strumento deve essere la formazione che oggi non c’è».

Possibilista è invece Lorenza Patriarca, dirigente dell’istituto comprensivo Tommaseo Calvino, dove lo staff della scuola (figure strumentali, referenti di plesso ecc) è in maggioranza favorevole. «Siccome la legge Brunetta impone la valutazione, l’idea abbastanza condivisa è che sia meglio contribuire a mettere a punto un modello accettabile. Certo è - dice la dirigente - si può fare solo in presenza di una maggioranza schiacciante. In ogni caso, le scuole avrebbero dovuto avere più tempo a disposizione per ragionarci su».