Dimmi in cosa credi e ti dirò come vedi,
l’ultima gag neuroscientifica

dal blog di Giorgio Israel, 24.12.2010

Ben tre università – Bologna, Leiden e Ben-Gurion – si sono messe assieme per una ricerca condotta su un campione di soltanto 126 persone volta a misurare “al millesimo di secondo” la prontezza con cui la fede o la laicità influenzerebbero la percezione delle immagini. Il campione era suddiviso in 7 gruppi di 18 persone: 4 gruppi olandesi (calvinisti conservatori e progressisti, atei e atei di formazione religiosa), 2 israeliani (ebrei ortodossi e laici), 2 italiani (cattolici osservanti e laici). I risultati mostrerebbero che i gruppi si sarebbero distinti per un modo di vedere le immagini radicalmente diverso e stabile. In particolare, i laici sarebbero attenti al dettaglio, mentre cattolici osservanti ed ebrei ortodossi sarebbero propensi a una visione sintetica e globale delle immagini. Si aggiunge che le religioni “individualistiche”, come il calvinismo olandese, sarebbero anch’esse attente ai dettagli, a differenza delle religioni orientate alla solidarietà sociale, come il cattolicesimo e l’ebraismo.

Pur senza conoscere i dettagli di questa ricerca, vengono spontanee alcune osservazioni. In primo luogo, l’irrilevanza statistica del campione, addirittura risibile in relazione ai singoli gruppi. Come può essere considerato rappresentativo e significativo rispetto alle attitudini visive un campione di 18 persone? Per rendere irrilevanti gli innumerevoli altri fattori – culturali, fisici, ecc. – che possono influenzare il risultato occorrerebbero campioni di ben altra dimensione e ben miscelati. Ma colpisce soprattutto la leggerezza con cui vengono manipolate le caratterizzazioni culturali. Ammesso che si possa dire che il cattolicesimo e l’ebraismo, e non il calvinismo, siano orientati alla solidarietà sociale, ciò è assai poco credibile per le loro versioni ortodosse. Gli ortodossi sono tendenti al comunitarismo e a un senso di solidarietà ristretto al gruppo e scarsamente interessato (se non ostile) a ciò che accade fuori. È bizzarro considerare un simile atteggiamento come senso di solidarietà sociale in senso proprio. Quando poi i vari fattori culturali vengono associati ai processi visivi si cade nel grottesco. Se c’è qualcuno che può considerarsi attento ai dettagli questi è l’ebreo ortodosso, che passa la giornata a spaccare il capello in quattro per non contravvenire ai 613 precetti. Che una simile ossessione del particolare sia associata a una visione fisica sintetica e globale, è un problema e non una spiegazione di alcunché. E cosa dice il fatto che calvinisti “individualisti” e laici sarebbero entrambi attenti ai particolari: forse il laicismo è di per sé individualista?

Delle due l’una: o i solerti ricercatori hanno scoperto l’assenza di qualsiasi correlazione dotata di senso, oppure hanno usato le categorie culturali (laicismo, religiosità, visione sintetica e globale, individualismo) senza alcuna attenzione per il loro significato. Questa è, con ogni probabilità, la spiegazione. L’unico senso di queste stravaganti “ricerche” è mirare alla dissoluzione dei fattori culturali in fattori di carattere fisico. Insomma è il solito ossessivo materialismo neuromaniaco.

Di fronte allo spettacolo di una scienza che va a arenarsi su queste spiagge non si riesce neanche a ridere. Ma neppure a piangere. Pensando al fatto che una seria e profonda ricerca culturale e antropologica non sarebbe mai stata finanziata, si è assaliti soltanto da un’uggiosa malinconia.