Quando le proteste di Damiano Zito Il Fatto Quotidiano, 7.12.2010 L’attesa del 14 dicembre sta tenendo tutti col fiato sospeso. Solo dopo quel giorno molti studenti universitari sapranno quali corsi potranno seguire dal prossimo semestre e quali invece dovranno eliminare dal proprio piano di studi. Perché in funzione di come andrà a finire il voto sulla riforma voluta dal ministro Gelmini, molti dei ricercatori che stanno tutt’oggi manifestando col ritiro della disponibilità a fare didattica, decideranno se continuare o meno con la protesta. È per questo che le riunioni dei consigli dei dipartimenti universitari in queste settimane sono molto calde. Che succede nel caso venisse approvata la riforma? Tra i ricercatori c’è chi ha già dato la piena disponibilità a continuare le lezioni nonostante il ddl e chi invece svolgerà quanto previsto dalla legge che non obbliga il ricercatore a fare didattica. Di conseguenza ci saranno corsi scoperti e il compito per i presidi in queste ore si fa sempre più arduo. La scommessa infatti è garantire che l’offerta formativa rimanga immutata anche perché è in base ai moduli didattici previsti in essa che gli studenti si sono iscritti all’università e hanno compilato i piani di studio, a questo punto da riformulare. È come se uno andasse a comprare un automobile e dopo avere scelto tutti gli accessori, questa gli venisse consegnata con le caratteristiche del modello base. Susciterebbe di sicuro l’indignazione dell’interessato. I ricercatori già a maggio scorso informavano presidi e rettori che da settembre non avrebbero più ripreso l’attività didattica e inizialmente queste prese di posizione non sono state considerate. Poi però molte facoltà hanno posticipato l’inizio dell’anno accademico e ciò ha creato notevoli disagi alla didattica, sospesa più volte nell’arco di questo semestre al fine di garantire assemblee e manifestazioni. Le opinioni degli studenti sono nettamente contrastanti. Anche chi contesta il ddl Gelmini e condivide la protesta soffre del continuo blocco della didattica e sa che alla lunga tutto ciò non può continuare. È chiaro che prevalga anche l’interesse a terminare presto gli studi. Ora però tutto dipende dall’approvazione della riforma, per il momento accantonata. |