UNIVERSITA’ Aprea: ecco come colmeremo il ritardo della riforma intervista a Valentina Aprea il Sussidiario, 24.12.2010 161 voti a favore, 98 contrari, 6 astenuti. Il Senato approva e la riforma Gelmini dell’università è legge. Ora manca solamente la firma del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Tornato al Senato dopo il recente passaggio politico che ha rafforzato Berlusconi e la maggioranza di governo, il decreto ha avuto la strada spianata: Fli ha votato con la maggioranza un testo blindato, in modo che non ci fossero emendamenti che richiedevano un ulteriore passaggio alla Camera. Udc e Api si sono astenuti. Il presidente della Repubblica, che ieri ha ricevuto i rappresentanti delle associazioni studentesche che hanno manifestato in piazza, ha commentato: «ascolto a 360 gradi ma astenendomi dall’esprimere qualsiasi opinione di merito su scelte legislative che appartengono alle responsabilità del governo e del Parlamento». Per l’università italiana si chiude ora una fase, quella ordinamentale, e se ne apre un’altra: quella dei decreti attuativi, che dovranno permettere agli atenei di funzionare secondo quei principi di autonomia rivendicati dalla riforma, ma che i più «liberali», pur valutando positivamente una riforma attesa da troppo tempo, accusano di perpetuare un impianto di tipo centralista.
«Oggi è stato raggiunto
un grande risultato storico e politico» dice al sussidiario
Valentina Aprea, presidente della Commissione cultura della Camera.
«Essere riusciti a portare a casa una riforma organica così
importante, proprio mentre in molti ancora davano il governo in
difficoltà, è la dimostrazione che la maggioranza è viva e forte e
intende proseguire sulla via del cambiamento del paese».
«Non è così. Si tratta
di aspetti tecnici pressoché irrilevanti, ad esempio la stessa
questione viene trattata in modo diverso in più punti della legge,
ma sono particolari. O ancora: si modifica una vecchia norma che
riguarda lo status di alcuni docenti universitari, mentre in un
altro punto questa vecchia posizione viene abrogata. Dettagli che il
ministero potrà mettere a punto come primo atto amministrativo e non
suscettibili - almeno spero - di mettere in pericolo la
promulgazione della legge da parte del capo dello Stato. Tra l’altro
il ministero ha già predisposto una serie di decreti che
costituiranno la realizzazione effettiva dei principi approvati
oggi».
«I più importanti
riguarderanno lo sblocco dei concorsi per favorire l’assunzione, a
seguito di regolare procedura concorsuale e in tempi brevi, di 1500
professori associati. Questo sarà fatto subito perché la legge parla
di 4500 associati da assumere in tre anni a cominciare dal 2011. La
seconda questione riguarda l’eccezione alla legge di stabilità
(blocco degli scatti per i contratti del pubblico impiego, ndr) e
riguarda lo sblocco degli scatti stipendiali, che diventano per la
prima volta meritocratici».
«Non condivido questo
punto di vista, perché la riforma si propone di premiarla qualità e
mette gli atenei in condizione di poterlo fare. A parte la snellezza
e l’efficacia di alcune norme importanti che si riferiscono
all’assetto della nuova governance, il punto chiave sta nella
responsabilità. Gli atenei potranno ottenere, in caso di alta
efficacia e qualità, un surplus di finanziamenti ordinari e anche la
garanzia di maggiori finanziamenti per il personale».
«Certo. Le finanziarie
del governo avevano inizialmente penalizzato l’università prevedendo
una diminuzione di finanziamenti fino a 800 milioni. Non solo quei
fondi sono stati ripristinati, ma l’università si vede destinataria
di ben un miliardo di euro. Con la razionalizzazione introdotta
dalla riforma i soldi potranno essere gestiti diversamente: si potrà
risparmiare e migliorare la qualità dei percorsi di studio».
«No, quello dell’Anvur
è un problema superato perché l’altro ieri sono state pubblicate le
nomine. E l’Agenzia comincerà a funzionare regolarmente proprio in
concomitanza con l’approvazione della legge. Anvur a parte, non ci
nascondiamo le difficoltà di un grande percorso di riforma come
quello che ci accingiamo ad intraprendere, però ora le premesse per
un cambiamento possibile, e legato a modelli internazionali, ci sono
tutte». «Penso che abbiamo impiegato male tutto questo tempo. L’ideale sarebbe stato approvare la legge a luglio: sarebbe stata una legge manifestamente ordinamentale e questo ci avrebbe dato tutto il tempo di valutare i nuovi investimenti con la legge di stabilità e sviluppo dando così gambe migliori ai principi della legge. Invece il protrarsi dei lavori parlamentari, le divisioni politiche e gli ostruzionismi reciproci all’interno delle forze di maggioranza hanno recato danno e ci siamo fatti del male da soli. La confusione tra riforma dei principi e legge di stabilità non ha giovato alla comunicazione della riforma, e questo ha senz’altro influito nella percezione dell’opinione pubblica. ma ormai è inutile piangere sul latte versato. Guardiamo avanti». |