Quattro variabili per rilanciare La credibilità per valorizzare la professione docente deve basarsi su alcuni requisiti di metodo, su indicatori chiari che valorizzino le diverse caratteristiche della professionalità docente. di Giancarlo Cerini* da Education 2.0, 9.12.2010 Non è facile riprendere il filo del discorso sulla valorizzazione della professione docente (Treellle, “Oltre il precariato. Valorizzare la professione degli insegnanti per una scuola di qualità”, Quaderno 6, dicembre 2006): pesa il retaggio negativo della vicenda del “concorsone” di una decina di anni fa, nonché per le forzature delle varie proposte di legge, che prefigurano una stratificazione dei docenti su tre fasce (modello della docenza universitaria) e preannuncia una drastica riduzione delle prerogative sindacali in materia di contrattazione sulla professione docente. Vale però la pena di riprendere una riflessione su “merito, professione, carriera”, aprendo con il mondo della scuola un dibattito franco e leale sul futuro del sistema educativo pubblico, introducendo tra le riforme necessarie anche elementi di dinamismo “virtuoso” nella professione docente, non fosse altro per riconoscere il lavoro di chi si impegna – nonostante tutto – con passione e competenza per il funzionamento e il miglioramento della scuola. Una proposta credibile per la valorizzazione della professione docente deve rispondere ad alcuni requisiti di metodo che possono essere così riassunti: 1. svilupparsi con la partecipazione attiva e il consenso della grande maggioranza dei docenti interessati (anche attraverso un confronto serrato con le organizzazioni sindacali e professionali); 2. distinguere una prima fase sperimentale, che potrebbe consentire di affrontare il problema della gestione di parte del fondo del 30% sulla “premialità” disponibile a seguito dei risparmi connessi alla manovra finanziaria della legge 133/08; una seconda fase da impostare in prospettiva legislativa e contrattuale; 3. saggiare la possibilità di “riscrivere” per via legislativa (dopo l’esperienza del 1973-74) uno stato giuridico nazionale della professione docente (contenente un profilo alto, costituzionale, della docenza, che espliciti i principi fondamentali di esercizio della professione: formazione, carriera, autonomia, sviluppo, diritti-doveri); 4. garantire la permanenza di tavoli appropriati per la gestione dei rapporti di lavoro (al Parlamento la riserva di legge sulle questioni di tutela nazionale e costituzionale; al Sindacato la gestione dei contratti di lavoro sulle condizioni anche economiche; all’Associazionismo la delineazione di profili, standard professionali, modelli di formazione).
È molto avvertita dai docenti la richiesta di “far pesare” le diverse caratteristiche della professione, in modo da poter “riconoscere” e valorizzare le reali condizioni di lavoro di insegnamento: 1. una prima categoria da considerare riguarda il CONTESTO DI ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE (aree a rischio, scuole connotate da turn-over, particolari modelli organizzativi con più ampia flessibilità di impiego...); 2. un secondo blocco di indicatori riguarda il TEMPO EFFETTIVAMENTE PRESTATO ALL’ATTIVITÀ professionale, che può riferirsi sia allo svolgimento di compiti aggiuntivi all’insegnamento o la scelta opzionale di un diverso regime orario di insegnamento (a tempo parziale, a tempo normale, a tempo pieno); 3. un terzo elemento dovrebbe considerare la capacità di realizzare PROGETTI DI LAVORO INNOVATIVO, in termini di imprese collegiali (team docente, consiglio di classe, dipartimenti, plesso...) con la definizione concordata di obiettivi di qualificazione dell’insegnamento, e la verifica del raggiungimento degli stessi; 4. infine, anche la “MATURITÀ PROFESSIONALE” conseguita a seguito di una esperienza di lavoro in classe, di ricerca didattica, di partecipazione a contesti innovativi e di ricerca, di documentazione e socializzazione delle conoscenze acquisite, potrebbe essere oggetto di un apprezzamento, mediante la costruzione di un port-folio personale o procedure di confronto e validazione nell’ambito della comunità scientifica. Le 4 variabili della professione (condizioni di contesto, tempo di lavoro, promozione di azioni innovative, competenza personale) dovrebbero essere tenute ugualmente in considerazione, ma il loro peso dovrebbe essere oggetto di specifica negoziazione, come pure l’assegnazione concreta dei diversi tipi di incentivo. Per la valorizzazione della competenza personale, una proposta praticabile dovrebbe prevedere criteri precisi di carattere nazionale, ma la sua gestione dovrebbe essere affidata alle singole unità scolastiche, sia per snellire e deburocratizzare le procedure, sia per incrementare la responsabilità e l’autogoverno delle singole unità scolastiche autonome. Se si opta per questa ipotesi l’individuazione della fascia dei docenti “accreditati” dovrebbe essere affidata a una commissione a composizione mista (colleghi, dirigente scolastico, un esperto esterno) sulla base di un esame comparato dei curricoli e della produzione didattica e scientifica.
Il risultato potrebbe essere l’individuazione – in ogni scuola – di un
quadro intermedio di docenti “accreditati” ai quali assegnare
compiti di supervisione e validazione scientifica della
progettualità di istituto (nell’ambito dei dipartimenti
disciplinari, dei nuclei di valutazione, dell’accoglienza dei
neo-insegnanti, di tutoraggio e consulenza didattica). A tali
docenti andrebbe richiesta la garanzia di una permanenza triennale
nell’istituto di appartenenza. Nell’attesa che maturino le condizioni per lo sviluppo di nuove politiche di valorizzazione del merito e della professionale, sono praticabili nel breve periodo alcune ipotesi di lavoro che possono favorire il delinearsi di queste nuove prospettive: a) INCREMENTO DEL FONDO DI ISTITUTO: Nella scuola dell’autonomia aumentano i margini di discrezionalità nella progettazione dell’azione formativa, nella gestione di più ampi spazi di flessibilità organizzativa, nell’allestimento di azioni di verifica interna. Tali impegni richiedono una più consistente disponibilità di tempi e di energie progettuali dei docenti (singolarmente o in gruppi) che va riconosciuta anche sotto il profilo economico. È da valutare se è il caso di porre qualche forma di ulteriore criterio nazionale per la distribuzione delle risorse finanziarie (per esempio, tipologie delle azioni da ammettere al finanziamento, per incentivare alcuni comportamenti locali: es. progettazione didattica e curricolare piuttosto che progetti accoglienza o viceversa ecc.); b) attivazione di un FONDO PER LO SVILUPPO PROFESSIONALE. Si tratta di rendere disponibile in ogni scuola un fondo che renda possibile l’attivazione di misure di sostegno individuale alla formazione dei docenti. Il fondo dovrebbe consentire di: finanziare la partecipazione a stage e corsi esterni (iscrizione, soggiorni, supplenze ecc.); di erogare borse di ricerca didattica, in relazione a progetti di ricerca proposti da docenti in collaborazione con istituzioni scientifiche e centri di ricerca accreditati; di finanziare le supplenze per coprire esoneri brevi (1-2 mesi) per la partecipazione a momenti di formazione; di erogare finanziamenti a docenti per l’acquisto di attrezzature informatiche, dotazioni librarie, iscrizioni a corsi ecc. e altre misure assimilabili. Resta da stabilire la sede per il vaglio delle richieste e la decisione sul loro accoglimento; c) individuazione di uno STAFF DI DOCENTI (5-6 insegnanti per ogni istituto scolastico) con il compito di promuovere e sviluppare la ricerca sui curricoli disciplinari, in relazione al progressivo riassetto delle indicazioni curricolari nel primo e nel secondo ciclo e della scuola (rilettura delle Indicazioni in termini di curricoli e didattica per competenze). L’assegnazione di un compenso dovrebbe stimolare funzioni di consulenza, documentazione, produzione di materiali, allestimento di prove di verifica formativa ecc. L’attività non dovrebbe essere quantificata in termini temporali, ma di autorevolezza e supervisione scientifica. Queste misure potrebbero concretamente mostrare nuove possibilità di valorizzazione della professione docente, in sintonia con le aspettative degli insegnanti, collegando il miglioramento di alcune posizioni individuali al benessere organizzativo complessivo dell’istituzione scolastica.
* Dirigente tecnico dell’Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna |