Merito a scuola e Confindustria di B. Moretto, G. Tassinari da ReteScuole, 12.12.2010 Il punteggio nei test Invalsi diventa quindi qualcosa che assomiglia ad un “prezzo” per dare un valore ad un oggetto, “l’educazione”, che è fuori dal mercato, mentre la “customer satisfaction” degli utenti tende ad una omologazione dell’educazione repubblicana ad un qualsiasi prodotto o servizio realizzato su base commerciale. Ogni operazione di valutazione, che per sua natura è fondante di una norma (nel duplice significato giuridico-filosofico e geometrico-politico), per non essere mistificatoria e quindi inerentemente mendace e regressiva dovrebbe esplicitare quale sia il sistema di valori a cui fa riferimento, così come dovrebbe esplicitare la classe di oggetti a cui viene applicata. L’annuncio del Ministro Gelmini di voler procedere alla sperimentazione in alcune provincie di procedure di valutazione delle scuole e di premialità dei docenti “migliori” ricade a nostro giudizio proprio in questa categoria, delle operazioni politiche dal significato ambiguo e pertanto “pericoloso”, poiché, ricordando il Kant della Pace perpetua, tutto ciò che non può essere dichiarato pubblicamente è eticamente ingiusto.
Il fatto poi che questi
progetti siano stati elaborati dalla Fondazioni, Agnelli, San Paolo
e Treellle e che i risultati verranno monitorati da un Comitato
tecnico scientifico nel quale la presenza di esponenti della
Confindustria e del pensiero aziendalista è rilevante (Barzanò
Giovanna, Biondi Giovanni, Bottani Norberto, Cappello Giancarlo,
Cosentino Giuseppe, Gallegati Paola, Gavosto Andrea, Gentili
Claudio, Ichino Andrea, Israel Giorgio, Oliva Attilio, Poggi
Annamaria, Ribolzi Luisa, Zen Giovanni), svela la pericolosità
dell’operazione. L’uso dei test Invalsi che sono strumenti di valutazione di competenze specifiche Induce a pensare che non si intenda sostenere il compito fondamentale della nostra scuola come Istituzione che primariamente ha il compito di formare il cittadino. Non si valutano le conoscenze storiche, non si considera l’impegno civico di scuole e studenti, non si contestualizzano i risultati rispetto all’ambiente in cui operano le singole scuole. Si terrà conto nel valutare i risultati solo dei risultati medi o anche della variabilità, ovvero dell’impegno della scuola per ridurre le differenze tra gli studenti?
Per finire nulla si
propone per quelle scuole che evidenziassero difficoltà di
apprendimento degli alunni: se si attribuiscono risorse aggiuntive
agli istituti che presentano le performances migliori, le
differenze nei risultati degli alunni degli uni e degli altri
aumenteranno. Ciò acuirà ancora di più uno dei problemi del nostro
sistema scolastico; secondo la ricerca PISA la gran parte della
variabilità nei risultati è dovuta nel nostro paese alle differenze
tra le scuole e non dentro le scuole. La valutazione farà riferimento al curriculum e a risultati di indagini riguardanti l’apprezzamento dei docenti da parte dei genitori e degli studenti attraverso indicatori. Da una parte questo non è altro che la riproposizione del vecchio concorso per “merito distinto” strumento superato 40 anni fa per volontà degli insegnanti. Inoltre la valutazione da parte del Dirigente e di due docenti interni alla scuola, per non parlare della ridicolaggine della presenza del Presidente del Consiglio di istituto, rende assolutamente non oggettiva tale azione e soggetta a rischi di differenze eclatanti fra una scuola e l’altra. Dall’altra la previsione di indagini per rilevare l’apprezzamento da parte di genitori e studenti costituisce innanzitutto un pesante attacco alla libertà di insegnamento posta a fondamento della nostra scuola dall’art. 33 c. 1 della Costituzione, e rischia di amplificare esageratamente il peso della componente empatica nel comportamento degli insegnanti. In sintesi da un lato l’azione della scuola viene ricondotta esclusivamente all’adeguamento ad una norma che è rappresentata dai test Invalsi, dall’altro la valutazione della professionalità degli insegnanti si appoggia pesantemente sul “gradimento” da parte dei genitori e degli studenti. Il punteggio nei test Invalsi diventa quindi qualcosa che assomiglia ad un “prezzo” per dare un valore ad un oggetto, “l’educazione”, che è fuori dal mercato, mentre la “customer satisfaction” degli utenti tende ad una omologazione dell’educazione repubblicana ad un qualsiasi prodotto o servizio realizzato su base commerciale. Il feticismo del mercato, nessuna considerazione critica del suo fallimento testimoniato dall’attuale crisi mondiale, informa quindi, ancora una volta, i progetti del governo Berlusconi e del ministro Gelmini, ed è immediatamente simbolizzato dall’uso di incentivi di tipo monetario, come se questi fossero l’unico strumento capace di suscitare l’energia e la motivazione degli insegnanti. Bruno Moretto, Giorgio Tassinari, Comitato bolognese Scuola e Costituzione
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