Una maestra scrive al ministro: da L'eco di Bergamo, 3.4.2010 Un'insegnante di una scuola elementare bergamasca ci ha inviato una lettera indirizzata al ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini, con importanti riflessioni sulla riforma della scuola superiore visti da una maestra con un'esperienza trentennale. «Egr. Sig. Ministro dell'Istruzione On. Mariastella Gelmini, ho letto con interesse i commenti espressi da editorialisti, da addetti ai lavori e non, riguardanti la riforma della scuola superiore varata in settimana. Chi si esprime con espressioni tipo “Era ora”, chi afferma che sarebbero necessari ulteriori fondi e non i tagli che sembrano interessare l'attuale governo, qualcun altro lamenta la diminuzione generalizzata del numero di ore di insegnamento e la conseguente riduzione di posti di lavoro… Ecco, mi ostino a non comprendere come non si voglia capire che il problema è un altro, molto profondo e di difficile soluzione, a meno di una seria presa di coscienza da parte di tutti, e dico proprio tutti. Dopo più di 30 anni di insegnamento quello che mi colpisce quotidianamente è l'assenza totale di ascolto attivo dei miei alunni: anche ieri un numero significativo di essi non aveva eseguito il compito assegnato perché “non aveva sentito”, “l'aveva segnato sul diario per un altro giorno”, “aveva dimenticato a casa il quaderno” ecc. Si obietta da più parti che i giovani di oggi sono cresciuti con la cultura dell'immagine: bene! Con notevoli difficoltà preparo spesso lezioni con un programma di presentazione informatica: grandissimo entusiasmo, ma quasi tutti, nel momento in cui devono rielaborare le conoscenze nel corso del pomeriggio, si limitano a rileggere qualche appunto e poi ….nelle verifiche fioccano i 3 e i 4! A margine di tutto ciò le lamentele dei genitori riguardano la mancanza nei figli di un “metodo di studio”….. Risultato: nonostante molti docenti vivano la loro professione con impegno e passione, rimangono con il classico pugno di mosche in mano! Tutto ciò mentre i benpensanti parlano di insegnanti incapaci, frustrati, demotivati, fannulloni (vero, prof. Brunetta!?). Perché non riusciamo più a far capire ai nostri allievi che il sacrificio è un “dono”? Perché siamo quotidianamente vilipesi dai genitori perché ci siamo permessi di dire che i loro rampolli sono maleducati? Perché non ci è più possibile comunicare alle famiglie che i loro figli hanno limiti cognitivi se non con espressioni eufemistiche che fanno ridere i polli? Ricordo con tanta nostalgia la preside che al liceo entrava in classe con il registrone per consegnare le pagelle a ciascun alunno, momento temuto da tutti…. Ogni studente si alzava, la preside leggeva i risultati a voce alta (ma, non c'era la privacy?) e con brevi discorsi infarciti da “repetita iuvant” procedeva ad autentiche reprimenda nei confronti di chi aveva risultati scadenti, elogi misurati e sobri per gli studenti che avevano ottenuto esiti positivi. Ho appreso con piacere che l'Ufficio Scolastico provinciale ha chiesto alla segreteria dell'Istituto in cui lavoro la dichiarazione del servizio da me prestato per procedere ad un conteggio preciso in vista della pensione. Io andrò in pensione a breve, ma avrò sempre il rammarico di non essere riuscita a far apprendere agli alunni degli ultimi anni alcuni concetti che ricordo ancora da quando mi sono stati insegnati a suo tempo. Un esempio? Quando si beve un sorso d'acqua allo zampillo di una fontana, si beve la “parabola”…… »
|