La scuola è al verde, pagano le famiglie

MANIFESTAZIONE. Le associazione di genitori protestano per i tagli. E per il credito degli istituti con lo Stato, lievitato ormai a livello nazionale a un miliardo di euro
In piazza Bra la carta igienica rappresenta l'istruzione che va a rotoli e una delle voci di spesa passata in carico agli alunni

Giorgia Cozzolino da L'Arena.it, 18.4.2010

«La scuola va a rotoli» dicono i genitori, ormai costretti a comprare persino la carta igienica per la scuola dei propri figli, che ieri hanno manifestato in piazza Bra tutto il loro disappunto.

In classe, dalle elementari alle superiori, manca tutto il materiale didattico necessario: dalla cancelleria più spicciola al materiale per la pulizia fino alle fotocopie. La scuola è al verde perché lo Stato non rimborsa i soldi spesi per la normale amministrazione scolastica e così sempre più istituti sono costretti a chiedere il contributo «volontario» alle famiglie. In alcuni casi si tratta di un «obolo» di 10 euro una tantum, in altri si chiede ai genitori di iniziare l'anno con un «cesto didattico» che può comprendere risme di carta, sapone per lavarsi le mani, ma anche carta igienica o gessetti.

«Le scuole italiane sono in credito con lo stato di oltre un miliardo di euro per le spese legittimamente affrontate negli anni passati e mai rimborsate», dicono i responsabili dell'associazione nazionale Genitori e scuola, l'Age e il Cdg di Verona oltre a Retescuoleverona accompagnati anche da uno sparuto gruppo di studenti dell'Unione universitari di Verona.

«Non ci sono i soldi per il normale funzionamento della didattica», dice Carla Motta, responsabile nazionale di Genitori e scuola, «si tagliano le ore, i docenti, le compresenze, i sostegni e i bidelli. Si riducono i fondi per le supplenze e si aumenta il numero di alunni. Tutto ciò non è più sostenibile. I nostri figli non hanno tessera di partito né un sindacato che difende i loro diritti, quindi spetta a noi batterci per loro». E prosegue: «È ormai una tendenza consolidata, non solo con il ministro Gelmini, considerare la scuola come una spesa invece che come una risorsa. Ma pianificare i tagli alla scuola significa pianificare il declino delle prossime generazioni».

«Lo Stato ha chiesto alle scuole di inserire i residui attivi, ovvero i soldi non ancora rimborsati e già spesi dagli istituti per la normale attività, in uno speciale capitolo di bilancio che non dà più alcuna garanzia alla scuola di ricevere tali soldi», spiega Arianna Vecchini, vicepresidente di Age Verona (Associazione genitori). «Inoltre il budget per le supplenze è stato tagliato e ci sono alcuni dirigenti che stanno firmando contratti con insegnanti informandoli che non sanno se potranno pagarli perché non ci sono i soldi».

Una situazione al limite del paradossale, quindi, secondo le indicazioni dei genitori che spesso fanno parte anche dei consigli di istituto e che per questo hanno deciso di scendere in piazza per sensibilizzare la collettività sul pericoloso declino del diritto all'istruzione pubblica. In Bra ieri i cartelli riportavano i debiti dello Stato nei confronti di ciascun istituto, debiti che vanno dai 10mila fino ai 135mila euro per scuola.

La Vecchini spiega: «Per quanto riguarda le scuole comunali, vorremmo che ci fosse un maggior dialogo con l'amministrazione in modo da valutare se i contributi si possono spendere in modo più mirato sulle primarie necessità degli studenti, per esempio riducendo attività come Maggioscuola a favore di bisogni più concreti». E aggiunge: «L'assessore precedente riuniva spesso i rappresentanti di consiglio, Benetti invece non ci ha mai convocati».

«Ridurre le ore di compresenza da 150 a 50 su un gruppo di 60 insegnanti ha molteplici effetti sull'attività scolastica», aggiunge Paola Fè di Retescuola, «alle medie per esempio significa rendere impossibile l'insegnamento alternativo alla religione cattolica, i laboratori di informatica, annullare i gruppi di recupero o di studio assistito che sono così affidati a volontari. Inoltre avere più ore a disposizione permetteva di tamponare le malattie evitando molte supplenze, garantendo così anche un certo risparmio». «Questi tagli indiscriminati alla scuola pubblica, all'istruzione e alla ricerca in generale, rischiano di far collassare il sistema di diritto allo studio», conclude Moroni Nicolò dell'Unione degli universitari di Verona.