Troppo Basso il salario dei neolaureati Ai nostri ragazzi non manca tanto la possibilità di laurearsi nelle discipline necessarie al mercato, manca invece un sostegno finanziario adeguato nel corso degli studi e l’incentivazione da parte del mondo del lavoro a riconoscere economicamente il loro sforzo ed il loro valore. Andrea Lenzi* Il Messaggero, 4.4.2010 IL futuro del “Sistema Paese” riparte dall’università ed è certo che nonostante la grave crisi economica possedere un titolo di studio ed una laurea permette ancora di trovare più facilmente lavoro, lo dicono tutti i dati disponibili. I laureati sono le figure professionali strategiche necessarie per far ripartire i ‘motori’ dell’economia nei periodi di recessione economica. Proprio per venire incontro alle richieste del mercato del lavoro l’università italiana ha recentemente modificato la sua offerta formativa riducendo i particolarismi che si erano venuti a creare, eliminando cioè ‘microlauree’ settoriali e poco competitive ed elevando gli standard ed i requisiti minimi dei corsi attivati. La revisione della riforma del 3+2 operata grazie alla applicazione della legge 270/04 equipara le nostre lauree a quelle europee e porterà, nei fatti, ad avere corsi adeguati alle richieste del mercato ed alla internazionalizzazione. L’università sta subendo una importante trasformazione “studento-centrica” e non più “docento-centrica”. Questa razionalizzazione dei percorsi formativi è la più importante novità degli ultimi anni e ci consentirà di preparare al meglio le future generazioni alle sfide del mercato globale. Aumentano i corsi in lingua inglese che ora ritroviamo non solo nei percorsi formativi di economia, scienze politiche e di ambito scientifico-tecnologico, ma inseriti anche nelle lauree che ne erano prive, come medicina e chirurgia e biotecnologie. Vero è che le lauree più ricercate dal mondo del lavoro, in questo momento, risentono ancora di freni che ne rallentano la fruizione questi però spesso non dipendono dal mondo universitario. Ad esempio, è noto che le lauree sanitarie sono fra le più richieste, ma il numero degli studenti che possono frequentare questi corsi è limitato dal ‘numero chiuso’, stabilito dalle Regioni a cui compete la programmazione. Sulla carenza di laureati in ingegneria e nelle materie scientifiche, va considerato anche il costo elevato di tale formazione. Sono necessari maggiori finanziamenti per i laboratori, la ricerca e le tecnologie più avanzate. Sono investimenti che però apparentemente non interessano le imprese italiane, le stesse che lamentano una carenza di tali figure professionali. Da noi l’investimento privato in ricerca e sviluppo è raro, al contrario di ciò che accade in tutti gli altri paesi sviluppati. Il rapporto Ocse ha riportato che l’Italia investe lo 0,9% del Pil in ricerca contro l’1,5% della media degli altri Paesi europei (il 2,9% negli Stati Uniti). La mia richiesta è di aprire un tavolo fra rappresentanza dell’Università (Consiglio Universitario Nazionale, Conferenza Rettori, Consiglio Nazionale Studenti Universitari) e dell’impresa, affinché la Confindustria si faccia promotrice presso i suoi associati di un’opera di promozione di tali forme di investimento e di valorizzazione della qualità dei laureati e laureati magistrali delle università italiane, che tanto successo hanno quando si recano all’estero. In questo senso va anche sottolineato un altro aspetto: il salario dei giovani laureati offerto dalle imprese è basso, come evidenziano gli ultimi dati di Almalaurea. Per un giovane laureato che proviene da un percorso oggettivamente difficile e complesso, proprio delle materie tecnico-scientifiche, si offre poco più di 1.100 euro al mese. Ai nostri ragazzi non manca tanto la possibilità di laurearsi nelle discipline necessarie al mercato, manca invece un sostegno finanziario adeguato nel corso degli studi e l’incentivazione da parte del mondo del lavoro a riconoscere economicamente il loro sforzo ed il loro valore.
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