Senza via di uscita la scuola pubblica?

Pasquale Almirante, AetnaNet 20.4.2010

Sembra ormai senza via di uscita la nostra scuola pubblica, e ciò che è detto è detto echeggia, almeno a sentire la ministra Gelmini, appena qualche settimana dopo il parto: le graduatorie saranno a carattere regionale e i risparmi ottenuti con la messa alla porta di migliaia di docenti precari, comprese le sarde che stanno leccando le scuole, saranno impiegati per premiare i migliori professori, i numeri uno. Quella che era sembrata una boutade dei compagni di Bossi e una sfarfallonata di Formigoni si sta invece dimostrando una sorta di nube vulcanica che minaccia il volo umiliante e sotto costrizione di tanti professori, ma pure presidi, verso le pianure padane.

Tuttavia come si procederà con le graduatorie regionali non è dato sapere. Sicuramente le abilitazioni dovranno per forza essere a carattere nazionale, tranne che la nostra idea di scuola, quella che perfino da Gentile ci deriva, ma ancora prima, sia così repentinamente mutata da non accorgerci del cambiamento. Mettere i tempi di cottura della polenta nei programmi abilitanti del nord e le dosi di ricotta per la cassata in quelli del sud ci pare una sciocchezza che nessun governo serio, e tutti i governi devono essere seri, può prendere in considerazione. E allora non rimane altro che un punteggio aggiuntivo per i residenti, come avviene per i trasferimenti tra provincie e regioni diverse. Non ci può essere altro. Tranne che l’idea è quella di implementare il famoso modello Lombardia, cioè aprire scuole private con le sovvenzioni, i bonus per dribblare la Costituzione, e dove per insegnarvi nulla è richiesto, tranne la fede politica di appartenenze o quella religiosa o quella del censo. E una scuola privata può mettere tutti i paletti che vuole.

Questa però sembra un’altra storia benché si tratti sempre di numeri, nel senso della prevalenza della scuola pubblica o della privata nel territorio nazionale e quale si intenda favorire magari per creare business. Se poi coi risparmi spremuti sulla pelle dei precari e di alcune classi di concorso ritenute neglette si vogliono premiare i migliori, non è idea del tutto peregrina che però diventerebbe malsana se si scegliessero parametri fantasiosi; o addirittura se si dicesse già a priori, come è stato proposto, che solo il 25% del corpo docenti sarà premiato, il 50% lasciato a bocca asciutta e l’altro 25% punito con sottrazioni di stipendio. Non è chiaro chi lo stabilirà, né quali saranno gli strumenti di verifica, né il tipo di valutazione. E’ singolare tuttavia che per dare i premi premianti, griffati ed esclusivi di tutto si parli tranne che di pubblicazioni, studi particolari, impegni sacrificali in classe, aggiornamenti a pagamento all’estero. In ogni caso sembra proprio che sia in corso un attacco alla scuola pubblica e che la si voglia umiliare in un modo o nell’altro, cosicché ogni occasione è buona per metterla alla berlina.