il commento A senso unico di Fausto Pezzato da Il Corriere del Veneto, 23.4.2010 Si stenta a credere che nelle scuole del Veneto ci siano 1.600 insegnanti dei quali si può, anzi si deve, fare a meno perchè alle superiori saranno cancellate 902 cattedre e altre 728 alle elementari. Ma bisogna crederci, se lo dice il ministro della Pubblica istruzione Mariastella Gelmini presentando, nero su bianco, il suo piano regionale. Chi legge notizie simili, e non ha una competenza specifica, si chiede comesia stato possibile che per anni il nostri soldi siano serviti anche a mantenere questo esercito inutile nell'industria culturale senza che nessuno se ne accorgesse. Poi, continuando a leggere, ci si accorge che i presunti mangiapane a sbafo protestano e annunciano ritorsioni, per esempio bloccando gli scrutini a giugno. Li chiamano precari, e in quanto tali, superflui. Sono come il grasso nel prosciutto. E’ un curioso mestiere quello della signora Gelmini, le cui riforme consistono quasi esclusivamente nell'abolire cattedre e licenziare insegnanti. Certo non è colpa sua, ma qualche considerazione è doverosa ora che la sua falce è arrivata sui nostri prati. La prima considerazione riguarda l'enorme spreco di denaro pubblico dovuto ai cosiddetti «enti inutili ». Ogni governo, prima o poi, e poco tempo fa lo ha fatto anche quello in carica, snocciola la lista delle «tarme» che pascolano fra le pieghe del bilancio e se ne nutrono impunemente da decenni. Vi si trovano «fondazioni» risalenti all'Ottocento, la cui incomprensibile longevità non può essere casuale. Se ne deve dedurre che, quando le difficoltà costringono i governanti a raschiare il fondo del barile, è molto più semplice mandare a casa un docente che ammodernare il sistema. Un'altra considerazione chiama in causa il federalismo, quello vero, quello che non c'è, non la corsa al potere del leghismo. I «tagli» della signora Gelmini sono ambientati in una visione nazionale del problema, e non è detto che l'assegnazione dei «sacrifici» regione per regione corrisponda sempre alla realtà locale. In un federalismo realizzato, cioè in unVeneto che amministra la propria scuola, si agirebbe con maggiore realismo e, soprattutto, gli insegnanti ritroverebbero la loro dimensione di «persone» riconosciute dal contesto, invece di essere pedine nella logica di una burocrazia lontana come appaiono oggi nell'ingranaggio della riforma. Del resto, come dovrebbero reagire all'ineluttabilità di una razionalizzazione neutrale, e cinica, le centinaia di persone che stanno per perdere il lavoro, trattare più o meno come comparse in un set cinematografico? Presentare un «piano di espulsione» è una cosa molto diversa dall'eventuale tentativo di mettersi nei loro panni, discutere sul posto con i loro rappresentanti, e immaginare— perchè no?—le facce delle loro famiglie che stanno rinunciando al futuro. |