IL CASO
Atenei, i fantasmi della cattedra
Nessuno ha mai calcolato esattamente quanti
siano, ma senza prendere Manuel Massimo, la Repubblica 28.4.2010 Non affannatevi a cercarli sugli elenchi ufficiali o nelle banche dati del Miur: loro per l'anagrafe del Ministero dell'Università non esistono. Sono i tantissimi collaboratori di cattedra che "danno una mano" negli atenei, rigorosamente gratis e senza alcun riconoscimento di fatto del loro status. In concreto aiutano i docenti nelle piccole faccende pratiche (come fare ricevimento e correggere le tesi) ma in molti casi salgono anche in cattedra, tenendo lezioni e interrogando agli esami. In gergo si chiamano assistenti ma la definizione non rende bene l'idea dei loro compiti reali: spesso si tratta di factotum, "tappabuchi" a costo zero per tamponare le falle del sistema universitario, che intervengono laddove c'è bisogno. Un fenomeno molto vasto che interessa di fatto tutti gli atenei italiani: quale rettore può sostenere che nella sua università non ci sia almeno un "collaboratore di cattedra" che lavora gratis nei locali dell'ateneo? Probabilmente nessuno ci metterebbe la mano sul fuoco. Soprattutto perché non è mai stato fatto un censimento: non avendo alcun inquadramento contrattuale si fa semplicemente finta che queste migliaia di persone non esistano, veri e propri fantasmi della cattedra. Il precariato "ufficiale" censito dal Miur risale al 2008 ed è di 38mila unità, inclusi assegnisti e contrattisti; ma dei collaboratori "senza alcun riconoscimento formale" e dei cultori della materia che non percepiscono alcunché non c'è traccia. Un dato attendibile sul fenomeno nella sua complessità lo fornisce l'Andu (Associazione Nazionale Docenti Universitari), che a novembre del 2009 commentando il Ddl governativo sull'Università stimava in 70-80mila "i ricercatori precari che attualmente sono nell'Università, con un trattamento economico minimale o nullo, in condizioni di subalternità scientifica rispetto ai 'maestri' che li hanno reclutati". Come si comincia. A scegliere è il professore: di solito il collaboratore di cattedra è un suo neolaureato che ha fatto una tesi particolarmente brillante e che aspira a mantenere un contatto con l'università. Intanto perché "fa curriculum" e poi anche perché è il mezzo più immediato per rientrare in facoltà - magari in attesa di un bando di dottorato - e cominciare a capire dall'interno come funzionano gli ingranaggi del sistema accademico: un'alchimia fatta di pesi e contrappesi, di cose da fare e altre da evitare. Identikit del collaboratore. La casistica è piuttosto varia, le motivazioni che spingono un giovane a "regalare" tempo e lavoro al suo docente-benefattore sono molteplici: c'è chi punta sull'entusiasmo e vuole continuare a insegnare, sperando in un suo futuro inserimento stabile (in realtà molto remoto); chi vuole invece rimanere in contatto con i centri di ricerca e per farlo cerca di trovare un posto al sole all'ombra della cattedra. Ma non manca chi, secondo la logica spicciola del "do ut des", aspira semplicemente a fare il portaborse del barone di turno, in attesa che questa fedeltà venga adeguatamente ripagata in ambito accademico. In tutti i casi la molla che spinge a intraprendere questa strada è il fattore "prestigio" che deriva dal poter spendere il nome dell'università e della collaborazione con la cattedra: un valore aggiunto che non ha prezzo. Studenti: amici/nemici. I collaboratori di cattedra generano sentimenti ambivalenti negli studenti che si relazionano con loro in due momenti "topici" della propria carriera universitaria. Il primo è all'esame: i giovani assistenti - spesso coetanei dei ragazzi che interrogano - in caso di eccessiva severità entrano nel mirino degli studenti (nei corridoi della facoltà ma anche su Facebook, dove esistono gruppi come "Qui odiamo gli assistenti universitari"). L'altro momento clou è nell'iter del lavoro di tesi: i collaboratori "invisibili" che seguono con diligenza i laureandi della cattedra ottengono un posticino nei ringraziamenti, con il loro nome stampato accanto a quello di amici e parenti. Una piccola attestazione "ufficiosa" che loro all'università ci lavorano per davvero, nonostante si faccia finta di non vederli. |