Università, delude il “3+2”

di A.G. La Tecnica della Scuola, 20.4.2010

La bocciatura arriva dalla Corte dei Conti, per la quale l’introduzione, a partire del 1999, della laurea cosiddetta ‘breve’ e della successiva specialistica, "non ha prodotto i risultati attesi nè in termini di aumento dei laureati né in termini di miglioramento della qualità dell'offerta formativa”. Senza contare la moltiplicazione dei corsi, di sedi decentrate e di docenti esterni. Ma da un paio d’anni…

Il sistema universitario a doppio ciclo, introdotto una decina di anni fa, si sarebbe rivelato un mezzo fallimento. A sostenerlo sono i magistrati della Corte dei Conti, secondo i quali il cosiddetto “3+2”, incentrato sulla laurea cosiddetta ‘breve’ e la successiva specialistica, "non ha prodotto i risultati attesi nè in termini di aumento dei laureati né in termini di miglioramento della qualità dell'offerta formativa". L’autorevole giudizio è contenuto nel “Referto sul Sistema Universitario”, pubblicato il 19 aprile, in base al quale risulta anche che "a fronte di una dato sostanzialmente stabilizzato del numero degli iscritti, nell'ultimo quinquennio, su un valore di poco superiore a 1.800.000 unità" è stata riscontrata "rilevante la cifra relativa agli abbandoni dopo il primo anno pari (nell'anno accademico 2006-2007) al 20%, un valore sostanzialmente analogo a quello degli anni precedenti la riforma degli ordinamenti didattici".

Come se non bastasse, tra i limiti emersi con l’approdo della laurea breve negli atenei italiani, i magistrati contabili hanno anche rilevato l’ascesa del "fenomeno dell’incremento delle sedi decentrate e il peso via via crescente assunto dai professori a contratto esterni ai ruoli universitari". Senza dimenticare che il nuovo sistema di studio non avrebbe lievitare la "spendibilità del titolo nell’ambito dello spazio comune europeo". E nemmeno "gli effettivi sbocchi occupazionali che offrono i diversi corsi di laurea dovrebbero guidare l’andamento delle immatricolazioni e l’orientamento degli studenti verso le differenti tipologie della crisi".

Secondo la Corte dei Conti la riforma universitaria, avviata nel 1999, avrebbe in conclusione prodotto un "sistema incrementale di offerta, con un'eccessiva frammentazione delle attività formative e una moltiplicazione spesso non motivata dei corsi di studio", passati "dai 2.444 dell'anno accademico 1999-2000 ai 3.103 dell'anno accademico 2007-2008".

L’unica notizia positiva emersa dell’implacabile resoconto contabile è che a partire dall'anno accademico 2008-2009 si sarebbe generata "una certa inversione di tendenza in conseguenza – sottolineano i magistrati contabili - dei decreti di riforma del 2004 e del 2007 con un decremento rispetto all'anno precedente del 7,4% per i corsi di I livello, e del 2,6% per i corsi di II livello". Tendenza che la Corte dei Conti considera replicabile per l'anno accademico in corso: basterà a sanare quasi un decennio di delusioni?