Aprea rilancia il suo ddl:
nuova governance e addio varianze di risultato

di A.G. La Tecnica della Scuola, 9.4.2010

L’intervento durante un seminario TreeLLLe svolto alla Luiss: il futuro è fatto di docenti in grado di gestire e scoprire l’innovazione. E mentre Giovanni Bachelet (Pd) gli tende la mano, il concetto viene confermato dagli esperti non italiani: largo alle certificazioni standard con i descrittori di competenze.

“Continuare a trasmettere conoscenze (saperi) o sviluppare competenze (capacità, atteggiamenti, saper fare)? E’ questa la domanda ricorrente attorno a cui si è sviluppato l’8 aprile a Roma, presso l'Università Luiss per volontà dell'associazione TreeLLLe, il seminario internazionale “La scuola dell'obbligo tra conoscenze e competenze”. Dal dibattito, a cui hanno partecipato diversi studiosi, molti dei quali provenienti da fuori Italia, è emerso chiaramente che conoscenze e competenze non sono dei requisiti in antitesi, ma risultano entrambi altamente preziosi.

Claude Thélot, già presidente del Comitato nazionale sull’Avvenire della scuola francese, ha detto che “le conoscenze sono fondamentali ma non più sufficienti, da sole, per inserirsi nella vita adulta”. A tal proposito, ha illustrato la legge francese del 2006 sul “socle commun”, introdotta proprio per puntare trasmettere tutto quello che i giovani d’oggi non possono non sapere. “Si tratta di sette pilastri, un insieme di ‘conoscenze’ (lingua francese, straniera, matematica e cultura scientifica, scienze umane) e di competenze(nuove tecnologie, competenze sociali e civiche, autonomia e spirito imprenditivo. Il problema – ha sottolineato – è che la scuola sa bene come insegnare e valutare le prime, ma non è ancora attrezzata per le seconde”.

Charles Fadel (della Cisco System, Usa) ha spiegato che alla luce di questa convinzione è importante che si adottino “profonde innovazioni, sia nell’organizzazione degli ambienti scolastici sia nelle metodologie didattiche degli insegnanti”. Per quanto riguarda i docenti, gli esperti condividono la necessità di abbandonare la tradizionale lezione frontale per fare sempre più spazio al lavoro di gruppo, interdisciplinare e progettuale.

Anders Hingel, della Commissione europea, direzione generale sull’Education, si è invece soffermato sugli sviluppi del quadro europeo sul tema: “l’obiettivo dell’Ue – ha spiegato – è rendere sempre più confrontabili le certificazioni, attraverso i descrittori di competenze, in modo da consentire una reale libertà di movimento dei lavoratori. È quindi indispensabile – ha concluso Hingel – che tutti i sistemi scolastici si organizzino per svilupparle, misurarle e certificarle”.

Quest’ultimo punto, l’uniformità di offerta formativa, è stato uno dei punti più dibattuti nel pomeriggio, moderato da Andrea Casalegno, quando il seminario si è concentrato sugli orizzonti politico-riformatori. “Come si fa - ha detto Valentina Aprea (Pdl), presidente della commissione Cultura alla Camera - a resistere alla gestione regionalista, ancorchè con abilitazioni di carattere nazionale, di fronte a certe varianze di risultato scolastico presenti a livello non di Nord e Sud ma addirittura di istituti vicini".

La Aprea ha spiegato che, proprio alla luce della inequivocabile tendenza formativa internazionale, “non è più tollerabile accettare che il destino di un giovane possa essere deciso dalla casualità cui il genitore va incontro – ha detto con tono perentorio – quando lo iscrive ad un istituto piuttosto che ad un altro, magari situato nello stesso quartiere e a pochi isolati di distanza”.

A proposito della necessità di rivedere la formazione dei docenti, uno dei passaggi centrali del suo ddl, l’esponente del Pdl ha aggiunto che è sempre più necessario ed urgente introdurre “una competenza ‘generativa’, utile a migliorare le risposte dei discenti soprattutto attraverso l’uso dell’innovazione. Serve – ha concluso – un approfondimento veloce e sempre meno scontato, che favorisca la scoperta di ciò che non è noto senza soffermarsi troppo su risposte già note”.

L'ex viceministro dell'Istruzione ha quindi ripercorso tutti i punti salienti del suo progetto di legge arenatosi in estate a seguito delle ingerenze della Lega che chiedeva di adottare dei test selettivi sulle conoscenze territoriali: "Il mio programma - ha dichiarato Aprea - intende introdurre prima di tutto una nuova governance basata sulla cancellazione dell'autoreferenzialità degli istituti, l'inserimento nelle scuole di soggetti esterni e la possibilità per gli istituti di partecipare a fondazioni". Aprea ha anche specificato che il suo disegno di legge intende rivedere la "carriera dei docenti attraverso l'instaurazione di albi regionali ed un reclutamento regionale sussidiario".

Nessun riferimento è stato invece fatto nei confronti del progetto di legge presentato dalla Lega Nord, attraverso l'onorevole Paola Goisis, che intende contrapporsi proprio al suo ddl. Parole di apertura nei confronti del suo progetto di legge sono invece giunte da Giovanni Bachelet, presidente Forum Istruzione del Partito democratico: "Per noi - ha detto - la discussione in Commissione parlamentare sul ddl Aprea può riprendere in qualsiasi momento: occorre riprenderla da dove si era interrotta in estate, quando saltò e sui giornali si parlò solo del dialetto a scuola richiesto dalla Lega dimenticando quanto di buono si era fatto sino a quel momento".  Parole che alla platea sono sembrate un mezzo assenso per una regionalizzazione del sistema scolastico da introdurre nel modo più “morbido” possibile.