Graduatorie regionali.
La gelmini apre alla Lega

Dedalus, da ScuolaOggi 21.4.2010

Il ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini, appena rientrata al lavoro dopo il parto, si è affrettata a mettersi al passo con i tempi. Lungo la linea politica dell’asse Berlusconi-Bossi e sulla scia delle proposte del capo delegazione del Carroccio nella giunta regionale lombarda Davide Boni (proposte condivise sostanzialmente dallo stesso governatore lombardo Formigoni), la Gelmini in un convegno a Milano ha annunciato che ci saranno graduatorie regionali per gli insegnanti dal 2011, con vincolo di residenza. Il provvedimento in realtà si inquadra all’interno di un progetto più ambizioso che prevede anche un nuovo sistema di reclutamento dei docenti e meccanismi di carriera per gli stessi.

Un ddl dovrebbe prevedere facilitazioni, dal punto di vista dei punteggi, per chi deciderà di restare nella Regione di residenza, senza trasferimenti. Nella sostanza un modo per bloccare i trasferimenti, in particolare quelli dal Sud al Nord. Proprio come vuole la Lega.

Le dichiarazioni e i propositi della Gelmini, a quanto pare, riprendono in pieno la filosofia della Lega Nord in materia scolastica, le richieste avanzate da Davide Boni ("Pieni poteri alle Regioni per dare la precedenza agli insegnanti lombardi") e soprattutto la proposta di legge presentata a livello nazionale da Paola Goisis, segretaria in Commissione Istruzione alla Camera e onorevole del Carroccio. Qual è nella sostanza il contenuto del disegno di legge Goisis? Albi regionali per i docenti con l’obbligo di residenza sul territorio per chi chiede l’iscrizione e l’impegno a non chiedere trasferimenti in caso di assunzione (che avviene attraverso una prova anch’essa su base regionale) per cinque anni. Nei concorsi a posto indeterminato poi dovrebbero avere più punteggio quegli insegnanti che dimostreranno di aver operato con continuità in una stessa regione per almeno tre anni. Questo naturalmente è solo un pezzo, il più piccolo, della proposta di legge Goisis. Il resto, più sostanzioso, prevede che tutta la gestione del personale scolastico (dal reclutamento al trattamento economico) passi alle Regioni. Albi regionali per i docenti, quindi per accedere ai quali è indispensabile non solo la laurea magistrale e l’abilitazione all’insegnamento ma anche la residenza nella regione. Concorsi su base regionale. Albi regionali anche per i presidi, naturalmente. 

Il governatore Formigoni ha già chiesto al ministro Gelmini di poter sperimentare un nuovo modello di federalismo scolastico che si fonda su due principi: il reclutamento diretto dei docenti da parte delle scuole, sulla base appunto di albi regionali, e (naturalmente) la completa parità tra istituti statali e paritari con il potenziamento del buono scuola per le famiglie.

Ma torniamo all’aspetto relativo alle graduatorie regionali prospettate dalla Gelmini. In realtà su un punto analogo vi è già stato un pronunciamento negativo del Consiglio di Stato che ha rinviato alla Corte Costituzionale il caso di un insegnante di Verona che era stato collocato in coda nella graduatoria provinciale di Trento. Secondo il Consiglio di Stato questa decisione contrasta con gli art. 3 e 16 della Costituzione (principio di uguaglianza e libertà di circolazione) e spetta ora alla Consulta decidere della costituzionalità della legge provinciale trentina che ha introdotto questa possibilità. Ora l’idea di graduatorie regionali - se applicata rigidamente, nel senso di graduatorie riservate solo ai residenti (e perché addirittura non ai nativi? aggiungiamo noi) - cozzerebbe senz’altro contro la Costituzione e contro le direttive comunitarie sulla libera circolazione delle professioni.

La giustificazione "nobile" di questo provvedimento (quella meno nobile e discriminatoria è di impedire agli insegnanti meridionali di approdare nelle regioni del Nord) è di voler garantire in questo modo la continuità didattica.

Su questo punto non possiamo che essere d’accordo. Da tempo sosteniamo che la continuità didattica è un valore fondamentale troppo spesso non tenuto in sufficiente considerazione. Troppo spesso si dimentica che la finalità della scuola è l’istruzione, il successo formativo degli alunni, e che tutto il resto viene di conseguenza e deve essere piegato a questo scopo, compresi gli interessi legittimi dei docenti. Ma la continuità didattica non si garantisce costruendo steccati tra Nord e Sud. Vale anche all’interno della stessa regione o provincia o addirittura comune. Se un insegnante residente a Lodi (30 km da Milano) che ha ottenuto un posto a Milano dopo un anno o due si trasferisce nel paese di residenza, la continuità didattica salta comunque. E addirittura se questo avviene all’interno dello stesso comune.

Allora sgombriamo il campo dagli aspetti localistici, discriminatori e palesemente anticostituzionali di questa faccenda. Se il problema di fondo è garantire la continuità dell’insegnamento - e quindi, ipso facto, la stabilità dell’insegnante - nella classe, in quella determinata scuola, allora basta un provvedimento molto semplice. Basta stabilire il principio che chi è assunto in una scuola debba restarci per un certo lasso di tempo, ad esempio 5 anni. E, in conformità con le direttive della UE sulla libera circolazione, mantenere concorsi pubblici aperti a tutti, non importa se regionali.

Tutto il resto è propaganda. Figlia di un malinteso federalismo, senz’anima e senza solidarietà.