ELOGIO DELLE SCUOLE DI SICILIA
di Gabriele Boselli, da
ScuolaOggi 6.4.2010
Abito e lavoro prevalentemente in
Romagna ma da circa venti anni, per tenere conferenze o verificare
l’attuazione dei progetti europei o altri tipi di ispezione, visito
le scuole di Sicilia. Quasi sempre rimango positivamente
impressionato per l’alta qualitŕ culturale, umana e professionale di
docenti e dirigenti, risultanza su cui certamente influisce il fatto
che in quella regione essi detengono uno status sociale nettamente
superiore a quello riconosciuto al Nord e la gioventů migliore
ancora vede nell’insegnamento una professione desiderabile. Quando
–come piů spesso accade in Sicilia- un professionista svolge la
professione cui era da sempre proteso, č convinto del valore del
proprio lavoro e avverte un certo riconoscimento sociale, vi avverte
un evento di autorealizzazione e consegue solitamente risultati
migliori.
Va detto che i metodi di analisi del produrre scolastico che seguo
non sono di tipo positivistico (oggettivistico) ma
fenomenologico-ermeneutico e pertanto non mettono in evidenza solo
il pensiero a-prenditivo, applicativo e compilativo ma tendono ad
accertare ogni aspetto dell’educazione intellettuale ed estetica.
Non mi limito a compilare schede burocratiche (spesso inutilmente
ridondanti ed escludenti invece l’essenziale, ovvero le strutture
del pensare generativo-trasformazionale) e a redigere relazioni
pre-strutturate; esamino gli elaborati; discorro a lungo con
studenti, insegnanti e genitori; vado in giro per le classi e
interrogo, con cordialitŕ ma interrogo, come gli ispettori hanno
sempre fatto. Riscontro cosě come i risultati conseguiti dagli
alunni –magari poco addestrati dagli insegnanti a metter crocette
nei tests- spicchino soprattutto per quel che riguarda la capacitŕ
di pensiero critico e la creativitŕ, capacitŕ in cui i ragazzi
siciliani solitamente sopravanzano quelli delle piů accreditate
regioni del mitizzato Nord d’Italia e anche d’Europa, o comunque dei
luoghi dove la qualitŕ dell’istruzione č identificata con l’abilitŕ
nella compilazione degli strumenti di certa docimologia.
Accade cosě che io legga gli esiti delle ricerche OCSE-PISA e
INVALSI e constati come non abbiano niente a che vedere con quel che
io ho potuto mediamente constatare. Mi son chiesto piů volte se sia
errato il mio metodo d’analisi o quello delle ricerche valutative di
maggior successo; non vorrei peccare di superbia ma sono sempre piů
convinto che si sbaglino Lorsignori, almeno nel senso che non
prendono in considerazione ciň che č veramente essenziale solo
perché non inquadrabile e non misurabile con procedure
oggettivistiche.
Ciň che non č misurabile –per essi- non esiste.
Perché non ritengo veritieri i risultati strombazzati dai media
A leggere bene le citate ricerche di massa, qualche pezzo di veritŕ
invero si trova, soprattutto guardando a cosa NON E’ valutato. I
media nel riferire esaltano le negativitŕ mentre qua e lŕ, oltre
l’ossessione per la misura, trapela anche da PISA e INVALSI anche
qualche cosa di autentico.
E’ allora il caso, a mio avviso, di riflettere sui criteri di
derivazione economicistica con cui stanno operando questi sistemi
europei e nazionali di valutazione, di fatto non interessati a
valutare il conoscere della persona, ovvero il modo in cui in
ciascun soggetto si tiene in attivitŕ (o si spegne) il nucleo
generativo di regioni gnoseologiche, il topos ove si riavviano i
saperi consolidati, si allacciano relazioni con tutta la gamma
possibile dello sviluppo del sapere stesso.
Oltre lo Stretto, le discipline sono prevalentemente intese non come
formulari di contenuto il cui apprendimento sia riscontrabile
attraverso test ma come atti di lungo respiro di costruzioni del
sapere, sedimentazioni di infiniti atti cognitivi avvenuti nella
storia. Le discipline insegnate in molte scuole di Sicilia e per
fortuna in qualche altra parte del resto del mondo portano a pensare
le cose non solo come sono oggi ma come sono state e probabilmente
muteranno, indipendentemente dal loro utilizzo immediato e prossimo
venturo. Direi che laddove la competenza (parente impoverita della
conoscenza) esaltata nelle ricerche PISA e Invalsi risiede nella
cultura dell’ “utile oggi”, l’essenziale delle discipline abiti in
quella della “fondazione”; dove la competenza č “saputa”, la
conoscenza č sapere in-finitamente in atto. Ben altra sembra essere
l’idea di sapere presente negli autori dei test.
Il conoscere dell’ intero-persona all’Intero-cultura attraverso le
discipline, il volgersi di un soggetto attraverso le forme dell’intersoggetivitŕ
(discipline) trovato in Sicilia –la terra di Giovanni Gentile- non
dovrebbe essere ripercorso attraverso tassonomie
(classificazione/archiviazione dell'esperienza intellettuale). Io ho
sempre cercato di condurre indagini per vedere se si mantenga attivo
soprattutto il tipo di attesa che genera "spinta", un fascio di
vettori che attraversando i portali delle strutture della
soggettivitŕ trascendentale (categorie, sistemi simbolici e
costellazioni cognitive) riprenda il carattere organico, sempre in
fieri e infinito del pensiero della persona che si volge all’Intero.
Tutto questo non č presente e forse non potrŕ mai essere riversato
nelle schede ufficiali, ma ho comunque il dovere morale di
testimoniarlo in ogni occasione.
Quel che manca nelle attuali valutazioni di sistema
Nelle costose ricerche standardizzate di massa i risultati da
trovare sono ragionieristicamente elencati, talvolta in modo che non
possano non essere riscontrati comunque nella misura voluta dal
committente della ricerca, altrimenti sarebbero soldi buttati via.
Dovrebbero a mio avviso essere invece inter-rogati, cercati
attraverso un discorso aperto fra i soggetti. L'essenziale -ovvero
il contatto generativo tra un ragazzo e la cultura, la luce
inestinguibile- potrebbe essere esplorato attraverso sentieri non
predeterminati, nel rispetto del diritto del soggetto di essere
autore del suo incontro personale, unico con il sapere.
Occorre valutare (almeno in Sicilia, ma questa grazia potrebbe
essere elargita anche nella mia Emilia-Romagna) senza appiattire il
pensiero pensante ovvero incessante, non prefabbricato, che rifiuta
la riduzione a fatto ma si vuole sempre in atto, infinito. Disegnati
entro una teoria fenomenologica della conoscenza, dei percorsi di
valutazione ermeneutica potrebbero adeguatamente accompagnare la
persona nella sua multipreposizionale relazione con il mondo, nella
sua capacitŕ di conoscere il mondo della natura e della cultura, di
riconoscere ed essere riconosciuta dagli altri umani. Arricchiti di
una teoria condivisa della conoscenza umana indurrebbero una
riflessione sul con-sapere delle condizioni di possibilitŕ d’ogni
sapere e delle sue forme storiche, senza pretese d’esclusione delle
morfologie della conoscenza non inquadrabili entro le procedure del
sistema di osservazione.
Le scuole di Sicilia figurano male quando il valutatore č forzato a
interessarsi non a una valutazione del conoscere della persona ma di
un ente anonimo, senza volto; quando č indirizzato al riscontro
delle sole competenze, pur definite “essenziali” (ma se sono
essenziali non sono competenze e se sono competenze non possono
essere essenziali) ovvero ai soli effetti secondari dei processi di
acquisizione di ciň che davvero vale ovvero della pura,
indifferenziata, aprente capacitŕ di conoscere.
Nonostante tutto……
Tutto bene, dunque, al di lŕ dello stretto? No, ma con qualche
eccezione non č colpa di chi vi lavora: lo stato di manutenzione
delle scuole č penoso; palestre e piscine vengono costruite, in
qualche zona, con grande dispendio di fondi europei ma poi lasciate
decadere per incuria degli enti locali. Spesso le stesse costruzioni
sono edificate con grande impiego di sabbia di mare e grande
avarizia di cemento, come d’altronde gli ospedali e gli altri
edifici pubblici; dopo pochi anni cadono a pezzi ma al potere locale
importa poco, anzi fa gioco cosě si possono chiedere a Roma altri
fondi per far guadagnare le imprese locali. Un ulteriore punto
debole –dipendente perň dall’ambiente extrascolastico- č
rappresentato dagli elevati tassi di dispersione. Va comunque
considerato che in altre regioni oltre agli studenti che si
disperdono fuoriuscendo dal sistema scolastico ve ne sono anche di
piů che si disperdono continuando a sedere sui banchi ma che a tutto
si dedicano tranne che allo studio. Il fenomeno della “dispersione
in sede” andrebbe meglio studiato e credo che i risultati
comparativi per la regione di cui tratto sarebbero lusinghieri.
Addebitabile invece –anche se comune ad altre regioni del Sud- lo
scarso rigore nell’effettuazione dei concorsi cosě come risulta
anche dalle note vicende dei duecento dirigenti fuori quota
recentemente assunti in Sicilia in circostanze tuttora al vaglio
delle magistrature.
Per capire il valore delle scuole di Sicilia, ma anche di molte non
siciliane (penso alla mia Romagna e alle Marche, altre zone d’oro),
č necessario che le persone vengano meglio riconosciute e le
discipline –monito che mi permetto di rivolgere all’Invalsi-
rispettate nel loro lasciar vedere, costituire traccia per itinerari
soggettivi aperti all'intersoggettiviŕ, nel loro rappresentare le
forme storiche in cui si esplica e si rinnova la capacitŕ di
pensiero critico e creativo. Le discipline non sono sale di un
museo, ma delle realtŕ viventi nei soggetti che le esperiscono. E
nelle scuole di Sicilia si vive, si pensa. Si produce nonostante i
limiti sopra accennati una delle migliori scuole del mondo.