Professori e allievi
I conti non tornano

Diego Motta Avvenire, 3.8.2010

Saranno insegnanti in cerca d’autore. Professori di ruolo, assunti da tempo, eppure senza cattedra. La scuola che ripartirà a settembre non farà i conti soltanto con le richieste di migliaia di giovani precari da anni in lista d’attesa, destinati nuovamente a vagare alla ricerca di una sistemazione definitiva. Tra un mese assisteremo anche a un fenomeno di ritorno: sperimentati prof con la valigia in mano, chiamati ad abbandonare le loro classi per nuove destinazioni oppure invitati a misurarsi con nuovi orari, spezzettati quà e là tra scuole diverse. Sono insegnanti in sovrannumero: non licenziabili ma con mansioni tutte da definire. Secondo le stime della Cisl Scuola, tra un mese si troveranno senza cattedra 6.400 professori delle scuole superiori, 2.200 maestre della scuola primaria, 1.350 insegnanti delle scuole medie. Circa 10mila persone, dunque, a disposizione degli istituti per coprire le supplenze e progettare ulteriori iniziative didattiche. A esse vanno aggiunti almeno 20mila insegnanti trasferiti d’ufficio, se a settembre dovesse ripetersi quanto accaduto l’anno scorso. Si tratta di professionalità spostate da un paese all’altro in ambito provinciale che continueranno a insegnare, sia pure in classi e istituti diversi, le stesse materie che hanno insegnato in passato. In sedi diverse, però, che non hanno scelto.

Il paradosso italiano

A Milano ci sono troppi studenti e mancano gli insegnanti, a Bari i professori sono troppi e mancano gli alunni. È questo il paradosso in cui si troverà la scuola italiana nella stagione 2010/2011, ben raccontato da questi due fatti di cronaca che hanno visto nei giorni scorsi su sponde opposte il sindacato degli insegnanti, la Gilda, le organizzazioni confederali e gli uffici scolastici regionali. Se si guarda ai numeri, l’anomalia è maggiore in alcune zone del Paese rispetto ad altre: in Sicilia a settembre il numero di insegnanti di ruolo in sovrannumero nella scuola primaria raggiungerà quota 763, in Campania 761, in Puglia 348 e nel Lazio 179. Regioni in cui ci sono troppi docenti rispetto alle cattedre disponibili; non così avviene al Nord, in Lombardia ed Emilia Romagna, dove l’alta presenza di alunni immigrati bilancia il minor numero di ragazzi italiani.

«Il fenomeno dei professori con la valigia è un fatto negativo sia per la stabilità degli insegnanti che per la formazione dei ragazzi» osserva Francesco Scrima, segretario generale della Cisl scuola. Tutto risale alla decisione di tagliare il numero delle cattedre in tutta Italia, in base al rapporto tra studenti, numero delle classi e personale docente disponibile. «Quando scatta il cosiddetto istituto del “perdente posto” – spiega Scrima – vengono trasferiti i docenti col minor punteggio». Può così succedere che chi, fino a ieri, poteva contare su una cattedra di italiano per 18 ore settimanali oggi sia chiamato a distribuire quello stesso orario su istituti diversi.

Trasferiti e demotivati

«Sicuramente una situazione di disagio c’è – spiega Fabrizio Foschi, presidente di Diesse, un’associazione che riunisce insegnanti – anche se non si tratta di novità ma di un piano programmatico che ogni anno, a settembre, ci riporta ad un’anomalia: la rigidità del nostro sistema formativo». In questo mese sono stati ridisegnati gli organici del personale: l’equilibrio da trovare tra professori che vanno in pensione, giovani precari da inserire e insegnanti di ruolo trasferiti d’ufficio è complicato e questo lascia immaginare che la ripresa scolastica sarà caratterizzata da un’instabilità ancora maggiore rispetto al passato. Insegnanti nuovi per classi nuove, ripensate a seconda del numero dei ragazzi e con un occhio al bilancio.

«C’è un grosso punto interrogativo legato alle motivazioni dei professori, che da un mese con l’altro vengono spostati da una realtà a un’altra – osserva Foschi –. Poi c’è un altro aspetto da non sottovalutare: la mancanza di una prospettiva di carriera economica». Avere una busta paga all’altezza dei colleghi europei è considerata una priorità. «E al mancato riconoscimento economico sono strettamente legati i rischi di una dequalificazione professionale» osserva la Cisl scuola. Dopo il taglio delle cattedre, insomma, l’obiettivo potrebbe diventare il rilancio di una categoria da cui dipende, in fondo, il futuro delle nuove generazioni.