scuola

"Giocate" pure con i test,
ma non toccate l'autonomia dei docenti

Fabrizio Foschi il Sussidiario, 17.8.2010

Il complesso delle azioni ministeriali che vanno sotto il nome di “Piano Nazionale Qualità e Merito” (PQM) deve essere considerato con la massima attenzione per le ricadute che può avere (in parte sta già avendo) sui contenuti e l’organizzazione dell’insegnamento nelle nostre scuole. Il Piano è in pieno sviluppo, come fanno fede la circolare del Miur del 30 giugno scorso (a cura della Direzione Generale per gli Ordinamenti), seguita a ruota dalla presentazione (15 luglio) di un secondo PQM che fa capo direttamente al Ministro Gelmini e allo studioso della meritocrazia Roger Abravanel. Come si incrociano le due iniziative? Vediamo.

Oggetto della circolare è la prosecuzione del progetto PQM nelle scuole secondarie di primo grado, dopo che nell’anno scolastico 2009-2010 ne sono state coinvolte a titolo sperimentale 79, relative a cinque Regioni: Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Marche. Il progetto Gelmini-Abravanel, viceversa, si affianca al precedente (o si sovrappone, a seconda dei punti di vista) prevedendo l’estensione, prima alla scuola secondaria di I grado e poi alla superiore, dei test oggettivi standard predisposti dall’Invalsi (Istituto Nazionale di Valutazione) all’inizio e alla fine dell’anno scolastico. Si comincerà a settembre con 1.000 scuole medie e si calcola che entro il 2013 il 50% delle scuole medie sarà interessato dai test; dal 2013 il piano sarà esteso gradualmente a tutte le scuole medie italiane.

I due percorsi (denominiamoli per praticità PQM1 e PQM2) corrispondono a logiche e finalità piuttosto diverse. PQM1, cui collaborano Invalsi e Ansas (l’Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica), collima con la filosofia dei Programmi Operativi Nazionali (PON) per la Scuola, che si propongono di migliorare il sistema di istruzione e formazione delle regioni del Sud servendosi, oltre che di risorse ordinarie, anche di fondi europei. Per il periodo 2000-2006 sono stati assegnati 830 milioni di euro di fondi strutturali europei, mentre per il 2007-2013 intervengono i fondi europei di sviluppo regionale per 138 milioni. Con una battuta molto sintetica potremmo definire i PON una ciambella di salvataggio lanciata alle scuole per interventi sulla riduzione della dispersione scolastica e l’ampliamento delle competenze di base degli alunni, resi possibili grazie al miglioramento delle competenze dei docenti.

Analogamente, con PQM1 l’Amministrazione centrale di concerto con le istituzioni scolastiche autonome si è prefissa di attuare provvedimenti di supporto agli studenti della scuola secondaria di I grado, agendo contestualmente sulla formazione sul campo dei docenti. L’ambito disciplinare prescelto è quello della matematica, nella quale, come sappiamo, gli alunni italiani presentano difficoltà di apprendimento e che, per questo motivo, è stata sottoposta ad una revisione di ordine epistemologico-didattico. L’approccio per competenze e l’insegnamento laboratoriale e sperimentale dovrebbero favorire l’apprendimento logico-matematico: è quanto si chiarisce nei documenti PQM1.

Come si accennava, in una seconda fase (a.s. 2010/2011), il progetto di potenziamento degli apprendimenti in matematica, ampliato anche agli apprendimenti linguistici (con riferimento anzitutto all’italiano), si dovrebbe estendere alle classi prime di altre 80 scuole, con ingresso anche di Toscana e Lazio, oltre a proseguire nelle classi dove è stato già intrapreso. La peculiarità di PQM1 risiede, a ben vedere, nell’attivazione di capacità delle scuole di gestire autonomamente la progettazione dell’azione formativa, una volta che siano state misurate secondo criteri di equità e (relativa) scientificità le conoscenze in entrata degli alunni delle singole classi oggetto dell’azione.

Si mette così in moto, di questo si parla nella circolare di giugno, un circolo virtuoso tra valutazione esterna e progettazione del percorso di insegnamento/apprendimento che ha il suo perno nella figura del docente “tutor di progetto”, selezionato, formato e supportato per affiancare le scuole nel percorso di autodiagnosi e di miglioramento degli apprendimenti. A sua volta il tutor di progetto influisce a cascata sui tutor di istituto, chiamati a condurre fattivamente i moduli formativi elaborati. Chi si è assunto il compito della formazione? Si tratta dell’Ansas, che in questo modo rinsalda il suo ruolo centrale nello sfornare identità nuove di docenti esperti e capaci di organizzare percorsi di qualità.

È tuttavia opportuno insistere, a questo proposito, sul ruolo sussidiario e niente affatto secondario che possono rivestire le reti di scuole e le associazioni professionali dei docenti nella individuazione e formazione delle figure dei docenti tutor (di progetto e di istituto). Il tutor nasce filtrando attraverso l’esperienza il proprio patrimonio di conoscenze e competenze disciplinari e organizzative, pena lo scivolamento, se ciò non accadesse, della didattica in attività asettiche e puramente operative, spesso avulse dalla pratica del coinvolgimento educativo e formativo con gli alunni cui sono rivolte.

Esiste, tra l’altro, anche un PQM2 che ci pare correre più visibilmente questo rischio: non tanto nell’obiettivo di fondo, che è quello di somministrare prove oggettive in matematica e italiano agli alunni della secondaria di I grado all’inizio dell’anno scolastico (qualcuno potrebbe dire che in forme grossolane si è sempre fatto), quanto nel metodo che sottende l’operazione. Abravanel sostiene che di fronte all'emergenza educativa nel nostro Paese è necessaria una nuova alfabetizzazione, fondata sulle “competenze della vita”.

Per attuarla occorre la misurazione oggettiva e continua delle perfomance degli studenti e dei docenti, allo scopo di spostare risorse e innovazione su chi dimostra di meritarle. PQM2 collega l’azione formativa ed educativa alla misurazione del rendimento e alla soluzione di problemi. L’impianto meritocratico introduce un presupposto ideologico di stampo funzionale: solo una scuola che inserisce attivamente il soggetto nell’ambiente culturale di riferimento serve al progresso dell’intero Paese. Forse lo studioso non sa (o semplicemente dimentica) che il rendimento è proprio il frutto di un’azione educativa spesso gratuita e non derivante da una procedura di selezione degli interlocutori. Torniamo a insistere: gioca con i test, ma lascia stare l’autonomia didattica del docente, ovvero sarebbe sbagliato un disegno che si proponesse di elevare il livello dell'offerta di istruzione smontando il perno dell’intero percorso di innovazione, la figura professionale del docente.