In vigore dal 16 settembre il nuovo codice sul
contenzioso amministrativo. Un freno alla sbornia da ricorso Le spese saranno a carico di chi ha agito temerariamente di Luca Signorello da ItaliaOggi, 17.8.2010 Potrebbe finire a breve la sbornia dei ricorsi ai tribunali amministrativi regionali(Tar) e al Consiglio di Stato da parte del personale della scuola, docenti in particolare, degli studenti bocciati o dei genitori delusi dei risultati scolastici dei propri figli, qualche volta anche per questioni di principio o di lana caprina. Dal 16 settembre prossimo entrerà infatti in vigore il decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104 contenente la prima raccolta organica delle disposizioni che regolano il contenzioso davanti ai Tar e al Consiglio di Stato. Si tratta di un vero e proprio codice che raccoglie una serie di norme che nel passato erano sparpagliate nelle leggi e nei regolamenti e che presenta rilevanti modifiche in materia procedurale e processuale. Viene precisato che sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie nelle quali si faccia questioni di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l'esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all'esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni. Viene inoltre affermato che non sono impugnabili gli atti o provvedimenti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico. Un'altra importante norma è quella che dispone che nelle controversie riguardanti i dipendenti pubblici, ivi compresi quelle della scuola, è competente il tribunale amministrativo regionale nel cui circoscrizione territoriale è situata la sede di servizio. Due sono invece le novità che interessano direttamente il personale della scuola, gli studenti e i genitori: la prima è quella che dispone che le parti possono stare in giudizio personalmente senza l'assistenza del difensore nei giudizi in materia elettorale e nei giudizi relativi al diritto dei cittadini dell'Unione europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nei territori degli Stati membri; la seconda, che presumibilmente rappresenterà un freno nel decidere di ricorrere al Tar, è quella relativa alle spese di giudizio. Quando emette una decisione, recita l'art. 26 del decreto legislativo 104/2010, il giudice provvede anche sulle spese del giudizio secondo gli articolo 91, 92, 93, 94, 96 e 97 del codice di procedura civile. Il giudice, si legge nel comma 2 dell'articolo 26, nel pronunciare sulle spese, può altresì condannare, anche d'ufficio, la parte soccombente al pagamento in favore dell'altra parte di una somma di denaro equitativamente determinata, quando la decisione è fondata su ragioni manifeste o orientamenti giurisprudenziali consolidati. Fino ad oggi, di norma, le spese giudiziarie venivano compensate nel senso che ognuna delle parti era tenuta a pagarsi le sue spese. Ora, la prospettiva di vedersi imputare le spese senza compensazione potrebbe frenare molti che ricorrevano dal giudce amministrativo nella convinzione che tanto non c'era nulla da rimetterci. |