l'editoriale

Tre gambe per gli studenti

Vittorio Filippi Il Corriere del Veneto, 10.8.2010

I dati dicono che i neomaturi veneti hanno avuto voti decisamente più elevati della media italiana. Benissimo, buon per loro. E auguri. Saltano alla mente, a questo punto, due semplici domande. La prima: sono allora anche più bravi dei loro colleghi di tante altre parti d’Italia? E, soprattutto, avranno di conseguenza in futuro maggiori successi professionali nel mondo del lavoro? Circa la bravura, il discorso si fa scivoloso. Come tutti gli studenti sanno, e come sanno soprattutto chi con gli studenti ci lavora, cioè gli insegnanti, dare i voti è sempre stato un esercizio delicato, delicato perché terribilmente arbitrario. Esiste perfino un ramo della pedagogia, la docimologia, che si pone proprio come la scienza della valutazione. Ma valutare oggettivamente è arduo, forse (umanamente) impossibile. Nel trasformare un colloquio o un elaborato scritto in un numero formale, in un voto, entrano tante e tali variabili personali (dalla simpatia alla stanchezza, dalla furbizia al caso) che ci obbligano a fare attenzione nel comparare voti e giudizi.

Circa i successi - o gli insuccessi - lavorativi, è meglio ricorrere all’immagine del tavolino con tre gambe. Così come il tavolino si regge sulle tre gambe, così la riuscita professionale ha tre componenti. Una è certamente la scuola, il percorso formativo seguito, la spendibilità del titolo conquistato, gli stessi voti finali che - pur con i limiti detti - dovrebbero classificare la preparazione conseguita. C’è poi un secondo aspetto, non colto dalla scuola e dai voti. E’ dato dal carattere, dal profilo psicologico, da tutti quegli aspetti strettamente personali che - al di là dei titoli di studio incorniciati con tanto orgoglio - fanno la persona, la costituiscono nei comportamenti concreti. Nel mondo del lavoro non entra una specie di automa carico di tante nozioni, ma una persona che può essere più o meno timida, più o meno motivata e così via. Infine c’è un terzo aspetto, che in sociologia si chiama capitale sociale. E’ un vero e proprio capitale, più o meno pingue, di relazioni personali che possono aiutare ad esempio nella ricerca del posto di lavoro desiderato. E’ ovvio che le conoscenze «giuste » delle famiglie contano molto nell’efficacia dei percorsi lavorativi e nel futuro piazzamento professionale dei figli. Come si vede la traiettoria è complessa perché risponde a tre aspetti e non - come talvolta si crede - ad una specie di rapporto unico e meccanico tra scuola e lavoro. Tra l’altro la stessa storia economica veneta è stata prodotta da imprenditori che sono divenuti tali - talvolta con successo - grazie a doti personali, a propensioni e motivazioni forti. Sarebbe di grande importanza che insegnanti e genitori trasmettessero ai giovani l’idea che non basta apprendere (prendere con la mente): occorre anche comprendere (prendere dentro di sé, cioè interiorizzare), riprendere (ritornarci, rivedere, non abbandonare nel dimenticatoio) ed infine intraprendere, cioè continuare personalmente con la propria creatività. E’ questo il passo più importante.