Christian e il tempo pieno
[orfano di giorno]

segnalato da Vincenzo Pascuzzi, 21.8.2010

Quando abitavo in un altro quartiere, mi capitava spesso, tornando a casa dopo le lezioni, di imbattermi in un bambino di sette o otto anni, pure lui di ritorno da scuola, arrancante tutto solo sotto il peso di uno zaino. A destare la mia attenzione erano stati due elementi: la sua aria precocemente adulta, quasi da piccolo gnomo, e il fatto che portasse appeso al collo con una fettuccia un mazzo di chiavi. Volevo rivolgergli la parola, ma si era già in un clima isterico di sospetti generalizzati (rapimenti di bambini, agguati di pedofili) e temevo che la mia curiosità e il tentativo di avvicinarlo potessero essere scambiati per una losca manovra di adescamento, dal momento che né l’età, né l’aspetto, né la mia professione potevano costituire uno scudo sufficientemente solido contro vaneggiamenti maligni. Così ricorsi al cane: nei due giorni della settimana in cui uscivo prima da scuola, lo portai a spasso per le funzioni escrementizie quando sapevo che sarebbe comparso il bambino. Lo stratagemma funzionò, lui gli fece una carezza e cominciammo a parlare. Nel corso di un paio di settimane venni a sapere che Christian aveva sette anni e mezzo, che i suoi nonni abitavano in un’altra città, che i genitori lavoravano entrambi e uscivano al mattino prima di lui e rientravano alla sera dopo le sei. «Mangi da solo?» gli chiesi, e mi rispose di sì, che mangiava quello che la mamma gli aveva lasciato sul tavolo, insalata, mozzarella o prosciutto e un bicchiere di latte freddo perché lei non voleva a nessun costo che accendesse il gas. «E dopo mangiato cosa fai?» continuai a chiedergli. «Leggo i giornalini, faccio i compiti e poi gioco da solo.» Un bambino dickensiano, pensai, che non patisce la fame, che non è costretto a rubare, ma che in qualche modo è stato privato della spensieratezza dell’infanzia, dei giochi con i coetanei, dell’allegria condivisa. La scuola frequentata da Christian non aveva il tempo pieno e iscriverlo in un’altra, più lontana, avrebbe comportato un pericolo maggiore all’andata e al ritorno. Non so più nulla di Christian, perché cambiai casa poco dopo, so però che contro di lui è stata commessa un’ingiustizia.

Ed eccoci al tempo pieno, che è il nocciolo duro del problema, che non riguarda soltanto la scuola elementare ora ribattezzata primaria (ah, la smania delle novità nominali!), ma anche quella dell’infanzia (ex scuola materna)e dovrebbe riguardare pure la secondaria di primo grado (ex media inferiore: quattro parole al posto di due, in spregio alla concisione). In un Paese moderno – è bene affermarlo con decisione – la scuola dovrebbe essere tutta a tempo pieno, almeno fino ai quattordici anni d’età dei ragazzi. E il tempo pieno dovrebbe essere strutturato con accortezza e competenza, in modo che non diventi una semplice soluzione di parcheggio, un doposcuola per ragazzi che non hanno alternative migliori.

Al tempo pieno sono legate altre questioni spinose che investono tutto il Paese: prima fra tutte la scarsa natalità, con le nefaste conseguenze sul futuro che sappiamo. Ma come si può incentivare una giovane coppia a fare figli, quando la maternità comporta in molti casi la rinuncia al lavoro per la donna? A chi lo lascia il bambino dopo l’orario del nido, dell’asilo, della scuola elementare? Quali salti mortali deve fare per conciliare il ruolo di madre con il lavoro? Se negli altri Paesi europei la natalità è superiore alla nostra, non dipende certo da un maggior ardore riproduttivo, ma dal semplice fatto che gli Stati hanno predisposto incentivi reali alla maternità, non estemporanei bonus-bebè, ma scuole efficienti con orari compatibili con quelli lavorativi. La scuola italiana, diciamola, francamente, in quanto a orari funziona solo per le madri casalinghe o nullafacenti. Per tutte le altre è una croce, croce multipla se i figli sono più di uno e frequentano scuole diverse, che, ciliegina sulla coppa gelato, decidono anche in modo autonomo i giorni di vacanza durante l’anno.

Margherita Oggero - “Orgoglio di classe” – Oscar Mondadori – pagg. 23, 24, 25, 26

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http://www.liberamentemagazine.org/Margherita Oggero.htm