Gli studenti, e anche qualche rettore,
denunciano l'inadeguatezza
"Fondi per gli atenei, così non va" Salvo Intravaia, la Repubblica 21.9.2009 "GLI ULTIMI saranno i primi", ma quando si tratta di ripartire i fondi agli atenei in base al merito "i primi saranno gli ultimi". E' quanto accade, secondo i ragazzi dell'Udu (l'Unione degli universitari), con la classifica diffusa dal ministro Gelmini lo scorso mese di luglio. In base alla lista pubblicata due mesi fa gli atenei più virtuosi sono quelli di Trento, che incrementa il Fondo di finanziamento ordinario del 12 per cento rispetto all'anno scorso, i due politecnici di Milano e Torino, seguiti dal piccolo ateneo di Siena. Ma gli studenti denunciano l'inadeguatezza del meccanismo di ripartizione delle risorse che penalizza gli atenei più grossi: La Sapienza di Roma in cima a tutti. E spiegano il perché. E negli ultimi giorni, a denunciare il criterio che avvantaggia gli atenei del Nord arrivano anche i rettori. Roberto Sani, rettore dell'università di Macerata, lo ha fatto pochissimi giorni fa presentanto alla stampa un dossier. "Che si propone - si legge nel dossier - come un convinto e doveroso atto di denuncia riguardo ad una procedura di valutazione del 'merito' nelle Università italiane che, tanto sotto il profilo formale, quanto, in particolare, dal punto di vista sostanziale, presenta gravi limiti e palesi incongruenze, tali da risultare un'iniziativa destinata non certo a far compiere un passo in avanti al sistema universitario e ad affermare al suo interno quell'autentica e quanto mai necessaria e urgente cultura della valutazione che noi per primi auspichiamo". Qualche settimana prima le lamentele arrivavano dai rettori degli atenei pugliesi che contestano duramente i tagli al Ffo. Ma di che cosa si tratta? I primi di gennaio il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, annuncia che per premiare gli atenei più virtuosi dal 2009 una quota del Fondo che il governo assegna agli atenei verrà ripartito in base al merito. Si tratta di circa 523 milioni di euro, pari al 7 per cento dei 7 miliardi e mezzo di euro assegnati ogni anno alle università italiane. Il 26 luglio scorso, il ministro rende nota la classifica con i primi e gli ultimi della classe, quasi tutti atenei del Sud. Ma non spiega come e perché i primi sono i più virtuosi e gli ultimi i più spendaccioni. Promettendo di pubblicare dati criteri e metodologie pochi giorni più tardi: il 29 luglio. Ma da allora non si è saputo più nulla. Soltanto i rettori e i direttori amministrativi degli atenei hanno avuto accesso ai numeri. Qualche giorno fa, gli studenti dell'Udu di Parma si sono messi di buona volontà e hanno rifatto i conteggi, secondo la stessa metodologia dettata dal ministero. Due agli aspetti sondati per assegnare le risorse: qualità della ricerca e della didattica. Nel primo caso si è tenuto conto delle valutazioni del Civr sulla qualità della ricerca in base a parametri internazionali, del numero dei ricercatori e dei docenti che hanno partecipato a progetti di ricerca italiani valutati positivamente e della capacità delle università di intercettare finanziamenti europei per la ricerca. La qualità della didattica è stata valutata in base: "Alla percentuale dei laureati che trovano lavoro a 3 anni dal conseguimento della laurea, alla capacità degli atenei di limitare il ricorso a contratti e docenti esterni evitando il proliferare di corsi ed insegnamenti non necessari e affidati a personale non di ruolo". E ancora: alla quantità di studenti che si iscrivono al secondo avendo fatto almeno i 2 terzi degli esami del primo anno e alla possibilità data agli studenti "di valutare attraverso un questionario la qualità della didattica e la soddisfazione per i corsi di laurea frequentati". I ragazzi dell'Udu, stilando la classifica degli atenei più virtuosi (in base al coefficiente Qt, la Qualità totale dell'ateneo) scoprono che l'università romana La Sapienza è al secondo posto, preceduta soltanto dall'ateneo di Bologna. Mentre nella lista presentata alla stampa si trova al 45° posto. A Bologna va un po' meglio prima nella lista elaborata dai ragazzi e al 18° posto nella classifica del ministero. "Qualcosa non funziona", si sono detti i ragazzi. Ecco perché. La quota ripartita in base al merito (il 7 per cento) è frutto di un eguale prelevamento sui singoli fondi degli atenei. La Sapienza, che ha un fondo di 577 milioni l'anno, deve così cedere quasi 40 milioni che poi, nonostante si trovi al secondo posto con un coefficiente di merito pari superiore a 6,4 non riesce a riprendersi. Ben diverso è il destini dell'ateneo di Trento, che cede appena 4 milioni ma poi ritrovandosi al 19° posto, con un coefficiente di merito di poco inferiore a 2, riesce a riprendersene ben 10. Ma allora, "chi viene premiato realmente e in base a quale merito", si chiedono gli studenti e non solo. Il meccanismo si inceppa perché le risorse assegnate in base al "merito" non sono aggiuntive ma quelle prelevate agli stessi atenei. I più grossi danno di più alla "cassa comune" (il fondo del 7 per cento) e non riescono anche riprenderseli neppure se sono al primo posto. |