La scuola dei precari

Pasquale Almirante, La Sicilia 6.9.2009

Non c'è un solo insegnante, dalla fondazione della repubblica, che non sia stato precario per qualche anno. E' la normale gavetta in attesa che lo Stato bandisca i concorsi o le abilitazioni per sanare periodi più o meno lunghi di supplenze. Stesso discorso per le presidenze, mentre i colleghi di religione venivano segnalati dalle Curie che potevano pure sostituirli per un motivo qualunque. Il culmine del precariato si toccò con l'obbligo della scolarità e il conseguente fabbisogno immediato di docenti a cui il ministero, sempre in mano alla Dc, rispondeva dilatando perennemente i tempi dell'immissione in ruolo. Se dunque un colpevole dell'attuale crisi c'è, questo è lo Stato che ha sfruttato allegramente i professori, lesinando però i concorsi ma promettendo sia una riforma sostanziale della scuola e sia nuove modalità di formazione e di reclutamento.

Che quest'andazzo fosse quantomeno pericoloso se ne sono accorti tutti i ministri (Moratti inclusa), ma nessuno ha preso provvedimenti seri. Chi vive di scuola sa che la soluzione più onorevole per il Governo e per i precari, da anni sfruttati e usati per tutte le evenienze, è quella elaborata da Prodi e Padoa Schioppa nella finanziaria 2007 che prevedeva un piano di 150mila assunzioni con la graduatoria a esaurimento, garantendo ai neolaureati l'accesso nella disponibilità del 50% dopo corsi-concorsi a numero chiuso. E' vero che la scuola non è un ammortizzatore sociale, come dice Gelmini, ma è ancora più vero che la promessa per un posto di lavoro stabile è venuta dallo Stato che, spergiuro, solo per limpida esigenza di cassa oggi sta tagliando posti e non già per migliorare l'offerta formativa. E ciò si può vedere sia dalla riforma della secondaria (solo riduzione di ore) e sia nella primaria dove nessun pedagogista, né nessuna prassi consolidata potranno mai confermare che il maestro unico dia migliori risultati del modulo di tre docenti. Tuttavia, come alcuni sindacati sostengono, ma pure il buon senso, per lenire questo gravissimo problema del precariato basterebbe che il Governo incentivi di due-tre anni i prepensionamenti e tolga il part-time. Darebbe respiro alle graduatorie, svecchierebbe la scuola, darebbe speranze a neo laureati, ma con l'impegno onorevolmente serio che a scuola si entra solo dopo il concorso e solo sull'effettivo fabbisogno.