GRUPPO DI FIRENZE

per la scuola del merito e della responsabilità

Giorgio Israel:
"Si cerca di fabricare in perfetta malafede
un capro espiatorio"

dal Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità,
16.9.2009.

Il professor Giorgio Israel è uno dei più incisivi e perseveranti sostenitori di una scuola seria, qualificata, rigorosa; l’unica, è bene ripeterlo e ripeterlo ancora, che serva a chi parte socialmente svantaggiato. Il facilismo scolastico è invece classista, perché da una scuola che dà e pretende poco escono attrezzati in modo adeguato solo i ragazzi che “partono bene”, come molti anche a sinistra (non tutti, però) hanno ormai capito.

Ebbene, nei giorni scorsi il professor Giorgio Israel è stato indicato su un blog come l’eminenza grigia delle leggi scolastiche di questo governo. Ma il fatto grave è che sia stato prima qualificato come “l’ebreo Israel” e poi accostato a Marco Biagi, in quanto anche lui “puparo” di una riforma, quella del lavoro, per cui le Brigate Rosse decisero di assassinarlo. Di questo attacco intimidatorio e antisemita Israel scrive oggi sul “Giornale”, cominciando col precisare che la commissione sulla formazione dei nuovi docenti da lui presieduta non c’entra un bel nulla con il problema del precariato, che semmai contribuirà a prevenire attraverso l’istituzione del numero programmato nell’accesso ai percorsi universitari che abiliteranno all’insegnamento.

Va anche di nuovo sottolineato, come abbiamo scritto nei giorni scorsi, che se la principale responsabilità dell’odissea dei precari ce l’hanno più o meno tutti i governi che si sono susseguiti negli ultimi decenni (interessi clientelari e scuola come ammortizzatore sociale) con l’evidente connivenza dei sindacati, una notevole influenza l’hanno avuta i gruppi politici e sindacali di estrema sinistra. Che riuscirono a imporre negli anni settanta i corsi abilitanti non selettivi, in cui quasi ovunque si evitò il sia pur minimo accertamento sulla preparazione disciplinare e metodologica dei docenti. E che successivamente continuarono a battere sul “diritto al lavoro”, contando sul perpetuarsi delle sanatorie e senza preoccuparsi delle conseguenze a lungo termine.