Ma mi faccia il piacere… di Cinzia Mion Educazione & Scuola, 15.9.2009 Ho letto con grande sconcerto, ed oserei dire con indignazione, una dichiarazione del ministro Gelmini, in una intervista sul Corriere della Sera dal titolo”Via dalla scuola i prof. Che fanno politica”.La frase che mi ha colpito è la seguente:”ci sono alcuni dirigenti e insegnanti che disattendono l’attuazione della riforma. Ad esempio vogliono mantenere il modulo anche se il modulo è stato abolito per il passaggio al maestro unico prevalente. Questo significa far politica a scuola e questo non è corretto. Se un insegnante vuol fare politica deve uscire dalla scuola e farsi eleggere…” Innanzitutto vorrei dire al Ministro che questa dichiarazione è molto grave perché è in contraddizione con la Legge sull’Autonomia delle scuole, che ha avuto riconoscimento e dignità costituzionale e che lo stesso ministro richiama in premessa in ogni atto legislativo da lei emanato da quando regge il Ministero dell’Istruzione. Questo significa che non ha approfondito le premesse oppure non ha colto il significato profondo della Legge stessa? Ricordiamo che l’autonomia organizzativa spetta alle singole scuole. Ricordiamo inoltre che: - la destinazione delle risorse spetta al potere centrale , sia nazionale che regionale, sulla base della legge finanziaria e dei suoi vari parametri rivisitati; ( la discrezionalità nella distribuzione delle stesse è un bel giallo che meriterebbe maggiore trasparenza e di questo nessuno parla. Infatti in alcune zone geografiche del Paese , vedi per esempio Milano, la scuola a tempo pieno ha mantenuto grosso modo l’organico inalterato comprese le compresenze, a Treviso invece, le scuole modulari insieme ai pochi tempi pieni sono stati massacrati,…) - l’utilizzazione delle risorse assegnate, ai fini di realizzare la migliore offerta formativa in rapporto alle competenze professionali delle risorse stesse, spetta ai dirigenti scolastici e ai rispettivi collegi dei docenti! Stigmatizzare i dirigenti scolastici che nell’organizzazione del loro lavoro tengono conto della necessità di impiegare le competenze maturate negli ultimi vent’anni da parte dei docenti che, dalla L.148 in poi, si sono specializzati in uno specifico ambito e per anni hanno insegnato approfondendo questo, mi sembra, questa sì una posizione ideologico-politica, condita da una pulsione autoritaria al comando e al controllo, un po’singolare in una giovane donna come la Gelmini. Bisognerebbe che conoscesse di più la scuola italiana prima di entrare a gamba tesa in questo modo, conoscere la scuola significa anche capire che la sua gestione è molto più delicata e complessa di un ministero militaresco, per cui gli ordini diventano immediatamente esecutivi. Fra l’altro le affermazioni suddette mi appaiono un triste autogol. Quanto era stato strombazzato dalle fonti governative e dalla stampa di regime che la riforma in questione rispondeva ad una taglio solo economico e che sull’onda di questa terribile necessità dovevamo far buon viso a cattivo gioco , accettando quegli esiti che in vario modo hanno originato le proteste? Proteste naturalmente e sistematicamente svalutate dal Ministro che rigidamente esclude dalla sua percezione qualsiasi stimolo che potrebbe farla interrogare sul suo operato. Il disegno invece è stato ideologico, dettato dal desiderio di rendere più malleabili e facilmente adattabili i ragazzi attraverso un solo punto di vista, attraverso pochi stimoli ad affrontare un pensiero più critico e riflessivo, per forza di cose sull’onda di un minor tempo disponibile e sulla inevitabile tuttologia del maestro unico-prevalente. Il pensiero sollecitato a scuola sarà perciò massicciamente riflettente il pensiero di altri e piuttosto lineare, in un’epoca però in cui il paradigma della complessità ( piaccia o non piaccia ai sostenitori delle scorciatoie e del pensiero sbrigativo e quasi sempre dogmatico) da vent’anni ha soppiantato quello della logica binaria del paradigma della linearità. La società docile che ha perso dissenso, come dice Nadia Urbinati, sarà garantita ancora di più. Tutto questo gabbato naturalmente per rigore e serietà e senza il diritto di applicare, da parte di quegli operatoti della scuola, che padroneggiano per fortuna determinate competenze professionalizzanti, le scelte autonome , frutto di una riflessione psicopedagogica. Ma mi faccia il piacere… |