Il rapporto OCSE«Progressi con la riforma». Gelmini: «Confermate le nostre valutazioni

La scuola italiana?
Costa troppo e non valorizza i più meritevoli

Giulia Alessandri, Il Messaggero 9.9.2009

ROMA - La scuola italiana è statica e poco meritocratica: i programmi sono ingessati (uno studente bravo in matematica, ad esempio, non ha nessuna possibilità di approfondire questa materia), le ore passate in classe sono un numero spropositato, oltre 8.000 tra elementari e medie, e i docenti sono troppi, mal pagati e poco motivati visto che, peraltro, che facciano bene o male, non sono sottoposti ad alcuna valutazione.

La pagella che l’Ocse ha consegnato ieri al nostro paese con l’edizione 2009 del rapporto sulla scuola (“Education at a glance”, i dati sono riferiti al 2007) registra molte insufficienze. Che vanno recuperate in fretta perché, come sottolineano gli autori dello studio, «bisogna investire nell’educazione per uscire dalla crisi». In verità non è che l’Italia spenda proprio poco per i propri studenti: il nostro paese sborsa in media 8.263 dollari all’anno per alunno, contro una media Ocse di 8.857. La spesa maggiore si verifica alle superiori (8.495 dollari contro una media Ocse di 8.000) e alla primaria (7.716 contro 6.437). Va un po’ peggio agli universitari: 5.268 dollari pro capite a fronte degli 8.455 medi dell’Ocse. Il problema è «come vengono spesi questi soldi», ha sottolineato il ministro Gelmini che, nei dati diffusi ieri, vede una conferma: «E’ indispensabile accelerare sulla via delle riforme per offrire ai nostri ragazzi una scuola di qualità».

A fronte della spesa sostenuta dallo Stato per studente, infatti, i risultati non si vedono: la scuola in Italia è rimasta vecchia e poco meritocratica. Tanto per cominciare gli alunni passano troppo tempo in classe: tra i 7 e i 14 anni si sta in aula per oltre 8.000 ore, solo il Cile ci supera. La media Ocse è di 6.862. Ma, dopo tutto questo studio, i risultati scarseggiano: i nostri quindicenni si piazzano malissimo nei test internazionali di scienze, matematica e letteratura. Peraltro i programmi in Italia sono poco flessibili, soprattutto alle medie dove non c’è spazio, sottolinea il rapporto, per materie non obbligatorie, per le inclinazioni, insomma, degli studenti.

Il programma è rigido: il 21% dell’orario è dedicato, tra i 12 ed i 14 anni, alle materie letterarie (il 16% è la media Ocse), il 13% alla matematica (in linea con gli altri paesi), il 9% alle scienze (siamo sotto il 16% medio), il 16% alle lingue straniere (la media è il 13%). Quanto ai docenti, secondo l’Ocse sono troppi (anche se da noi gli insegnanti di sostegno sono di più che in altri paesi). Nella scuola primaria ci sono 10,5 alunni per ogni insegnante (la media nei paesi membri è di 16), in quella secondaria di primo grado 10,2 (media Ocse 13,2). Nel complesso in Italia ci sono 156,4 addetti (tra docenti e non) ogni 1.000 studenti, contro, ad esempio, i 90,5 della Francia. Un dato che, per fortuna, garantisce classi poco affollate, almeno nella scuola pubblica. In quella privata, infatti, sia alle medie che alla primaria, nonostante le rette spesso salate le aule sono più affollate.

Ma i nostri docenti sono sottopagati e, per questo, poco motivati. Un insegnante della secondaria di primo grado, ad esempio, arriva al top del salario solo quando è prossimo alla pensione, dopo 30 anni di lavoro. In media, in Italia, solo dopo 15 anni di carriera si arrivano a prendere oltre 40mila dollari annui, contro gli oltre 60mila della Svizzera e i 50.000 della Germania. Come se non bastasse i docenti sono lasciati a se stessi: il 55% degli insegnanti non viene valutato da nessuno, nemmeno dalla propria scuola di appartenenza. Di carriera non se ne parla. Ma il ministro Gelmini vuole cambiare: «Non è più rinviabile - ha detto - l’introduzione di meccanismi che valutino il lavoro degli insegnanti». Anche all’università non mancano le pecche. L’Italia non piace agli stranieri: solo l’1,9% dei 3 milioni di ragazzi che hanno scelto un paese diverso dal proprio per studiare viene da noi. Il motivo? I corsi di inglese da noi si trovano con il contagocce, il titolo italiano risulta così meno appetitoso. Crescono, comunque, i laureati, tra il 2000 ed il 2007, per effetto della riforma sono “triplicati”, dice l’Ocse.