Alla democrazia ci pensa il Cavaliere, alla
religione ci pensa la ministra Gelmini.
Una divisione dei compiti in un lavoro comune: marciare divisi e
colpire uniti.
La questione è la stessa
Il voto di religione
Adriano Prosperi, la
Repubblica 13.10.2009
Alla democrazia ci pensa il Cavaliere,
alla religione ci pensa la ministra Gelmini. Una divisione dei
compiti in un lavoro comune: marciare divisi e colpire uniti. La
questione è la stessa. Non ci può essere un sistema di garanzia
democratica dei diritti individuali dove non c'è libertà di
religione. Norberto Bobbio ricordava spesso la passione con cui
Francesco Ruffini, lo studioso dei diritti di libertà, tornava sul
punto ricordando che storicamente e idealmente la libertà di
religione è stata la madre di tutte le libertà. Ma qualcuno penserà
che sia eccessivo allarmarsi per le intenzioni ribadite a ogni passo
dalla ministra e stavolta aggravate dall'intenzione, dichiarata ieri
all'VIII Giornata europea dei genitori e della scuola, di far presto
concorrere alla pari con gli altri voti anche il voto
sull'insegnamento della religione.
Si dirà che la libertà religiosa non è in pericolo nel nostro paese:
la Costituzione ha accolto e ribadito questo diritto, in Italia
accanto ai cattolici abbiamo anche noi i nostri protestanti,
insediati storicamente nelle valli alpine dove resistettero nei
secoli lontani agli eserciti sabaudi guidati da inquisitori e
predicatori gesuiti. E ci sono tante minoranze religiose non
cattoliche e non cristiane. Ma l'attacco alla libertà di religione
che sta minando passo dopo passo quelle affermazioni teoriche e
quelle eredità storiche conquistate dalle minoranze è aperto e
grave, svuota di contenuto il dettato costituzionale e impone in
materia uno stato di fatto che viola il diritto scritto e poggia
solo sulla prepotenza di un potere politico in cerca di favori
vaticani. Avviene insediando nella scuola pubblica, vera cittadella
della democrazia, una religione dominante insegnata al di fuori del
controllo pubblico da insegnanti a cui è richiesto solo il permesso
del vescovo. Religione dominante ed esclusiva di fatto: sia perché
manca la possibilità concreta di scegliere altri insegnamenti di
altre confessioni cristiane o di altre religioni sia perché
l'insegnante di cattolicesimo concorre alla formazione del giudizio
conclusivo sul rendimento scolastico e – come la ministra adesso si
impegna a garantire – disporrà di un vero voto di profitto, con lo
stesso peso dell'insegnante di matematica o di inglese.
Si tratta di un attacco portato nel cuore di quella scuola pubblica
alla quale hanno accesso tutti i cittadini italiani con tutte le
differenze culturali e ideali che si portano dietro. A loro, quale
che sia la loro base di partenza personale e familiare, quale che
sia la loro volontà di aprirsi nella scuola e grazie alla scuola
alla conoscenza del mondo, inclusi i grandi testi fondanti delle
religioni dell'umanità dalla Bibbia al Corano, da Confucio a Budda,
sarà impartita la visione cattolica del mondo da insegnanti
direttamente formati e controllati dalla gerarchia cattolica.
Insegnanti, si badi bene, che se perdono il permesso vescovile,
passano nel ruolo di docenti di filosofia. Filosofia a braccetto con
la religione, dunque, non più col marxismo come denunciava anni fa
una preoccupatissima Comunione e Liberazione. Certo, tra gli
studenti ci saranno quelli che si asterranno dalle lezioni. Alcuni,
una minoranza, rinunceranno eroicamente al voto aggiuntivo
dell'insegnante, che alzerà la media dei loro compagni. Ma, anche se
l'opportunismo delle famiglie e la corruttibilità di giovani ancora
incerti di se stessi non finiranno per avere la meglio, costoro
resteranno confinati nel vuoto di una negazione, saranno i "non
avvalenti", refrattari all'usignolo della Chiesa cattolica, ma
incuriositi e attirati da quei grandi discorsi sul mistero di Dio
che è in realtà il mistero che ogni uomo è per se stesso: e la loro
refrattarietà sarà sterile, genererà un'inquietudine che potrà un
giorno dare luogo a quella "conversione" che la sapienza secolare
della Chiesa si aspetta e dalla quale ha raccolto storicamente
grandi frutti, fin dai tempi di Sant'Agostino di Ippona. Ma lasciamo
che la Chiesa faccia i suoi calcoli e nutra le sue attese. Non è a
lei, storicamente avversa alla democrazia e ai diritti di libertà,
in lotta perenne col grande nemico, quell'Illuminismo definito
"turpe" e "torvo" da autorevoli ecclesiastici, che si rivolge il
pensiero del cittadino italiano ma allo stato: lo stato che svende i
diritti sacrosanti dei cittadini, primo fra tutti quello alla
libertà di coscienza e di religione, sul mercato dei consensi del
clero. È vero che questo diritto è stato riconosciuto solennemente
dai padri conciliari cattolici del Concilio Vaticano II. Ma quando i
concili si chiudono la parola torna alla Curia romana. E qui si ha
l'impressione che l'aria che tira nei conflitti religiosi del mondo
abbia riportato in auge un clima che sembrava tramontato. Viene in
mente quello che disse papa Pio XI a Mussolini nell'incontro dell'11
febbraio 1933, che sancì le intese sull'educazione cattolica degli
italiani: il totalitarismo fascista poteva andare d'accordo col
"totalitarismo cattolico"; al primo il governo dei corpi, al secondo
le anime. L'importante era affermare i principi di ordine, autorità,
disciplina, contro il pericolo di una ragione individuale libera di
decidere. Eppure c'è stata tanta storia dopo di allora. C'è stata
anche la crescita di un mondo cattolico italiano che si è mostrato
spesso all'altezza degli appuntamenti culturali e politici del mondo
moderno e ha contribuito fin dai tempi dell'assemblea costituente a
garantire il rispetto dei diritti di tutti – l'unico modo per
tutelare i deboli, le minoranze culturali e religiose e l'indifesa e
ancor molle coscienza di bambini e di giovani. È dunque a chi,
credente cattolico o diversamente credente, agnostico o ateo, crede
però nel diritto di ognuno a elaborare in libertà le sue scelte nel
contesto di un'offerta informativa e formativa libera e non
coartata, che si rivolge l'appello a non tollerare questa nuova
prepotenza, a non lasciar passare questo modo furbesco e prepotente
di offrire privilegi a una sola religione e chiesa da parte di una
classe di governo autoselezionata, in cambio dell'avallo di una
politica che continua a scoraggiare e impoverire le famiglie, a
colpire i dannati della terra, a strumentalizzare l'immagine e il
corpo femminile, a esaltare miti e a proporre etiche diametralmente
opposte a ogni autentica riflessione morale, religiosa o meno.