SCUOLA
Valditara (PdL): ecco come intervista a Giuseppe Valditara, il Sussidiario 14.10.2009
La ricetta del senatore Giuseppe
Valditara per dare un altro “colpo” alla sistemazione dei precari ha
un preciso ingrediente, il prepensionamento di circa 20.000 docenti.
Questo sarebbe a tutt’oggi il numero dei potenziale professori che
con l’abbuono di due anni di contributi figurativi potrebbe lasciare
le aule anzitempo. Valditara ha presentato da pochi giorni il
proprio emendamento alla finanziaria. Al sussidiario.net ha spiegato
i vantaggi che potrebbe recare allo Stato e ai precari questa sua
idea.
L’idea nasce da un dato di fatto
oggettivo, cioè l’esistenza di un consistente precariato che, al di là
degli ottimi provvedimenti del governo votati quest’anno per
fronteggiare una situazione contingente, ha diritto ad avere una
prospettiva di stabilizzazione. Non è immaginabile che docenti
iscritti alle graduatorie d’inserimento, per i quali ci fu l’impegno
di Fioroni e per i quali c’è stato l’impegno della Gelmini ad essere
assunti nell’arco di quattro o cinque anni, possano continuare a
vivere da precari. Consideriamo anche che si tratta di madri e padri
di famiglia o di persone che hanno comunque ampie necessità di
organizzare la propria vita con certezza.
Noi adesso dobbiamo far partire la vera
riforma della scuola, quella che era, voglio ricordare, già stata
avviata dal ministro Moratti nel famoso articolo 5 della legge 53 e
che consiste nella riorganizzazione del reclutamento. Le linee guida
che stanno emergendo, le intenzioni che sono state portate avanti, sia
nella proposta Aprea sia in quella del ministro Gelmini,
sostanzialmente riprendono e sviluppano le direzioni a suo tempo
intraprese dalla Moratti. Questa è la vera riforma. Però potremo
realizzarla solo quando avremo fortemente ridimensionato il precariato
attuale. Perché è evidente che se cambiamo i criteri di reclutamento
dobbiamo d’altra parte creare spazi affinché l’arrivo di nuovi giovani
docenti non confligga con l’esercito dei precari che stanno per essere
stati assunti. Quindi dobbiamo cercare di risolvere il problema del
precariato rapidamente non solo perché è una grande questione sociale
che crea malumori, tensioni, disamore all’interno del mondo della
scuola, ma anche perché è un problema di successo della nuova riforma
della scuola.
La mia proposta avrebbe un costo
limitatissimo. Stando agli esperti che ho coinvolto risulta che per i
primi diciotto mesi dalla sua attuazione lo Stato spenderebbe 4.700
euro per ogni posto che si viene a creare. Un costo complessivo di
circa 90 milioni di euro. Nella previsione ottimistica si potrebbero
liberare fino a 20.000 posti, ovviamente sono pronostici che si
possono elaborare solo in maniera molto approssimativa.
Se i nostri 20.000 docenti andassero in
pensione con l’anticipo di due anni riceverebbero pochi euro di meno
rispetto alla pensione regolare. Noi infatti riconosciamo loro
l’accredito figurativo ma non è che si percepisca la stessa identica
pensione a prescindere da due anni in più o in meno di lavoro. Con
questa minima differenza abbiamo però calcolato che alla fine del 2012
lo Stato ci guadagnerebbe, c’è infatti un ricavo netto per nulla
disprezzabile. Per il momento comunque ci sarebbe un guadagno netto
per il ministero della Pubblica Istruzione. La differenza infatti che
intercorre fra lo stipendio di un docente neoassunto e uno a fine
carriera è infatti di 800 euro circa.
Infatti. Oggi come oggi il ministero
della Pubblica Istruzione, se si desse il via a questa proposta,
avrebbe liberate diverse importanti risorse. Questo è un meccanismo
che in altri ambiti ha goduto di un’ottima popolarità. Voglio infatti
ricordare che il ministro Brunetta ha compiuto un’operazione non molto
diversa quando per quanto riguarda la pubblica amministrazione, e che
contemplava tra l’altro, insegnanti e ricercatori. Ha pensato di
calcolare nei quarant’anni di lavoro anche i quattro anni di riscatto
trascorsi all’università. La differenza è che nel caso dell’operazione
di Brunetta il pensionamento è obbligatorio, nella mia proposta invece
è facoltativo. Sono belle parole, ma avrei qualcosa da obiettare. In primo luogo la scuola italiana dispone di un personale docente che è fra i più vecchi di tutti i paesi occidentali. Inoltre, per quanto riguarda la questione del tutoraggio, dal momento che non si parla di un licenziamento, di un pensionamento coatto, è ovvio che se un insegnante ha passione per la scuola e quindi la voglia di fare il tutor è liberissimo di farlo. Noi in questo modo favoriamo l’ingresso di giovani che sono auspicabilmente selezionati in modo senz’altro più adeguato di un tempo, anche perché i precari insegnano comunque. In nessun caso vedo un peggioramento della qualità, semmai abbiamo la possibilità di aprire a nuove forme di reclutamento che dovrebbero finalmente portare una ventata di selezione meritocratica all’interno della scuola italiana.
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