La mini riforma spunta al senato, con un emendamento di maggioranza alla Finanziaria

Prepensionamenti per 50 mila

In due anni e su base volontaria. Per far posto ai giovani

di Alessandra Ricciardi, ItaliaOggi 20.10.2009

L'idea è di quelle che possono piacere a destra come a sinistra: dare una bella sforbiciata ai dipendenti pubblici a fine carriera, utilizzando l'arma del prepensionamento, così sbloccare il turn over e fare finalmente un po' di assunzioni di giovani. Potrebbe essere questa la vera riforma delle pensioni, riforma che il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, è tornato genericamente ad evocare qualche giorno fa e che il ministro del welfare, Maurizio Sacconi, aveva liquidato dicendo che di una nuova legge in materia non c'è bisogno. E potrebbe debuttare nella scuola, il settore più popoloso del pubblico impiego e quello nel quale più alto è il numero dei precari.

A lanciare il sasso è un emendamento di maggioranza che debutterà oggi in commissione bilancio al senato, dove è in discussione la Finanziaria 2010. E che ha tutta l'aria di puntare a non finire affossato nel mare magnum delle proposte parlamentari. Basta del resto leggerne le firme, una ventina: il primo proponente è Giuseppe Valditara, punto di riferimento per scuola e università del Pdl (in quota An), seguito a stretto giro da Mario Baldassarri, presidente della commissione finanze di Palazzo Madama. La proposta del prepensionamento potrebbe interessare una platea abbastanza ampia di insegnanti, circa 50 mila, tanti quanti nei prossimi due anni-la possibilità di uscire anticipatamente dal lavoro è infatti limitata - potranno sommare «un'anzianità contributiva pari o superiore ad anni trentaquattro e di una età pari o superiore ad anni 59, di una anzianità contributiva pari o superiore a trentacinque anni e di un'età pari o superiore a 58 anni, oppure in presenza di un'anzianità contributiva pari o superiore a trentasei anni e di un'età pari o superiore a 57 anni». Oppure, indipendentemente dall'età, avranno un requisito di anzianità contributiva pari o superiore a trentotto anni. L'uscita sarà su base volontaria e fino a concorrenza del fondo disponibile di 7 milioni di euro per il 2010, di 21 mln per il 2011 e di 14 milioni per il 2012. «Si tratta di un'operazione fattibile che non costa allo stato, o comunque costa molto poco», spiega a ItaliaOggi Valditara, «e che consente di raggiungere un doppio obiettivo: svecchiare le piante organiche e immettere in ruolo una parte dei precari. Se non risolviamo il precariato non si può parlare di riforma del reclutamento».

L'ipotesi di lavoro, su cui pesa il parere dei ministri dell'istruzione, del lavoro e soprattutto dell'economia, parte dal presupposto che non tutti i 50 mila potenziali prepensionati accetteranno l'idea e che alla fine potrebbero essere in 20 mila nel biennio 2010/2012 a dire sì, soprattutto le donne su cui pesa l'innalzamento dell'età pensionabile. Sul fronte dei precari (un rapporto della Uil scuola individua in 232.048 gli insegnanti in graduatoria in attesa della chiamata per un incarico o una supplenza), circa in 20 mila potrebbero perdere il contratto a tempo determinato nello stesso periodo a causa della riforma della scuola, accedendo così al sussidio di disoccupazione. Insomma, a conti fatti, tra i costi per gli ammortizzatori sociali e le minori spese per gli stipendi di fine carriera, potrebbero essere pensionati 20 mila insegnanti e assunti altrettanti. Con un costo per l'erario di pochi milioni per i primi due anni, che poi verrebbero riassorbiti. Il sasso è lanciato
 



Prevenire il licenziamento

Avverso il preavviso la prima e principale azione rimane quella giudiziaria da esercitare tramite un ricorso al giudice del lavoro chiedendo che il provvedimento venga dichiarato illegittimo. Una illegittimità che, secondo alcuni, deriverebbe dalla violazione sia dell'art. 4 del dpr n. 1092/1973 che dell'art. 509, comma 1, del decreto legislativo n. 297/1994 e, per i dirigenti scolastici, anche dell'art. 27 del contratto. Area V- dell'11 aprile 2006.

Niente riscatto

Altra iniziativa che sembra prendere corpo è quella di rinunciare o ritirare la domanda di riscatto dei titoli di studio e, in tutto o in parte, quella relativa alla fruizione dei benefici coperti da contribuzione figurativa( ad esempio i periodi di astensione obbligatoria per maternità al di fuori del rapporto di lavoro). Ritiro e rinunce che ridurrebbero l'anzianità contributiva eliminando in tal modo il presupposto per l'invio del preavviso e del conseguente licenziamento.

La posizione dell'Inpdap

Con una Faq del 30 novembre 2007, l'Istituto di previdenza ha comunque precisato che è possibile chiedere che il riscatto sia limitato a determinati periodi( ad esempio ad un anno anziché ai quattro del corso di laurea) purché la domanda venga presentata prima dell'accettazione del decreto.

Nella Faq viene anche ricordato che chi ha già iniziato a pagare le rate dell'onere di riscatto può, prima della cessazione dal servizio, chiedere la sospensione delle rate non ancora versate. In tal caso verrà considerato riscattato solo il periodo proporzionalmente pagato.

Con la nota operativa n. 48 del 17 dicembre 2008, l'istituto presieduto da Paolo Crescimbeni nel ricordare che gli interessati possono rinunciare agli effetti del provvedimento di riscatto anche dopo l'integrale pagamento del relativo onere, ma senza alcuna possibilità di chiedere la restituzione dell'onere già versato, ha chiaramente precisato che in tale caso l'anzianità contributiva maturata rimane, ai fini di cui al predetto art. 17, invariata.

L'inerzia dell'amministrazione

La domanda di riscatto dei periodi di studio (corso di laurea, di specializzazione, di dottorato di ricerca, etc.) può essere revocata senza alcuna penalizzazione prima dell'accettazione dello specifico decreto emesso dall'Inpdap. Una possibilità che però non tutti i 10 mila dipendenti scolastici che hanno maturato o stanno per maturare la massima anzianità contributiva potranno utilizzare.

Non potranno farlo quei dipendenti scolastici che hanno da tempo finito di pagare l'onere di riscatto in quanto in servizio in province nelle quali l'amministrazione scolastica ha con sollecitudine a suo tempo inviato le domande alla compente sede territoriale dell'Enpas, oggi Inpdap. Potranno, viceversa, farlo quanti non hanno ancora ricevuto alcuna comunicazione da parte dell'Istituto di previdenza perché il competente ufficio scolastico provinciale non ha ancora dato corso agli adempimenti richiesti dalla normativa rinviandoli, invece, al momento della presentazione della domanda di cessazione dal servizio dell'interessato.

Un esempio pratico

Le conseguenze di tali comportamenti sono quelle che si ricavano dal seguente esempio. I docenti A.C e Z.G. hanno entrambi 36 anni di servizio effettivo ed entrambi avevano nel 1975 presentato domanda di riscatto dei 4 anni del corso di laurea.

Nel 2010 A.C. avrà 40 anni di contribuzione per effetto dell'avvenuto accoglimento della sua domanda di riscatto della laurea e, pertanto, sarà tra coloro che potrebbero essere licenziati. Z.G potrà continuerà invece a farne valere solo 36 se rinuncerà al riscatto della laurea. Una rinuncia che gli sarà permessa non avendo ancora ricevuto dall'Inpdap la comunicazione dell'accettazione della sua domanda di riscatto.

Grazie alla tempestività dell' ufficio scolastico della sua provincia a porre in essere gli adempimenti di competenza, A.C. potrebbe essere licenziato. Z.G. potrà, invece, continuare a permanere in servizio perché l'ufficio scolastico provinciale al quale appartiene non ha ancora provveduto agli adempimenti di sua competenza.