Domande focali

di Marina Boscaino, Pavone Risorse 25.10.2009

"Elementi illuministici, preromantici e neoclassici nella poetica di Foscolo, attraverso alcuni esempi permutati dalle sue opere". III liceo classico: un'"utenza" – termine odioso! - media, con provenienze da tutte le condizioni economiche e culturali, a partire dalla piccolo-media borghesia in su. Sono ragazzi diversi l'uno dall'altro, c'è un po' di tutto. Ma in complesso si tratta di una classe piuttosto partecipe e interessata alla disciplina che insegno lì: letteratura italiana, appunto.

Sono simpatici. Sanno quando lo scherzo deve cessare. Rispettano le regole senza eccessive furberie, credono quasi tutti nel valore emancipante della cultura, alcuni sono molto curiosi. Sorridono, abbastanza cordialmente, quasi tutti. Sono gentili ed educati, quasi tutti. Eppure non c'è verso: anche loro - come ammaliati da un perfido pifferaio magico la cui musica si insinua nei loro pensieri – dimenticano che la traccia di un elaborato scritto, la domanda durante una verifica orale, rappresentano i limiti entro i quali muoversi per rispondere. Ed è così che troppo spesso mi sono ritrovata a leggere attacchi incerti e banali, Foscolo nasce a Zante e muore a Londra, la delusione del trattato di Campoformio, le lezioni pavesi, la sepoltura illacrimata, le Grazie e il classicismo. E dov'è il senso?

L'impressione è che il contatto con un contenuto preveda troppo spesso l'individuazione immediata - e non mediata dalla riflessione - di una parola chiave. Non LA parola chiave, non le parole-chiave che insieme forniscono il senso e il limite verso e entro i quali ci si deve muovere. Ma la sollecitazione più fulminea attraverso la percezione più repentina. Leggono Foscolo e non può che essere Foscolo la risposta, nato a Zante, deluso dal trattato di Campoformio. Sono davvero la generazione degli short messages – gli sms -, quelli della comunicazione sincopata ed ellittica -xké, tvtb, 10Q, XD, XP, cmq – della contrazione che mangia il tempo e con il tempo le parole e con le parole il senso. Sono letteralmente bersagliati da immagini che li invitano a preferire, a scegliere, ad acquistare il prima possibile per essere il prima possibile ciò che il mondo dimostra di volerli: consumatori rapidi e voraci, pronti a cogliere l'attimo, la seduzione. Soprattutto, consumatori acritici.

Davanti ai loro occhi va in scena uno spettacolo immondo, nei confronti del quale non hanno sviluppato anticorpi sufficienti: ci sono nati dentro. Il mondo dei pacchi che se sei fortunato ti fanno diventare milionario in un attimo, il mondo dei famosi, dei re per una notte, delle veline che diventano ministro e dei presidenti della Camera che diventano show girl. Il mondo di Patrizia D'Addario e delle altre al palazzo del sultano; e della ex moglie del sultano, improbabile icona, che stigmatizza il ciarpame televisivo i cui proventi decennali costituiscono una buona porzione della vita lussuosa dei tempi in cui non esternava il proprio scandalo e dell'assegno di mantenimento che oggi percepisce.

Non è mai stato così netto il divario tra l'energia, lo studio, l'impegno, la concentrazione che richiedono (anche dopo tanti anni di insegnamento) le lezioni e gli esiti in termini di risultati didattici. Credi di averli incantati, di averli convinti, di averli aiutati a capire. Qualche volta ci riesci e ne sei felice, felicissima: sono i frutti di una resistenza indefessa, sono il motivo per cui non dici ogni giorno di più "ma, in fondo, chi se ne frega". Sono i tuoi piccoli eroi personali, loro che in questo mondo loffio e truffaldino hanno ancora orecchie per ascoltare e la voglia di capire. Ma troppo spesso non accade. E quello che raccogli – il senso del tuo lavoro – è così contraddittorio rispetto a quegli sguardi che ti era sembrato di cogliere, a quel silenzio interessato che aveva accompagnato le tue parole. Al rispetto, alla considerazione, alla stima che pure avverti intorno a te.