Il valore dell'omertà Marcella Raiola, 5.11.2009 Un uomo che sa di essere condannato a morte da dieci anni, per uno "sgarro" al boss, aspetta per strada la sua ineludibile sorte. Un altro uomo esce da un negozio, tira fuori una pistola e lo ammazza con la precisione e la "professionalità" con cui un contabile rivede le somme a fine giornata. Persone scappano; persone oltrepassano il cadavere e corrono via; persone coprono gli occhi ai bambini e si ritirano spaventate. Tutti sono stati bollati come omertosi, "colpevoli", "complici"; tutti esposti al vilipendio del paese intero come inemendabili conniventi, come collusi con la mafia. E' colpa loro (nostra) se i mafiosi ammazzano arrogantemente per strada, a volto scoperto. Colpa della loro "assuefazione" alla violenza, di quella congrua quota di "bestialità" primitiva che loro, sporchi paracittadini asserviti e assistiti del Sud Italia, si portano addosso, nell'anima, facendo affondare il paese nella vergogna, appannandone l'immagine all'estero, nelle sedi internazionali del potere... Il colpo sparato alla nuca del pregiudicato è stato mandato in onda per sollecitare denunce, per avere il nome dell'assassino, un nome che la gente, secondo un curioso e assurdo calcolo investigativo "non può non conoscere" (io non conosco i nomi degli inquilini del condominio di fronte al mio né il loro stile di vita; se ci fosse un omicidio nello stabile, non saprei essere di nessun aiuto, senza per questo meritare di essere tacciata di omertà e di indifferenza alle altrui sorti!). Ma come è possibile che degli inquirenti, avendo a disposizione un video nel quale il killer si presenta a volto scoperto, abbiano bisogno di ulteriore aiuto per risolvere un caso? La messa in onda del video, al di là degli effetti civili, delle discussioni sicuramente necessarie ed opportune, piene di risvolti antropologici, culturali e etici che ha suscitato, a me è parsa, dal punto di vista investigativo, un'imbarazzante professione di totale incapacità.
Ma scusate: quanti
investigatori vorrebbero avere una prova simile? Come è possibile
che, avendo il volto del killer in primo piano in un video, un
commissario chieda aiuto alla popolazione per identificarlo? Io
resto basita! Mi viene il dubbio che il video sia stato trasmesso per altri motivi, che potrebbero essere nobili ma poco condivisibili o abietti e da rigettare con sdegno. Mi spiego: Napoli, come tutti avranno di certo capito a partire dalla stagione della "emergenza munnezza" (a Palermo c'è lo stesso problema da mesi ma nessuno ne sa nulla), ha ricevuto un copione da recitare, nella farsa messa in scena da questo e da altri precedenti governi: deve figurare come il collettore fognaceo dei mali morali e amministrativi d'Italia, in modo da rimandare ai cittadini "di serie A" l'idea che la "fetenzia", il malaffare, la violenza, si concentrino nella parte bassa del paese, la suola sporca dello stivale. Non solo. Napoli è chiamata a trovarsi o a fingere di trovarsi in un perenne stato di degrado e di abbandono, in modo da prestarsi a interventi evergetici e salvifici calati dall'alto, paternalisticamente e propagandisticamente, ogni qualvolta esigenze elettorali o cali di popolarità dei governanti lo pretendano. Se coloro che hanno "scelto" di mandare in onda il video (ammettendo la loro incapacità a risolvere un caso tanto semplice!) si sono piegati a questa esigenza e hanno divulgato il filmato con l'intento di radicare nel sentire comune la convinzione che a Napoli si assiste ad un omicidio per strada così come si mangia un trancio di pizza al volo, allora, nel riservare loro tutto il mio disprezzo, voglio dirgli che un solo gesto come quello del Cittadino che nel febbraio scorso, alla presenza di Napolitano, gridò: "Viva la Costituzione!" da un palco del San Carlo, quando Berlusconi, strumentalizzando disgustosamente il caso Englaro, minacciava di evellere la Nostra Carta, saprà riscattare Napoli in un istante, vanificando il loro vile proposito. Se, invece, il video è stato mandato in onda col pretesto della ricerca del colpevole, ma in realtà con l'obiettivo di mettere i napoletani allo specchio e di indurli alla riscossa, allora voglio dire loro che i napoletani onesti si specchiano spesso, e sputano, anche, spesso, sullo specchio che riflette la loro appannata e bolsa immagine, mentre quelli che hanno avuto ed hanno tuttora interesse a far prosperare la mafia, a foraggiarla e ad intrecciare sordidi patti con i suoi boss, al contrario, si specchiano solo negli specchi truccati, quelli che illudono un ranocchio d'esser principe azzurro. La soglia di sensibilità di un napoletano di fronte alla morte violenta non è inferiore a quella di qualsivoglia altro abitante di questo paese ipocrita, avvelenato dall'ignoranza crassa e dal semplicismo conseguente. Cosa ne sanno i commentatori, gli opinionisti, i giornalisti che riciclano pezzi d'annata sull' "omertà" degli "incivili" senza manco fare lo sforzo di contestualizzare il singolo episodio criminale, della scia che ogni omicidio o che un singolo omicidio lascia nell'anima e negli occhi di chi vi assiste? Non è NORMALE, per un napoletano, che si muoia per strada: è NORMALE per i mafiosi, che non coincidono con la generalità dei napoletani e che ci impongono l'orrore quotidiano con l'avallo di uno Stato latitante, che finanzia le ronde fasciste e lascia la polizia senza benzina, e di un sistema giudiziario farraginoso, che mette fuori i pluriomicidi per cavilli ed errori di una grossolanità stupefacente. Ci si chiede di parlare, di denunciare, di fare nomi e circostanze, esattamente come si chiede ai consumatori di non prendere la macchina per andare al lavoro (8 pubblicità su dieci invitano all'acquisto di automobili) o di fare la lavatrice alle 4 del mattino e con acqua fredda per salvare il mondo dal disastro ambientale, mentre agli industriali e ai grandi inquinatori, nei cui impianti non a norma muoiono, magari, decine di operai, non viene comminata manco una multa, e alle case produttrici di auto si dànno addirittura gli incentivi di Stato! La catena non si spezza se l'ultimo anello è allentato: si spezza se a non tenere è il primo anello, quello agganciato al supporto! Non si può chiedere a gente che conosce la ferocia e la sottile crudeltà dei boss (ti ammazzano, ti stuprano o ti sciolgono figli e fratelli nell'acido, non ammazzano mica te!) di testimoniare e di "parlare" per spirito civico. Se perfino uno come Saviano, in un momento di sconforto, si è dichiarato pentito di aver promosso, col suo libro, l'azione più decisa di contrasto alla mafia degli ultimi 30 anni, come si può pensare di pretendere dal cittadino semplice, non particolarmente eroico o intellettualizzato, un comportamento conforme alle istanze di una giustizia tanto ingiusta quanto astratta? Ultimamente è stata data, dal TG3 Regionale della Campania, la notizia che una madre e un figlio adolescente, casuali testimoni DENUNCIANTI di un omicidio avvenuto su una spiaggia campana, si sono dileguati nel nulla prima del processo. Questo vuol dire non solo che erano stati comunque raggiunti da minacce pesanti, ma anche che il controllo esercitato da chi avrebbe dovuto proteggerli ed evitarne la fuga è stato praticamente nullo! Io vorrei proprio sapere (qualche cronista giudiziario, forse potrebbe togliermi questa curiosità) quanti omicidi, da Roma in su, sono stati risolti grazie al determinante apporto di testimoni oculari, negli ultimi dieci o venti anni... A Napoli si muore per strada: al Nord si muore in case dalle pareti spesso sottili, ma nessuno parla di omertà nel caso delle donne massacrate che da mesi urlavano forte, così come nessuno ha parlato o parlerà di omertà nel caso del medico che ha avuto animo e coscienza di scrivere, sul referto ultimo del povero Stefano Cucchi, l'infame formula: "PRESUNTA MORTE NATURALE". Questo perché l'omertà DEVE essere abbinata e circoscritta alla sola Napoli e al suo violento hinterland. La parola stessa, per preciso calcolo politico, cui vengono talora incontro l'ottusità e l'inerzia sintagmatica dei giornalisti, deve essere pronunciata, rimessa in circolo, evocata solo per i crimini occorsi a Napoli e provincia, dove vive la gentaglia, dove vivono o da dove vengono qualunquisti come Saviano, come Aldo Masullo, come gli insegnanti di strada, come Santoro, come noi tutti, notoriamente avvezzi a sorbire pacatamente il nostro "café" mentre ci uccidono un uomo davanti agli occhi.
Marcella Raiola (ins. precaria, Napoli)
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