COMPITI A CASA. CONTRO
"Da mamma mi dispero Elena Loewenthal, La Stampa 20.11.2009 Sarà anche vero che nella vita non si smette mai di imparare. Ma calma: non è il caso di rimetterci la salute. Soprattutto a una certa età. Soprattutto quella dei nostri già fragili nervi, che non difettano mai di buone ragioni per irritarsi. E come se quelle già non bastassero, spesso ci si mettono anche i compiti. Non i nostri, che da bravi adulti dovremmo aver finito - o copiato - qualche decennio fa: quelli dei nostri figli in età scolare, a prescindere dall’ordine e grado frequentati. Perché i compiti a casa, per non parlare di quelli delle vacanze, sono uno spauracchio più per i disarmati (e ormai smemorati) genitori, che per gli scolarizzati destinatari del messaggio dettato sul diario. Quando vengono impartiti, poco o niente si pensa a come, quando e perché il bersaglio verrà a centrato: fra una grattata e l’altra di formaggio sulla pastasciutta di mezzogiorno, nel magico momento in cui, dopo una sfiancante giornata di lavoro, si porge il cappotto verso l'attaccapanni dell'ingresso, nel preciso istante in cui le gambe indolenzite si posano sul tavolino del soggiorno mentre inizia il film cult. «Mamma, papà, devo fare i compiti». «Porta il quaderno», è solitamente la rassegnata, per quanto rabbiosa replica di un copione che tutti noi genitori sappiamo già scritto, inesorabile come un patibolo.
Perché fare i compiti con i figli è faticosissimo. Che stiano alle
elementari, alle prese con pensierini e tabelline (ma quando tocca
alla geografia, son ceci). Che siano nell'ultimo scorcio di
scolarità, fra un Foscolo qui e un coseno là. Noi genitori non
possiamo permetterci di fare la figura degli incompetenti, ma
nemmeno di decostruire, fra un’imprecazione e l’altra, la figura
dell’insegnante che, in quanto a conservazione dell’autorevolezza,
ha già le sue gatte da pelare.
Non ci resta dunque che constatare, il più delle volte in silenzio,
l’inopportuna assegnazione di pagine e pagine, esercizi ed esercizi
che ci portano via il poco tempo da passare con i nostri figli. A
volte, prima di mettersi(ci) all’opera, si tratta di decodificare
l'astrusa consegna. A volte, la mole assegnata è esorbitante -
soprattutto calcolando i lunghi tempi già trascorsi sui banchi. In
parole povere, per gran parte dei genitori italiani, i compiti a
casa (e peggio ancora le svalangate di quelli per le vacanze), sono
una minaccia, un’ossessione. Destano anche un sospetto. Una
legittima insinuazione: e cioè che a scuola si assegnino i compiti
per «scaricare» la materia. Per svolgere quel che non s’è fatto in
classe, liquidando la faccenda con un «questo fatevelo a casa».
Fatevelo? Facciamovelo…
Senza contare che questi «compiti» hanno spesso poco o nulla a che
vedere con lo studio vero e proprio: quasi mai gli insegnanti
impartiscono il semplice ordine di studiare e basta. Bisogna sempre
rispondere, schematizzare, costruire. Mentre quello di una volta,
l’esercizio alla concentrazione a tu per tu con un libro, una
materia, una disciplina da far propria, sì che era una scuola di
vita. Per figli e genitori. |