Bankitalia: «Investire in titoli di studio
rende il 9%, meglio di Bot e azioni»
Il Messaggero,
7.11.2009
ROMA (7 novembre) - I titoli migliori su cui investire per ottenere
rendimenti soddisfacenti non sono azioni e obbligazioni: sono titoli
di studio. Diplomi, lauree e master rendono di più, almeno secondo
quanto emerge da uno studio realizzato dagli economisti Federico
Cingano e Piero Cipollone per Bankitalia. Senza contare che il
rendimento è estremamente buono anche se si prendono in
considerazione i ritorni per lo Stato e, in particolare, per il
fisco.
Dati che il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, commenta
così: «Il modo migliore per rispondere alla crisi è prendere atto
che siamo nella società della conoscenza, e dunque occorre
attrezzarsi, perché sicuramente l'istruzione è l'investimento che a
medio termine dà i maggiori risultati».
I rendimenti medi. «L'istruzione
è un investimento molto redditizio dal punto di vista individuale»
si legge nel paper di Bankitalia. Il rendimento medio privato di un
anno di istruzione è infatti dell'8,9%, e varia tra l'8,4% e il 9,1%
nelle diverse macro-regioni: studiare rende di più, in termini di
ritorno economico, al Sud (9%-9,1%) e per le donne (9,4%). Un
rendimento stellare se paragonato ad altre forme di investimento:
nel periodo 1950-2000, ricorda lo studio di Bankitalia, la media
annuale del rendimento reale lordo di un investimento azionario era
del 5,2%, la media del rendimento dei titoli non azionari (dai Bot
ai bond societari) dell'1,9% e quello del portafoglio di un
investitore "tipo" del 3,6%.
Le chance per il lavoro. Secondo
gli esperti di Palazzo Koch, investire in educazione (il capitale
iniziale è dato dalle tasse, dai libri di testo, dai mancati
guadagni, ecc) frutta il 9,7% per quanto riguarda gli studi
superiori (diplomi), con picchi del 10,2% nel Mezzogiorno, e il
10,3% per gli studi universitari (12,3% al Sud, contro l'8,3% al
Nord Ovest). Un rendimento calcolato non solo sulla base delle
differenze di stipendio tra chi ha studiato di più e chi ha studiato
di meno. Ma anche sulle maggiori possibilità di trovare lavoro.
Senza tener conto di altri vantaggi per i più istruiti, che emergono
spulciando le pagine della ricerca.
Vantaggi collaterali. Alcuni di
questi vantaggi, citati dagli esperti di Bankitalia, sono piuttosto
curiosi: un anno in più di studio riduce la possibilità di essere in
cattiva salute di un valore pari al 4% in meno rispetto alla media.
Chi ha il diploma, inoltre, si è garantito studiando lo 0,2% di
possibilità in meno di morire nell'arco temporale di 10 anni.
Il guadagno sociale. Le cifre
sono altrettanto buone, e forse ancora più interessanti, se si
prende in considerazione il ritorno sociale dell'investimento,
ovvero quanto rende uno stanziamento di soldi pubblici nel capitolo
"istruzione". Secondo i calcoli di Bankitalia il ritorno sociale
degli investimenti in capitale umano è del 7% circa. Anche in questo
caso, il rendimento è più alto al Sud (circa 8%), dove è forse
addirittura «superiore a quello derivante dall'investimento in
infrastrutture», sottolineano gli esperti di Bankitalia. Insomma,
spendere in personale formato e istruito rende di più che mettere
soldi nella realizzazione di ponti e strade.
Il tornaconto dello Stato. Se si
considerano infine i "rendimenti fiscali" dell'istruzione, ovvero il
rendimento per lo Stato ottenuto confrontando l'ammontare di spesa
pubblica necessaria a incrementare il livello di istruzione con i
benefici che vengono dal maggior gettito fiscale e dai minori costi
per l'assistenza sociale ai disoccupati, allora la convenienza di
ogni euro investito in cultura balza ancor di più agli occhi: il
rendimento è tra il 3,9 e il 4,8% in caso di co-finanziamento, e
solo lievemente inferiore nel caso in cui «la spesa gravasse
interamente sul bilancio pubblico». Meglio di un investimento.