Chi studia e chi truffa

Concita De Gregorio, l'Unità 13.11.2009

Non ci sono parole più appropriate di quelle di Anna Finocchiaro per definire lo spettacolo che si è visto ieri in approvazione, al Senato, della legge Finanziaria: il frenetico immobilismo delle comiche in bianco e nero dove tutto si muove poi resta identico a prima. Il governo ha detto no a tutti i provvedimenti che parlavano ai bisogni: la cedolare secca sugli affitti, il credito di imposta, la ricerca, il taglio dell' Irap, il fisco per le famiglie, il lavoro, il Mezzogiorno. Cito dal suo discorso: «C'è poi l'illusionismo dello stanziamento di 100 milioni di euro per la sicurezza-difesa che sono stati prelevati da un fondo che era già destinato a tale scopo. Se anche fossero soldi veri sarebbe comunque talmente ampio il divario tra i tagli e le risorse messe a disposizione che viene di dire: smettano le penne del pavone di fronte ai risultati eccellenti nella lotta per la legalità e contro le mafie. Perché infatti quei risultati forse sono dovuti proprio all'impegno delle Forze dell'Ordine alle quali non vengono pagati gli straordinari a quello dei magistrati che vengono quotidianamente insultati dal premier». Di taglio delle tasse non c'è traccia. Non solo l'Irap come era stato promesso, anche l'Irpef: gli italiani non pagheranno adesso una frazione dell'acconto ma tutti i soldi saranno dovuti in saldo. I beni confiscati alla mafia non potranno più essere usati dalle associazioni come Libera: saranno venduti per fare cassa. Nel suo insieme: uno scippo. Ai danni della nostra sicurezza, del nostro futuro. Intanto il ddl Gasparri-Quagliariello manda al macero centinaia di processi a tutela dei cittadini per difenderne uno solo. In rete è partito un tam tam formidabile per fare della manifestazione del 5 dicembre l'occasione per dire basta alla giustizia su misura. Trecentomila adesioni e mancano tre settimane. Non basterà la piazza a fermare tutto questo, certo. Non basterà la sinistra da sola. È però possibile che poco a poco anche chi ha dato la sua fiducia a questa maggioranza si renda conto della truffa: sarà quando ne pagheranno le spese di persona, probabimente. Sulla loro pelle, su quella dei figli.

4200 giovani ricercatori precari avrebbero dovuto essere assunti con gli 80 milioni di euro cancellati con un tratto di penna. Il ministro Gelmini, il ministro Tremonti, il presidente del Consiglio hanno idea di che cosa voglia dire negare la dignità di un posto di lavoro a chi ha investito nel sapere? I quarantenni li abbiamo già persi. Adesso sono i trentenni a dover espatriare. O cambiare prospettiva, certo. Leggete la lettera che ci ha inviato ieri Saverio Guazzetti, impiegato. «Ho due figli ricercatori precari, un maschio e una femmina. Lui in ingegneria, lei in neuroscienze. Io avrei voluto che si procurassero da vivere prima e con un lavoro qualsiasi, mia moglie gli ha dato sempre ragione, ha insistito perché studiassero, non devono fare la nostra vita, diceva. Erano bravi, del resto. Il maschio lavora da 8 anni con assegni a singhiozzo. Non si possono raccontare i sacrifici che abbiamo fatto però mi domando: anche la scuola ha speso per loro, abbiamo tutti buttato i nostri soldi? Le veline, i trans, i truffatori, la cocaina. Forse dovevamo mandarli a lavorare in tv».