Le nuove mamme e La politica

Il ministro diventa mamma
L’Avvenire: «Pensi al bimbo»

«Si goda i giorni più belli». Ma lei insiste: «Subito al lavoro»

Gianna Fregonara, Il Corriere della Sera 13.11.2009

ROMA — «Neppure un giorno a casa» per la maternità, aveva annunciato, determinata, l’altroieri al Corriere il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, confermando le sue scadenze e le sue proposte di riforma. «Non si perda le ore più belle», le ha scritto ieri su Avvenire Marina Corradi, in un fondo è che una lettera aperta al ministro e alle mamme lavoratrici: «È un privilegio in questi tempi di precariato potersi concedere di fermarsi per un figlio», e «ti avranno detto: un figlio che fatica... ma te ne innamorerai pazzamente, non perdere i primi giorni di un grande amore» perché «il lavoro è importante ma non lo è tanto da rinunciare ai primi mesi con tuo figlio che sono tuoi e ti appartengono...tutto di fronte a lui può attendere».

Una lettera «bella e poetica » per la Gelmini, che però non ci ripensa: «Ho una grande responsabilità che mi è stata affidata da Berlusconi, c’è aspettativa nel Paese per il rinnovamento della scuola e dell’Università, il mio bambino che è altrettanto importante del mio lavoro, non toglierà spazio al mio impegno con il Paese».Non è lei la prima ministra italiana che aspetta un figlio. Successe a Giovanna Melandri di entrare al governo poco dopo la nascita della figlia e a Stefania Prestigiacomo. Che si concesse un paio di mesi di pseudo-maternità, affidandosi ai suoi collaboratori e ai telefonini, prima di rientrare a pieno ritmo portandosi il figlio nella nursery allestita al ministero.

Le parole di Avvenire hanno colpito anche Mara Carfagna, ministro delle Pari opportunità: «Le trovo giuste, e molto dolci, ci ricordano di quanto sia importante e prezioso il dono della maternità. Ma so altrettanto bene che ogni donna è diversa da un’altra e lo stesso vale per l’approccio alla maternità. Io, peraltro, penso che la scelta di continuare a lavorare fino all’ultimo giorno possibile, non significhi necessariamente trascurare il proprio piccolo: si tratta, semplicemente, di costruire un equilibrio — difficile, ma non impossibile — tra famiglia e lavoro».

Stefania Craxi, sottosegretario agli Esteri e mamma di tre figli ormai grandi, la pensa invece come la Corradi: «Non è vero che basta la qualità del tempo di una mamma per i suoi figli. I bambini piccoli hanno bisogno della loro mamma e ci sono donne, precarie, che non se lo possono permettere. Io sono rimasta a casa fino ai tre anni dei miei figli: ho potuto farlo e non ne sono pentita. Anzi». Certo, la carriera ne risente, ma «nella vita si fanno delle scelte, e un figlio è una scelta importante che merita una riflessione accurata ». E poi non è per sempre che «si fa un passo indietro ». Anche Eugenia Roccella, che a vent’anni era leader del Movimento di liberazione della donna e a trentacinque «una mamma qualunque», di due figli, ma a cinquantacinque sottosegretario alla Salute: «Ho fatto per anni la flessibilità fai-da-te, accettando lavori a termine, contratti che mi lasciassero a casa il più possibile: ho scritto sceneggiature di gialli e fotoromanzi, ma volevo rimanere a casa anche a costo di guadagnare poco e di marginalizzarmi nella carriera». Oggi, pensando alla Gelmini, rispetta tutte le scelte «responsabili» ma resta colpita, un po’ come la Corradi, dal fatto che ancora la maternità «possa essere considerata un ostacolo e non un fatto sociale, che si debba sentire il bisogno di dimostrare che un figlio non è un problema per la vita pubblica di una donna».