Brunetta ha ideato la legge che finalmente lo mette fuorilegge.
E' la legge «che imporrà la cortesia e la gentilezza a tutti i dipendenti pubblici»

Il ministro della scortesia

 la Repubblica 30.11.2009

Brunetta ha ideato la legge che finalmente lo mette fuorilegge. è la legge «che imporrà la cortesia e la gentilezza a tutti i dipendenti pubblici», ha spiegato ieri in televisione il ministro più scortese d'Italia. E tutti abbiamo pensato che Brunetta avrebbe aggiunto: «Ovviamente, a partire da me». Nessuno più di lui ha infatti bisogno di una proibizione e di una sanzione per essere educato. Insomma a noi ci sembrerebbe giusto che Brunetta fosse punito quando dice che «i pubblici impiegati sono fannulloni», «i poliziotti panzoni», «l'associazione magistrati è un mostro», «Roberto Rossellini era fascista» ? Non è che vogliamo pene severe, per carità.

Ci basterebbe che per ogni oltraggio, per ogni eccesso e per ogni volgarità al ministro fosse imposto, come nelle buone scuole di un tempo, di scrivere un proponimento sul quaderno degli asini. Per cinquecento volte: «Non dichiarerò mai più che i registi sono parassiti». Per mille volte: «Non dirò più che la sinistra deve andare a morire ammazzata». Per mille e cinquecento volte: «Non farò più il fantuttone assatanato».

A prima vista dunque proprio Brunetta è la prova che quando non bastano il buon gusto, l'educazione e la decenza, allora ci vogliono regole di polizia. «Si punisce chi sputa per terra» affissero sul muro Totò e Peppino nel ruolo degli impiegati in mezze maniche Colabona e Guardalavecchia per reprimere quell'Italia che ancora sputava per terra. Certo, si poteva e si doveva imporre il decoro nelle anticamere degli uffici pubblici ma nessun cartello, nessuna ammenda, nessuna multa avrebbero potuto costringere quegli italiani, indigenti e affamati, ad esibire il buonumore sociale. La povertà non ha buone maniere.

E l'Italia di oggi? Basta pensarci un attimo per rendersi conto che non esiste legge né corte marziale che d'imperio possano riempire gli uffici pubblici e ovviamente anche il Parlamento e il governo di affabilità, di cortesia, di buona educazione, di ironia e magari anche di allegria. Allo stesso modo è sbagliato farsi illusioni su Brunetta: non c'è sanzione che potrebbe educarlo, non c'è divieto che possa fermare la sua escalation, il suo odio, il suo bisogno di risarcimento, la sua voglia di offendere quelli che dovrebbe invece governare. «Lo so - disse compiaciuto a Gente nel settembre del 2008 - sono un ministro che per natura ha il vaffa facile». E va bene che Brunetta incarna il paradosso psicoanalitico del riconoscersi per disconoscersi, del colpire negli altri quel che coltiva in se stesso, ma il malessere degli uomini non si sanziona per legge.

Si può punire l'inefficienza o la lentezza di un impiegato ma non gli si può impedire di covare frustrazione, di coltivare disagi, di alimentare dentro di sé i suoi dolenti fantasmi né di avere carattere, di essere cioè "caratteriale" nella forma ma di grande solidarietà e di instancabile capacità di lavoro nella sostanza.

E si può denunziare e anche sbeffeggiare la scoperta e fragile aggressività di un ministro irrisolto, la volgarità delle sue sparate e delle sue passioni sempre accese, i suoi preparativi di guerra in perenne allestimento, il suo tifo politico sempre armato, ma nessun poliziotto di nessuna Buoncostume potrà arrestare il suo cattivo umore.

Solo nell'idea fantozziana di lavoro il dipendente infelice deve mostrarsi lieto, deve sorridere, deve fingere di essere gentile, deve esibire come espiazione e rieducazione la sua cortesia posticcia: «Com'è umano lei» dice Fantozzi al Brunetta che lo tormenta. Ma nessun sorriso può surrogare la mancanza di efficienza e truccare il lavoro. Fantozzi ogni tanto aveva bisogno di correre lontano per liberarsi con un urlo. Brunetta invece corre in televisione e libera il suo oltranzismo ideologico con una bella scarica di insulti agli italiani.