COMPITI A CASA. PRO

"Da prof vi dico:
allora aboliamo anche la scuola"

Paola Mastrocola, La Stampa 20.11.2009

Da sempre la scuola funziona così: al mattino ascolti le lezioni e prendi appunti, e al pomeriggio ti chiudi in camera tua e fai i compiti, che poi vuol dire: studiare e svolgere gli esercizi. Un vero supplizio. Un tempo, tipo quarant’anni fa, poteva anche avere un senso: alla tivù c’erano solo due canali e i programmi del pomeriggio duravano solo un’oretta, più o meno dalle cinque alle sei; i centri commerciali, dove andare a vagolare per ore ciondolando da un negozio all'altro con gli amici, non esistevano.

Gli animatori maghi giocolieri non c’erano e quindi le mamme non organizzavano megafeste di compleanno per i loro pargoli a cui invitare quaranta bambini urlanti; fare corsi di aikido,pallacanestro, tiro con l’arco, giapponese, cucina indiana non usava; lo snowboard non era ancora stato inventato e quindi i ragazzi non si buttavano per tutta la domenica da cime innevate tornando alle due di notte pieni di birra (a proposito: non esistevano neanche le notti bianche e quindi non veniva in mente a nessuno di passare la notte in mezzo a una piazza del centro scolandosi dieci bottigliette di birra). Ma soprattutto non erano ancora nati: il computer, il gameboy, l'iPod, il nintendo, la microbar detta anche «macchinetta», la playstation, il cellulare, xfactor, internet, twitter, facebook, youtube e il grandefratello.

Poveri noi

Quindi, cosa potevano mai fare i poveri ragazzi di quarant’anni fa, come potevano mai passare il tempo, impegnare la mente e il corpo, dove andavano nel pomeriggio, cosa s'inventavano, se non di stare chiusi in casa a leggere, studiare e fare i compiti?

I compiti sono stati per noi che oggi abbiamo cinquant’anni, diciamocelo, il nostro unico passatempo. Se no, ci saremmo sparati. Vivevamo in un mondo così povero e vuoto. Niente caos, rumori, clacson, impegni, stage. Nemmeno un piccolo corso di orientamento o un convegnino sul multiculturalismo. Una vita piatta e scialba. Avevamo solo i libri (e il lego e l’idrolitina…), poveri noi! Certo che leggevamo come matti e guai a chi ci distoglieva! Certo che sgobbavamo chini sui quaderni a finire la versione, fare le equazioni e scrivere in bella la parafrasi di un canto di Dante. Lo facevamo perché non avevamo niente dalla vita, niente!

Ma oggi… Come si fa a riempire ancora di compiti i ragazzi? Quale mente antiquata e perversa può ancora pensare che siano utili? Utili a cosa, poi, a imparare latino e greco, a usare la logica argomentativa, a saper scrivere, e magari anche a capire un romanzo dei primi del 900, come quell’astruso, ostico, incomprensibile e assolutamente inutile Pirandello (che infatti nessuno dei giovani d’oggi capisce più, e che tutti giustamente si rifiutano di leggere)?

Ma via, cerchiamo di essere moderni! Cerchiamo di stare al passo coi tempi e di essere meno bacchettoni reazionari! Basta con questi benedetti compiti, che rovinano la vita a tutti: ai giovani, ai quali tolgono la libertà beata di non fare nulla dal mattino alla sera; alle madri e alle nonne, che devono farli al posto loro sobbarcandosi pagine e pagine da studiare invece di fare shopping con le amiche; agli insegnanti che, masochisti come sono, passano le notti a correggerli, umiliando poi con uno squallido voto i poveri studenti, costretti per la frustrazione ad andare dallo psicologo o riempirsi di psicofarmaci!

La soluzione finale

Benedetto il Canada! Quello sì che è un paese civile, con tribunali lungimiranti. Come mi piacerebbe che l’Italia seguisse l’esempio e liberasse i giovani dal cappio dei compiti a casa! Anzi, direi di più: oggi la scuola stessa è diventata un fardello intollerabile; diciamoci le cose come stanno, ci disturba, ci ingombra inutilmente la vita, opponendosi alla nostra felicità e al nostro sacrosanto diritto di divertirci! E basta, facciamola finita una buona volta, siamo coraggiosi e andiamo fino in fondo: aboliamo la scuola.