La nuova sfida del ministro Brunetta:
"Ora scuole e ospedali con le stellette"

"Il cittadino potrà scegliere on line i servizi migliori.
E se gli andrà male promuoverò le class action". L'obiettivo?
"Fare della Pa sistema di efficienza, trasparenza e meritocrazia migliore della Ferrari"

 Quotidiano.net, 28.3.2009

FIRENZE, 28 marzo 2009 - «VEDE COSA TENGO qui sulla mia scrivania? Sì, è il modello della Ferrari che ha vinto l’ultimo mondiale di Formula Uno. La Ferrari è un esempio di eccellenza italiana riconosciuto come tale in tutto il mondo: ecco, il mio obiettivo è fare della pubblica amministrazione un sistema di efficienza, trasparenza e meritocrazia in grado di superare anche la Ferrari».

Renato Brunetta, prima di immergersi nei lavori dello storico congresso costitutivo del Pdl, si gode gli ultimi sondaggi sul livello di gradimento del governo Berlusconi che lo segnalano in testa a tutti i ministri con percentuali ‘bulgare’ a un passo dal 60%. Sa di avere il vento in poppa e tira diritto sulla strada di quella che non ha torto a definire la più grande rivoluzione culturale del Paese: l’introduzione del valore del merito nella testa e nella pancia di un’organizzazione statale costruita su familismo e raccomandazione e che, di conseguenza, ha i più bassi standard occidentali (e non solo) di servizio al cittadino.

Ministro, con l’introduzione dell’ultima novità, gli «emoticon», ovvero le faccette verdi, gialle e rosse che indicano il livello di soddisfazione del cittadino rispetto alla risposta ottenuta da un pubblico servizio, viene facile la battuta: non è che ne sta inventando di tutti i colori pur di stupire?

«Guardi che non ho bisogno di stupire proprio nessuno, ho già abbastanza gente contro. Ma non ho dubbi nel sapere che ho dalla mia i sessanta milioni di italiani che pretendono di diventare clienti e non servi maltrattati e vessati della pubblica amministrazione. E, tra loro, anche gli oltre tre milioni e mezzo di dipendenti statali che, quando escono dall’ufficio, si scontrano con lo stesso ‘mostro’ e non ne possono più».

Come sta procedendo il progetto delle ‘reti amiche’?

«Oltre, ovviamente, a tutti gli uffici pubblici e alle Poste, ogni giorno aumentano le adesioni a un sistema di reti alternative da parte di intere categorie: tabaccai, farmacisti, banche, stazioni, notai. E tra poco toccherà alle aziende private. In ogni luogo incrociato quotidianamente dalla vita di una persona ci sarà uno sportello automatico per sbrigare le pratiche del rinnovo di una patente o di un passaporto, per ottenere un qualsiasi atto che altrimenti richiederebbe costi non più sopportabili — soprattutto ora in tempi di crisi — in permessi, perdite di tempo e di denaro. E poi c’è ‘Linea amica’ che mi sta particolarmente a cuore per il successo che già evidenzia nelle prime settimane di sperimentazione».

In che misura?

«La progressiva unificazione in una sola modalità di collegamento diretto di tutti i numeri verdi e centralini fino a ieri scollegati tra loro, sta migliorando verticalmente la soddisfazione del cittadino. Sono quasi cinquecentomila contatti al giorno che ci consentono non solo di dare risposte certe in tempi misurabili, ma anche l’individuazione, attraverso il sistema delle ‘faccette’ di gradimento, delle responsabilità di gestione della pratica che così hanno un nome e un cognome».

Nel bene e nel male?

«Certo, nel bene e nel male: perché con questo ‘assedio virtuoso’ alla pubblica amministrazione dobbiamo arrivare a stabilire standard di efficienza che inaugurino la stagione della meritocrazia selettiva. Così da aprire la porta alla nuova legge premiale che dovrà farla finita con la buffonata dei premi a pioggia che costano tanto e non contentano nessuno perché alla fine sono pochi spiccioli».

Ci faccia un esempio di applicazione di questa nuova legge.

«Glielo faccio subito: prenda i dati di recupero dell’assenteismo. Solo nella scuola siamo nell’ordine del 45% che, tradotto in soldoni, vuol dire un risparmio in supplenze di 300 milioni di euro. Ecco, prendo questi 300 milioni, che sono tanti, e li distribuisco solo ai più bravi, a chi merita davvero perché mantiene o supera lo standard di efficienza. Le società meritocratiche, non a caso più moderne e avanzate, fanno così e innescano un processo di emulazione che conduce a risultati straordinari».

Già, ma il sindacato teme un uso discrezionale dei dati da parte di dirigenti, come dire?, sensibili alla raccomandazione politica e si torna punto e daccapo.

«Cattiva politica e cattivo sindacato hanno prodotto un ‘mostro’. E so di averli contro, ma voglio eliminare i privilegi dell’una e dell’altro, sapendo di avere come alleati gli italiani. Ho già ridotto tutti i distacchi sindacali del 15%, altrettanto faremo nei prossimi due anni e pubblicheremo comunque tutti i nomi on line. Allo stesso modo cambierà il criterio di valutazione dei dirigenti che, con le regole attuali, si guadagnano nella quasi totalità la valutazione ‘eccellente’ e il relativo premio. Un’assurdità che deve finire e, stia tranquillo, finirà».

A proposito di vergogne nazionali, la Banca Mondiale ha consegnato l’Italia all’ennesima gogna a proposito dei tempi della Giustizia: siamo al 156° posto su 181 Paesi presi in esame. Fanno meglio di noi Angola, Gabon, Nuova Guinea e Sao Tomè. Che effetto le fa?

«Il vero problema della Giustizia italiana è, per l’appunto, un’organizzazione pre-industriale e borbonica. La sola introduzione dei tornelli nei palazzi di giustizia ha scatenato il putiferio a cui tutti abbiamo assistito con il trito tormentone dell’attacco all’autonomia della magistratura. Ma le pare possibile che alle 3 del pomeriggio in un tribunale non si trovi più nessuno? Quando all’inaugurazione degli anni giudiziari nelle relazioni si elencano i mali della giustizia, a cominciare dalla lentezza dei processi, dovrebbero essere loro i primi a dimettersi».

Detto questo, come si rimedia?

«Con le nuove tecnologie: elimineremo progressivamente la carta, le notifiche saranno elettroniche con l’uso della mail legale, gli atti che determinano i tempi di un processo dovranno essere trasparenti, accessibili e soprattutto certi: il percorso dovrà essere predefinito con una data di inizio e una di fine per ciascun caso. Introdurremo il concetto dello ‘score’, ovvero la certificazione delle prestazioni. E questo non riguarderà solo la giustizia».

Chi altri?

«Scuole, università, salute pubblica. Ma le sembra normale che quando si decide di andare a mangiar bene, si consulti la guida dei ristoranti e, invece, non devo preoccuparmi di sapere quante ‘stellette’ ha la scuola o la facoltà a cui intende iscriversi mio figlio? O, peggio che mai, quante ‘stellette’ ha l’ospedale in cui devo ricoverarmi o il chirurgo che deve mettermi le mani addosso? Una volta stabiliti gli standard uniformi di servizio, pubblicheremo le ‘stellette’. Metteremo tutto on line così da consentire al cittadino-cliente di scegliere il meglio. E se le cose dovessero comunque andar male, sarò il primo a promuovere le class-action contro i servizi pubblici infedeli».

Un quesito più politico per concludere: nasce il Pdl con tutto quel che ne consegue anche nei rapporti con la Lega. C’è chi teme che sulla strada del federalismo si riaprano in sede locale le buche di inefficienza pubblica che lei vuole tappare sul piano nazionale. E’ un rischio che avverte anche lei?

«No. Calderoli per primo sa che il successo della riforma ha tre paletti fondamentali: 1) la si realizza solo se riesce davvero a ridurre la pressione fiscale sui cittadini; 2) ogni trasferimento di funzioni e servizi pubblici deve automaticamente prevedere anche il trasferimento del personale; 3) il federalismo è anche contrattuale: ognuno dovrà fare i conti con le proprie tasche. E’ ovvio che se viene meno anche una sola di queste condizioni, le tasse finiranno per aumentare. E sarà un boomerang micidiale per chi l’ha voluto».