La pioggia di 5 sembra dimostrare la bontà dell'idea della Gelmini
Ma la sua scuola ha perso un'altra "i" berlusconiana quella di inglese

Ma che serva solo ai bulli

Alla fine del primo quadrimestre la pagella di Gelmini Mariastella,
ministro dell'Istruzione, è come quella del 72 per cento degli studenti italiani:
qualche buon voto, tanti 6 ma anche un 5.

Sebastiano Messina la Repubblica 2.3.2009

Cominciamo dal voto più brutto: da quando c'è lei, ci dicono i dati resi pubblici ieri dal suo ministero, gli studenti italiani sono meno bravi: quasi tre su quattro, il 2 per cento in più dell'anno prima. Sono i professori che sono diventati più severi o i ragazzi che studiano di meno? Le statistiche non ci permettono di rispondere, però ci danno una chiave per capire che l'aria è cambiata, nelle aule scolastiche: il voto in condotta. Ci sono 34.311 studenti che si sono ritrovati in pagella un bruttissimo 5 in condotta, e che dunque sono ufficialmente candidati alla bocciatura.

Attenzione, non parliamo di quel 7 in condotta che animò il dibattito estivo sul ritorno alla severità nelle scuole, un voto nel quale l'apparenza del numero nasconde la sostanza della punizione, ma di un 5: una punizione bruciante, che può essere data solo dopo episodi di inequivocabile indisciplina e una severa sospensione dalle lezioni. Bisogna aver combinato qualcosa di grave, per beccarsi un 5 in condotta. Ebbene, le cifre ci dicono che i professori hanno deciso di usarla, questa bacchetta. Non solo, ma ci consegnano anche una mappa dell'indisciplina – o del bullismo, se volete – una mappa nella quale il Sud ha il doppio di 5 in condotta del Nord, e addirittura il triplo di studenti che hanno un'insufficienza in una sola materia: la condotta, appunto.

Questa pioggia di 5 è in realtà il voto migliore del ministro Gelmini, perché sembra dimostrare la bontà della sua idea: colpire l'indisciplina usando la pagella. Quell'arma minacciosa ripescata dallo scantinato del ministero, insomma, sembra funzionare.

Dobbiamo pensare che sia stata usata per dare una lezione ai quattordicenni che aggrediscono il professore con le forbici, o ai tredicenni che accoltellano il professore di musica, alle quindicenni che danno fuoco con l'accendino ai capelli della prof, ai tredicenni che mandano il vicepreside all'ospedale con la testa rotta (non sono esempi astratti, purtroppo, ma esempi pescati a caso dalla cronaca recente). E vogliamo credere che grazie a quest'arma regolamentare, messa nelle mani di maestri e professoresse, non leggeremo più di docenti che si inventano punizioni estemporanee, come la maestra che stava per tagliare la lingua all'alunno, come quell'altra che imbavagliava con il nastro adesivo i bambini più chiassosi, o come quell'altra ancora che cominciò a prendere a schiaffi i suoi scolari.

Ma dobbiamo andarci cauti, perché questa nuova era di severità gelminiana si accompagna al momento a risultati non brillantissimi sul rendimento dei ragazzi italiani. Invece di studiare di più, gli studenti studiano di meno. E cosa studiano di meno? Le lingue, che quest'anno strappano il primato delle insufficienze alla scogliosa matematica: due studenti su tre non raggiungono la sufficienza. Così, dopo aver fatto marcia indietro su Internet (tagliando di un terzo le ore di tecnologia alle medie) il governo arretra anche sulla seconda delle celebri "tre I" berlusconiane, l'inglese. E la scuola del ministro Gelmini, che facendo la faccia arcigna alza la bandiera della modernità, poi se ne allontana sempre di più, in silenzio e senza schiamazzi, di quadrimestre in quadrimestre.