SCUOLA

Accordo Gelmini-Formigoni:
il modello lombardo fa scuola

Mariella Ferrante, il Sussidiario 18.3.2009

La notizia dell’accordo tra ministero dell’Istruzione e Regione Lombardia, siglato l’altro ieri dal ministro Gelmini e dal Governatore Roberto Formigoni, ha un duplice valore: da una parte prevede il ritiro del ricorso incrociato alla Corte Costituzionale tra Ministero della Pubblica Istruzione e Regione Lombardia sui rispettivi provvedimenti in materia di Istruzione e Formazione Professionale; ma soprattutto rilancia la prospettiva di una collaborazione tra le istituzioni regionali e ministeriali per realizzare percorsi sperimentali che rilascino il diploma tecnico al quarto anno e permettano agli studenti della Istruzione e Formazione Professionale di accedere a un quinto anno e sostenere l’esame di stato. Tutto questo ha una portata grande, realmente in grado di modificare l’assetto ormai ottuagenario della scuola superiore italiana.

Una reale chance per recuperare la dispersione

Il dare piena dignità ai percorsi di Istruzione e Formazione professionale non può esaurirsi nel riconoscimento del fatto che questi sono una modalità per l’assolvimento dell’obbligo di istruzione. Quarantamila studenti lombardi, recuperati dalla dispersione, in larga misura rimotivati e riorientati, rimangono però su un binario chiuso – dal punto di vista scolastico – finché la prospettiva di una uscita verso i livelli superiori di istruzione non diventa istituzionale, come finalmente accade per effetto dell’accordo tra il ministro Gelmini e il presidente della Regione Lombardia Formigoni.

Il sistema scolastico e formativo lombardo, possibile apripista per tutta l’Italia, ha uno strumento efficace in più per contrastare uno dei più grossi problemi che affliggono la scuola, ovvero la mancanza di una reale diversificazione di percorsi che corrispondano alla pluralità delle esigenze formative dei giovani. Spesso i ragazzi, dopo la scuola media, avvertono il bisogno di uscire dall’astrattezza del sapere disciplinare e sono attratti dal mondo del lavoro come luogo in cui mettere alla prova le proprie capacità, uscendo dall’inerzia della vita studentesca.

Una scuola della società

Il modello lombardo di istruzione e formazione professionale non nasce nel chiuso di un ministero o di un assessorato, né tanto meno dalle analisi di un centro studi. E’ un modello che è sperimentato, in una cornice normativa e regolamentare comune, da ormai più di cinque anni da centinaia di enti in tutta Lombardia: enti pubblici, come le Aziende speciali, le Agenzie formative e i Consorzi delle diverse province; enti privati storici, eredi degli ordini religiosi che hanno fatto il cattolicesimo sociale tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, oppure di quelle esperienze laiche di cui la società lombarda è ricca; enti di recente costituzione - o che hanno da pochi anni rinnovato la propria impostazione educativa - nati da esperienze di formazione professionale, di orientamento al lavoro, di accoglienza di ragazzi in difficoltà, di recupero sociale; enti legati al lavoro, o perché espressione delle parti sociali, o perché sostenuti da imprenditori o associazioni di categoria. Il fatto che sia offerto agli Istituti Professionali di Stato lombardi (170) come opzione per sperimentare un loro rinnovamento indica alla scuola statale un altro ruolo, non più articolazione di una amministrazione, ma istituzione autonoma, in un’ottica di rapporto sussidiario tra società e stato.

Una nuova sfida

La realtà dell’IeFP, in questi anni di sperimentazione, si è modificata. Comincia a farsi strada l’idea di non avere solo una funzione di assistenza sociale a situazioni difficili - che pure continuano come e più di prima ad essere accolte - ma un ruolo educativo di trasmissione di sapere e di esperienza, di cultura del lavoro. Questa trasformazione passa attraverso un lavoro di rinnovamento culturale e didattico e gestionale che non è scevro di fatiche, di empasse, di contraddizioni e di sfide per:

- accogliere e valorizzare le “intelligenze operative” dei ragazzi;

- sperimentare nuove forme di docenza, sia dal punto di vista didattico sia dal punto di vista dello status giuridico;

- creare una alleanza tra scuola e società civile che - attraverso le sue forze vive, quali quelle del mondo del lavoro - prenda responsabilmente parte all’educazione delle giovani generazioni.