Il corteo Cinquemila posti di lavoro a rischio. di Martino Galliolo, Il Corriere del Veneto 19.3.2009 PADOVA - La scuola del Veneto lascia le aule e scende in piazza, per lo sciopero generale della conoscenza. Duemilacinquecento tra insegnanti, presidi, ricercatori, studenti e bidelli ieri hanno raggiunto Padova per manifestare contro la riforma Gelmini. C'erano anche la fascie tricolore di sindaci di alcuni comuni padovani. Settemila le adesioni in tutta la regione che hanno lasciato mezze vuote le scuole venete. Un serpentone di protesta partito da piazza Garibaldi che ha tagliato in due la Città del Santo, allungandosi dal Bo fino al palco di Porta Pontecorvo di fronte all'ufficio scolastico della provincia di Padova. Una manifestazione voluta da Cgil e Gilda, il sindacato degli insegnanti, mentre gli studenti universitari dell'Onda hanno sfilato in bicicletta con una critical mass, che si è conclusa con la «presa» dell'ex casa dello studente Fusinato. Secondo le organizzazioni sindacali sono in arrivo tagli pesanti per tutto il comparto della scuola. Stimano che 4.500 insegnanti perderanno il posto di lavoro, con l'arrivo del mastro unico e della riduzione oraria. E salteranno i posti di 1.109 bidelli e tecnici di laboratorio per la riduzione del personale Ata a fronte di un incremento di 7 mila nuovi alunni in Veneto. Si teme soprattutto l'effetto privatizzazione e l'addio al posto per i precari. Una bidella delle scuole di Monselice girava con la gigantografia della busta paga da 937 euro al mese, scadenza del contratto a settembre, e teme di essere sostituita da vigilantes privati («Ci soppianteranno ditte esterne, se tagliano non riusciremo nemmeno a aprire la scuola»). Una maestra di inglese avverte che le lingue verranno penalizzate dalla riforma («Ci sarà una sola ora di inglese in prima, mentre hanno lasciato invariate le due ore di religione»). «Questa riforma mette a serio repentaglio la locomotiva della scuola veneta - tuona dal palco Emilio Viafora, segretario generale Cgil del Veneto - . In un momento di crisi in cui tutti i Paesi investono sulla formazione e la ricerca, qui arrivano tagli che colpiranno quasi 5 mila persone tra insegnanti e personale della scuola e che si riverserà sulle famiglie e l'economia regionale. O si investe oggi o non ci sarà un secondo tempo e ne usciremo sconfitti». L'effetto riforma - secondo i sindacati intaccherà la scuola pubblica, fino a non potere aprire i battenti degli istituti. I rischi sono il sovraffollamento delle classi, l'addio alle gite di istruzione, all'integrazione per gli stranieri in aumento, alle mense e ai laboratori, questi ultimi vuoti per mancanza di insegnanti. Uno tsunami per i sindacati. «Accade già che si accorpino tre classi in aula magna perchè non ci sono docenti - attacca Francesco Bortolotto, segretario della Gilda - . Poi non capiscono come gli studenti arrivano all'esame di maturità con problemi di sintassi e continuano a tagliare». Gli studenti della Rete hanno coniato lo slogan «Emergenza ballismo» e si scagliano contro il disegno di legge Aprea che cancella la rappresentanza studentesca: «Il 5 in condotta è un strumento di ricatto - spiega Serena Capodicasa, coordinatrice dei Reds - e vogliono toglierci il diritto di rappresentanza studentesca». In chiusura di manifestazione sono stati consegnati al dirigente scolastico di Padova Franco Venturella, 6.725 moduli di genitori che chiedono il tempo pieno a Padova di 40 ore, sono 22 mila in tutto il Veneto, raccolti dal comitato genitori insengnanti per la scuola pubblica. «Solo in provincia di Padova servirebbero 600 classi in più di tempo pieno - mette in chiaro Totò Mazza, Cgil scuola Veneto - il 90% dei genitori veneti ha snobbato il maestro unico di 24 ore la settimana. I tagli decreteranno la fine della scuola pubblica di qualità in Veneto ». |