L'integrazione è un compito Il ruolo fondamentale dei docenti curricolari - che non dovrebbero mai lasciare al solo insegnante di sostegno la responsabilità dell'integrazione di un alunno con disabilità - e per quanto riguarda specificamente i ragazzi con Disturbi Pervasivi dello Sviluppo, la necessità assoluta di condurre questi ultimi in un percorso di positiva relazione con i compagni di classe. Riceviamo e ben volentieri pubblichiamo le lucide riflessioni di un genitore già presente in passato su queste colonne. Giuseppe Felaco* da Superando, 2.3.2009
A lavorare per l'integrazione
quando l'insegnante di sostegno non è in classe, dev'essere
quello curricolare. Infatti, la responsabilità
dell'integrazione dell'alunno in situazione di handicap e
dell'azione educativa svolta nei suoi confronti è, al medesimo
titolo, dell'insegnante di sostegno, degli altri docenti di classe e
della comunità scolastica nel suo insieme. Ciò significa che
non si deve mai delegare al solo insegnante di sostegno
l'attuazione del cosiddetto "Progetto Educativo Individualizzato"
(PEI), poiché in tal modo l'alunno verrebbe isolato anziché
integrato nel contesto della classe.
Per quanto poi riguarda l'intervento
dell'insegnante di sostegno, il suo obiettivo
preminente dovrebbe essere quello della socializzazione,
superando attività educative di tipo "1:1" con il ragazzo - ciò che
lo "isola" dal gruppo classe" - e puntando invece a
facilitare/assistere il minore affinché egli stia
autonomamente in classe, rispettoso delle regole "del
gruppo". In questa prospettiva tale supporto scolastico tenderà per
sua natura a ridursi progressivamente, via via che il ragazzo
acquisirà un certo grado di autonomia in classe. Solo in questo
modo, infatti, egli potrà essere realmente inserito
e acquisire gradualmente la capacità di stare in classe e di
relazionarsi a insegnanti e compagni autonomamente,
indipendentemente dalla presenza del personale di supporto. Risulta
pertanto indispensabile che il rapporto "1:1" sia per lo più
a casa e nel corso del setting riabilitativo, per
"conquistare" nel più breve tempo possibile un certo grado di
autonomia, eseguendo le istruzioni date dai docenti curricolari,
oltre che seguendo le regole sociali e le routine della classe.
Sicuramente, dunque, il principale
obiettivo che si deve perseguire nell'inserimento scolastico di un
ragazzo con questo tipo di disabilità, è proprio quello di
introdurlo in un contesto di coetanei con i quali non può
fare a meno di avere scambi socio-comunicativi. Ed è così
che la scuola può realmente diventare la "palestra
privilegiata" della sua capacità di relazionarsi con gli altri.
Senza dimenticare, per altro, che, come enfatizzato dalla più
recente letteratura, spesso un ragazzo con Disturbi Pervasivi dello
Sviluppo, quando manifesta comportamenti disadattivi ad alta
frequenza, finisce per essere "isolato dal gruppo" che si limita a
"prendersi cura di lui", ma non lo coinvolge in attività che sono
fondamentali per la crescita emozionale di qualunque persona
(feste, occasioni di incontro ecc.). |