SCUOLA

Valutazione esterna degli alunni:
un cammino in salita, ma con una meta

Feliciana Cicardi , il Sussidiario 6.3.2009

Nel Regolamento relativo alla valutazione degli alunni si fa cenno all’utilità di una valutazione esterna standardizzata. Tale valutazione è affidata attualmente all’INVALSI (Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema di Istruzione) ed ha preso corpo nella quarta prova somministrata su scala nazionale all’interno dell’esame finale della scuola secondaria di 1° grado nell’anno scolastico 2007/2008. Prova che è stata accolta dalle scuole con un certo fatalismo ed un po’ di timore. Ancora una volta la scuola ha ‘digerito’ questa pratica decisa dall’alto, avendo avuto in realtà poche occasioni ed elementi di riflessione e comprensione sulla finalità di tale operazione. Un’operazione che, se da un lato serve al centro per raccogliere informazioni sulla ‘salute’ degli alunni della scuola italiana, dall’altro può rappresentare un interessante ed utile ritorno alla singola scuola sui livelli raggiunti nella sua azione didattica volta alla promozione di apprendimento negli alunni. Gli esiti di tale prova (relativa a italiano e matematica) sono stati restituiti da parte dell’INVALSI alle singole scuole. Non è dato sapere quanto le scuole abbiano fatto tesoro dei risultati della prova per analizzare il proprio grado di efficacia in relazione ai dati nazionali, nonché per interrogare differenze e somiglianze nelle prestazioni delle classi interne al proprio istituto. (I dati nazionali e la relativa analisi sono consultabili sul sito www.invalsi.it).

In un quadro di autonomia messa in campo dalle singole scuole si fa più evidente il bisogno di una verifica dei livelli di apprendimento raggiunti dagli alunni. Il passaggio dai programmi alle “Indicazioni”, che consentono impostazioni curricolari più flessibili e ‘personalizzate’ sul singolo istituto scolastico, reclama un ‘controllo’ che assicuri che non vi siano macroscopiche differenze tra i diversi istituti. Ma qui si pongono almeno due questioni.

In primo luogo, in assenza di standard minimi nazionali (lo sono le Indicazioni?) le prove standardizzate esterne predisposte dall’INVALSI rischiano di assumere di fatto il carattere di standard. Se così accadesse o si volesse,occorrerebbe che le scuole ne fossero innanzitutto informate e, quindi,  sensibilizzate. Perché il rischio di un conflitto che può vivere la scuola è reale: come si configura l’autonomia, tanto invocata e poco praticata, a fronte di un quadro di riferimento predefinito dall’esterno?

In seconda battuta. I test – confezionati dall’INVALSI secondo criteri disciplinari e tecnici corretti e puntualmente dichiarati ed esplicitati dall’Istituto stesso– non sono in realtà uno strumento a cui sono ‘addestrati’ normalmente gli alunni. A fronte di ciò le prove standardizzate rischiano di saggiare la capacità degli alunni di padroneggiare lo strumento di valutazione piuttosto che le conoscenze/abilità richieste per rispondere ai quesiti. Senza giungere a situazioni estreme riscontrabili negli USA dove i docenti impostano il loro programma in funzione della soluzione dei test con cui gli alunni hanno a che fare quasi quotidianamente (teaching for test), sorge l’opportunità di promuovere negli alunni una sufficiente familiarità con determinati strumenti di valutazione. Ciò può prescindere dai ‘contenuti’ veicolati dai test e porta a sottolineare la necessità di rivedere le ‘modalità’ che nella quotidianità d’aula vengono usate nei processi di valutazione. Il testo scritto, il dettato, il problema, dovrebbero essere affiancati da strumenti ‘oggettivi’, quali ad esempio test con domande a scelta multipla. Diversamente, la prova standardizzata esterna – pur ben strutturata come è apparsa la quarta prova approntata dall’INVALSI per l’esame conclusivo del 1° ciclo di istruzione – rischia di risultare un elemento spurio che si affianca a strumenti di valutazione più caserecci ma che danno risultati leggibili in chiaro dai docenti e dagli alunni.

Ma le prove standardizzate nazionali devono essere progressivamente considerate (e gestite in tal senso) elemento integrante e complementare dell’intero processo di valutazione, tenuto conto che secondo lo schema di regolamento sulla valutazione tali prove dovrebbero ‘pesare’ nella misura del 15% nella valutazione finale dell’esame conclusivo del 1° ciclo di istruzione.(cfr. Art.4, commi 6 e 7 dello schema di Regolamento relativo alla valutazione degli alunni).

Per creare nei docenti e negli alunni un habitus valutativo più robusto centrato su punti di riferimento precisi e dichiarati all’interno della propria scuola che si paragonano con indicatori di valutazione esterni, è importante che l’INVALSI promuova operazioni di valutazione standardizzata non solo in sede di esame conclusivo del 1° ciclo, ma anche in momenti intermedi del percorso, come è accaduto qualche anno fa. (In tal senso si muove il documento/proposta preparato per l’INVALSI da D. Checchi,A. Ichino, G. Vittadini).

La direttiva ministeriale n.75 del 2008 affida all’INVALSI la rilevazione degli apprendimenti degli studenti: a partire dall’anno scolastico in corso, dalla scuola primaria. La rilevazione, prevista per maggio, riguarderà gli alunni delle classi seconda e quinta. Con nota del 19 febbraio 2009 l’INVALSI ha “invitato” le scuole a partecipare alla rilevazione. L’adesione per le scuole per quest’anno non è obbligatoria, ciò per questioni organizzative legate al budget finanziario. L’INVALSI spera che, come accadde nelle precedenti iniziative, la quasi totalità delle scuole aderisca spontaneamente.

Perché l’operazione raggiunga la maggior efficacia possibile per il Sistema scolastico e per le singole scuole, si ravvisano necessarie delle condizioni e degli atteggiamenti sia da parte dell’INVALSI sia da parte delle scuole. Se ne dà un elenco essenziale.

Da parte dell’INVALSI:

- presentare e spiegare alle scuole, prima della somministrazione, il framework di riferimento relativo alle prove, così che i docenti siano consapevoli di ciò che si va a testare e quindi rapportarlo al curricolo effettivamente svolto nella propria classe (ad oggi i framework di italiano e matematica si trovano sul sito dell’INVALSI);

- precisare che la prova di ‘italiano’ va a testare abilità/competenze in lettura (si avvicina alla ‘literacy’ del progetto PISA), alcune competenze grammaticali e lessicali, non tutte le competenze linguistiche (il framework sembra piuttosto esplicito in tal senso); analoga operazione per matematica;

- individuare, all’interno di ogni scuola, una figura di sistema che funga da referente per la valutazione (il dirigente o un docente) e ‘formarla’ su significato ed esiti della valutazione standardizzata, così che i risultati della valutazione esterna vengano collegati ai processi della valutazione quotidiana, tri-quadrimestrale e finale.

Da parte delle scuole:

- percepire le prove esterne come occasione per rilevare con strumenti tarati e validati le competenze/conoscenze degli alunni, anziché come ‘forche caudine’ attraverso cui i docenti devono passare per essere valutati soprattutto loro stessi;

- garantire, al momento dell’esecuzione della prova, un approccio sereno, depurato dell’ansia del nuovo, da parte degli alunni, evitando, per converso, scorretti ‘aiuti’ ai propri allievi: in tal modo si altererebbero i risultati, nullificando i ‘segnali’ di sviluppo delle competenze degli allievi rispetto all’INVALSI e, soprattutto, rispetto alla scuola.

Si auspica che le intenzioni dichiarate dall’INVALSI diventino pratica obbligatoria e di routine negli anni a venire. Sarebbe un passo importante verso un sistema di standardizzazione essenziale che manca ancora nel nostro paese e verso una pratica valutativa sempre meno autoreferenziale e sempre più proiettata verso una valutazione sistemica ed integrata che superi la paura del confronto. Anzi. Desiderose, le scuole, di misurarsi per consolidare e/o riprogettare  obiettivi, metodologie, didattica, organizzazione, in funzione di una sempre più efficace ed incisiva promozione di apprendimenti.