SCUOLA
Un bilancio e alcune prospettive Feliciana Cicardi, il Sussidiario 23.3.2009 Su questo giornale si è dichiarata la debolezza della scuola secondaria di 1° grado. Ciò non sta a significare che non si possa da subito irrobustire il segmento scolastico in questione. Si è detto dei limiti della situazione attuale. Si prova ora a leggere in filigrana nelle norme e nelle leggi vigenti delle possibilità per ridare vitalità educativa alla secondaria di 1° grado, pur rimanendo inalterato l’attuale assetto organizzativo e normativo. Si può superare la separatezza tra scuola primaria e secondaria di 1° grado prestando ascolto alle affermazioni presenti nelle “Indicazioni per il curricolo” del 2007 che disegnano le caratteristiche educative e formative della scuola del primo ciclo. La secondaria di 1° grado acquista valore dalla contiguità con la scuola primaria, di cui è uno sviluppo e non un inizio ex novo di conoscenze, modalità, finalità formative. Il paragrafo “Alfabetizzazione culturale di base” delle Indicazioni per il curricolo richiama una continuità tra valenza formativa della primaria e della secondaria 1° grado, dentro uno sviluppo graduale ed un potenziamento della stessa. Se la scuola primaria “ si pone come scuola formativa che, attraverso gli alfabeti delle discipline, permette di esercitare differenti potenzialità di pensiero, ponendo così le premesse per lo sviluppo del pensiero riflessivo e critico”, nella scuola secondaria di 1° grado “vengono favorite una più approfondita padronanza delle discipline e una articolata organizzazione delle conoscenze, nella prospettiva della elaborazione di un sapere integrato”. Tali affermazioni cancellano l’idea di una progressione geometrica delle conoscenze dai 6 ai 14 anni, ma pongono l’accento sui metodi che caratterizzano le discipline come punti di vista sulla realtà e che diventano nelle secondaria di 1° grado ‘oggetto’ di sviluppo delle competenze. Contemporaneamente l’articolazione delle Indicazioni per ambiti disciplinari suggerisce e propone un lavoro culturale e didattico che promuova un “sapere integrato”. Il ‘dialogo’ tra le discipline è embrionalmente presente nella primaria, anche in forza della sua strutturazione per moduli. Nella secondaria un dialogo tra le discipline diventa irrinunciabile perché ogni disciplina conduca l’alunno alla totalità della realtà (che non è la somma dei suoi aspetti), attraverso il potenziamento della valenza formativa delle singole discipline e l’elicitazione di competenze che trascendono quelle specifiche di ogni disciplina (imparare a imparare, individuare collegamenti e relazioni…). Nessun documento relativo al primo ciclo fa menzione esplicitamente delle competenze chiave che strutturano la persona e che nella secondaria di 1° grado agevolano la ri-costruzione dell’identità degli alunni. Basta recuperare le sollecitazioni presenti nelle Raccomandazioni dell’UE, che sono state recepite nel Decreto relativo all’obbligo scolastico, per raccogliere la sfida di una interdisciplinarietà non giocata solo sui contenuti ma su processi e competenze che attraversano i singoli territori disciplinari. Ciò richiama un mutamento della concezione e della impostazione dei Consigli di classe che si devono trasformare in équipe pedagogica dove le specificità disciplinari dialoghino per individuare connessioni su cui in sinergia articolare il proprio agire formativo e culturale. Ma anche richiede da parte del singolo docente una conoscenza ed una consapevolezza delle valenze formative di cui è portatrice la propria disciplina. Da questo punto di vista la proposta di regolamento relativo alle modalità di formazione degli insegnanti suscita una perplessità ed una felice sorpresa. La perplessità riguarda la separatezza dei percorsi di formazione per insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria rispetto alla formazione dei docenti della secondaria di 1° grado, accorpata alla secondaria di 2° grado. Perché non una formazione articolata per i docenti del primo ciclo di istruzione? Forse giocano un ruolo pesante resistenze e spinte di tipo sindacale ed accademico. La felice sorpresa è data dalla presenza nelle attività di tirocinio formativo di “ insegnamenti di materie psico-pedagogiche e di scienze dell’educazione”. E’ però importante capire cosa si celi dietro questa dizione. Se tali insegnamenti ripropongono contenuti e modalità delle famigerate SISS la partita è persa in partenza. Se invece si propongono occasioni di conoscenza e confronto tra valenze formative delle discipline e conseguenti metodologie che le valorizzino e le potenzino, allora il percorso di formazione si fa interessante e produttivo per la costruzione di una professionalità rinnovata ed efficace. Lo schema di regolamento relativo al primo ciclo di istruzione all’Art. 5, comma 10, propone l’insegnamento dell’inglese potenziato anche utilizzando le 2 ore di insegnamento della seconda lingua comunitaria. Unitamente alle sollecitazioni proposte tramite Circolari dell’allora Ministro Fioroni riguardanti lo sviluppo ed il potenziamento dell’insegnamento dell’italiano e della matematica, si può osare interpretare queste sottolineature come il desiderio di strutturare gli insegnamenti/apprendimenti della secondaria di 1° grado a partire da un core curriculum? (Tale ipotesi peraltro si trova suggerita nell’intervista a R. Mazzeo). Potrebbe essere un primo passo in linea con le tendenze europee (si citi per tutti lo socle commun di conoscenze e competenze, varato con decreto del luglio 2006 in Francia), ma soprattutto verso l’essenzializzazione di saperi paradigmatici attraverso cui apprendere un metodo di approccio alla cultura (oltre la ‘testa ben fatta’ di E. Morin). Come si vede, ci sono spunti per vincere alcune battaglie attraverso azioni da tessitore di cavouriana memoria, azioni che darebbero anche corpo e respiro alla tanto agognata e sbandierata autonomia, ancor troppo timidamente giocata sul campo. Alcuni Istituti scolastici si sono già misurati con operazioni di modificazione dell’assetto pedagogico ed organizzativo della scuola, attuando strategie emblematiche e prodotti estremamente interessanti che dimostrano la fattibilità del cambiamento dentro uno scenario ingessato. C’è da auspicare che tali esperienze vengano documentate e portate all’attenzione di altre scuole e che giungano, quindi lette e studiate, sui tavoli del Ministero.
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