Cinque in condotta: di Giuseppe Luca, Pavone Risorse 10.3.2009 “Scrutini intermedi: pioggia di 5 in condotta.” Questo, in linea, di massima il titolo utilizzato dai mezzi di comunicazione di massa (cartacei e non )per annunziare dati diffusi dal ministero, al termine degli scrutini del primo quadrimestre. Ma si può parlare veramente di “pioggia”? 34.311 voti in condotta (tanto sono stati gli studenti che hanno riportato il 5 in condotta e di questi solo 8151 con la sola insufficienza in comportamento) su 2.500.000 alunni che frequentano le nostre scuole, una media di appena superiore il 2%, si possono definire veramente una “pioggia”? Se poi si presta attenzione ai tanti fenomeni di bullismo e di comportamenti “devianti” in genere, registrate, purtroppo quotidianamente, dalle cronache, quel numero non risulta veramente “una goccia” in un mare che diventa sempre più vasto e tristemente“variopinto”? Ed allora possiamo dobbiamo palare di “allucinazioni mediatiche”? Una cosa è certa: il voto espresso in decimi, pur con tutte le riserve dei pedagogisti e docimologi, ha un effetto più immediato e diretto del precedente giudizio analitico e più impegnativo per chi è chiamato ad esprimerlo. In un giudizio analitico ( grazie anche allo spessore “elastico” della nostra lingua) è possibile includere tutto ed il contrario di tutto rischiando poco o nulla. Quale sarebbe la nostra idea leggendo, ad esempio, questo giudizio: “alunno piuttosto tranquillo ma non sempre pronto all’osservanza delle regole, specialmente quando si relaziona con il gruppo, ubbidiente ma difficilmente sottoposto ad ordini da lui non graditi.” ? Possiamo pensare, probabilmente, ad uno studente sereno, tranquillo che sostanzialmente si comporta bene o ad uno studente sereno, tranquillo ma che nessuno dovrà “disturbare” il suo comportamento. L’immediatezza espressa da voto decimale ha messo più in evidenza il problema, inducendo, con facilità, a parlare di “pioggia”. A prescindere, comunque, dalla dimensione, il problema c’è ed è molto più grave di come è emerso dai dati ministeriali; quei dati, se letti scrollandosi di dosso le possibili “allucinazioni” di primo impatto, sono solamente la punta di un iceberg: Che valutazione,perciò, fare di questo esito: ci dobbiamo preoccupare o si tratta invece della semplice conferma di una condizione educativa esistente da tempo e per contrastare la quale non c’è soluzione? “Dite, chiedeva, l’altra sera, un programma televisivo nazionale ai telespettatori: di chi è la responsabilità? Della famiglia, della scuola o della società”? Ed iniziava il balletto delle responsabilità che, come ovvio, non potrebbero e non dovrebbero essere attribuite a singole categorie in quanto coinvolgono con urgenza, le responsabilità di tutti gli addetti ai lavori: famiglie, scuole, studenti, forze sociali e sindacali, decisori politici. E’ vero, si tratta di giudizi parziali e non definitivi ma le insufficienze (anche solamente quelle messe in evidenza dal Ministero) messe nero su bianco sono un campanello d’allarme da non sottovalutare. E sono anche lo specchio di una Italia dove “Mezzi di comunicazioni di massa-Scuola-Famiglia” sono sempre meno punto di riferimento captante per i nostri studenti, dove i decisori politici non riescono a capire che “spendere” sulla e per la scuola significa spendere per la crescita democratica del nostro Paese. |