Recuperare, recuperare … cosa e quando? Claudio Cereda, ScuolaOggi 25.3.2009
La sospensione del giudizio ed i recuperi
Con il regolamento della valutazione l’invenzione di Fioroni sulla
sospensione del giudizio sperimentata nello scorso anno sulla base
di un Decreto Ministeriale e di un Ordinanza diviene norma generale
e avrà ripercussioni sulla organizzazione del calendario scolastico.
Vediamo qualche ipotesi di lavoro. La legge dice che il calendario scolastico deve essere di almeno 200 giorni; il calendario regionale viaggia sui 211: mettiamoci pure qualche ponte e scendiamo a 206. Se l’attività di recupero deve diventare parte della offerta didattica ordinaria di una istituzione scolastica è opportuno ragionare su un pacchetto di più di 200 giorni all’interno del quale in alcuni momenti, si fa della attività didattica organizzata secondo tempi regole e aggregazioni diverse dalle solite. Per questo non mi pare opportuno che una quota di quei 17 giorni venga considerata di sospensione delle attività didattiche e sia poi recuperata per fare attività di recupero alla fine del I quadrimestre. Chiudendo la scuola per fare il recupero si ha il vantaggio di un basso impatto organizzativo perché vengono a scuola solo alcuni studenti, ma si ha lo svantaggio, in una scuola sui 1000 studenti, di “buttare dalla finestra” un migliaio di ore di attività aggiuntiva di insegnamento: operazione che mi suona tra l’immorale e l’impossibile. Immorale perché solo un malinteso può far pensare che almeno 200 giorni significhi al massimo 200 giorni. La interpretazione capziosa di una legge dello stato diventa un modo surrettizio per arrotondare lo stipendio dei docenti. Impossibile perché se si spendono almeno 50'000 euro alla fine del I quadrimestre è evidente che si potrà fare poco o nulla per gli sportelli richiesti dagli studenti e per i corsi a fine anno, rivolti a coloro che stan sospesi.
Personalmente amo la chiarezza e in questo caso la chiarezza dice
che le attività di recupero devono diventare parte integrante
dell’offerta formativa di una istituzione scolastica e dunque sarà
opportuno prevedere l’attività di recupero pienamente all’interno
della attività scolastica: qualche giorno in più oltre i 200,
qualche contenuto in meno e capacità, nei periodi dedicati al
recupero, di alternare fasi di rallentamento a fasi in cui si
riorganizzano l’orario e le classi per gruppi di livello con
attività finalizzate sia al recupero sia alla valorizzazione delle
eccellenze. Esistono ormai diverse piattaforme sul mercato che consentono di effettuare e certificare alcune attività di recupero via Internet. Si tratta secondo me di un lavoro da integrare con il precedente e che richiede di prestare attenzione a due punti: a) le piattaforme vanno riempite di contenuti ed esperienze e i docenti impegnati nella produzione di materiale didattico e nel tutoraggio a distanza vanno retribuiti b) la didattica deve orientarsi sempre di più ad un approccio basato su aspetti concreti ed operativi: la prova strutturata ha senso se la didattica che le sta a monte è pensata secondo modalità da problem solving
L’idea di Fioroni di lavorare affinché non ci siano debiti trascinati può trovare due applicazioni molto diverse: continuare come prima ma truccare gli esiti finali (salvo nei casi disperati), e dunque riprodurre il tumore, oppure fare della didattica orientativa nei confronti degli alunni in difficoltà. Stimolarli a concentrarsi sulle discipline in cui il raggiungimento degli obiettivi è possibile entro giugno e impostare con loro dei percorsi che prevedano l’uso del lavoro estivo per le materie più problematiche.
I corsi di recupero estivi devono avere una durata significativa
(almeno 2 settimane) e prevedere intervalli tra una lezione e
l’altra; la scuola deve fornire agli alunni ogni indicazione utile
affinché il lavoro di consolidamento possa proseguire anche nel mese
di agosto, le caratteristiche delle prove finali devono essere
esplicitate e certe; non escluderei infine, anche se questo può
comportare un lavoro aggiuntivo per il docente, una diversificazione
delle prove che tenga conto che il “debito” non è mai indistinto e
che il suo superamento ha natura processuale. L’ultimo contratto collettivo di lavoro, pur mantenendo il divieto di svolgere attività a pagamento nei confronti dei propri alunni, consente, all’art. 32, attività di insegnamento su temi curriculari e non, per alunni della medesima scuola secondo modalità da stabilire a cura degli organi collegiali. Se questa attività dovesse prendere piede la scuola potrebbe diventare anche luogo di erogazione di attività di recupero e sostegno su domanda (l’equivalente dei servizi a domanda individuale erogati dai comuni) con una riduzione di costo per le famiglie dovuta alla possibilità di consorziarsi tra piccoli gruppi di livello omogeneo, con una maggiore attinenza alle prassi e richieste della scuola, con la possibilità di fare del recupero laboratoriale, con il vantaggio di fare una concorrenza leale e fiscalmente onesta al mercato delle lezioni private.
Il regolamento si muove entro i vincoli posti dalla legge 1 del 2007 voluta dal ministro Fioroni per dire basta allo scandalo di una scuola in cui il non superamento dei debiti era la norma e in cui a fronte di un 98.5 % di promossi all’Esame di Stato risultava altissimo il tasso di fallimento e dispersione nei primi due anni di università. La legge 1/07 prevede che sono ammessi gli studenti se “valutati positivamente in sede di scrutinio finale e abbiano comunque saldato i debiti formativi contratti nei precedenti anni scolastici”. La seconda condizione è stata risolta con la normativa del rinvio del giudizio ripresa dal regolamento. La prima era stata provvisoriamente interpretata da un DM (42/07) che precisava, dopo tentennamenti precedenti, che per valutazione positiva si intendeva la media del sei. Il regolamento dice invece che bisogna avere almeno sei in tutto ciò che è oggetto di valutazione. Il cambiamento è notevole e si pongono due questioni distinte: una sui tempi e l’altra sul merito. E’ buona norma non cambiare le regole in corso d’opera anche perché chi si è ritirato prima del 15 marzo accede comunque all’esame. E’ dunque opportuno prevedere una norma transitoria che salvi il DM 42 per l’anno in corso e che non crei una grave disparità di trattamento a favore dei privatisti: in caso contrario si affermerebbe il principio che tra i furbi e gli onesti vincono i furbi e si andrebbe in controtendenza rispetto al rigore e alla serietà che si proclamano. Nel merito osservo invece che la previsione della sufficienza in tutte le discipline è corretta per ragioni di razionalità giuridica. Una interpretazione diversa avrebbe richiesto una modifica di impianto dell’Esame di Stato (almeno dei meccanismi di accesso). La prova attuale va a verificare (bene o male e utilizzando la misurazione) quattro cose: scrivere in Italiano, sapersi muovere nello specifico dell’indirizzo (II prova), saper integrare le conoscenze (III prova e qui mi scappa da ridere), saper interagire con la commissione su un terreno che, a seconda delle commissioni e degli indirizzi, può essere molto diverso (colloquio). Sempre la legge 1/07 ha mosso un passo verso il superamento di alcune arbitrarietà: ha alzato i punti di credito (da 20 a 25) e diminuito quelli a disposizione del colloquio (da 35 a 30). Finché l’esame di stato misura conoscenze, competenze e abilità solo su alcune cose del percorso scolastico, occorre un prerequisito che accerti lo svolgimento di un percorso, e dunque l’idea di ammissione è sensata. Se invece si cambia la funzione dell’ultimo anno (specializzante, orientante e di ricerca) cambia tutto, a partire dall’esame, e allora il meccanismo di ammissione può diventare diverso. Di sicuro la III prova dovrà essere sostituita da una prova a carattere laboratoriale e/o di presentazione di un lavoro di ricerca. Ma in quel caso dovrà essere decisamente diverso l’esame di chi ha fatto l’ultimo anno in una scuola pubblica da chi non lo ha fatto. Cosa accadrà in concreto se va in vigore la nuova ammissione già quest’anno? I Consigli di Classe non potranno truccare le carte trasformando qualche tre o quattro già certificato nel primo quadrimestre e nella storia scolastica dello studente in sei. Di questo si dovranno fare garanti i DS e, in caso di illogicità manifesta, dovranno farsene carico le commissioni. Diverso è il caso dello studente alle soglie della sufficienza che può essere dichiarato tale sulla base di una valutazione complessiva. Fuor di metafora lo studente X ha tre nella materia Y oggetto di II prova. Il Consiglio di classe non lo ammette e la vicenda finisce con il bene della scuola. Secondo scenario: il CDC trasforma il tre in sei e lo ammette. Lo studente fa la II prova quasi in bianco e prende quattro quindicesimi. La commissione valuterà con attenzione sia la III prova sia il colloquio, che dovrà andare a verificare lo stato reale del candidato ed eviterà di entrare in dibattiti del tipo gli serve almeno 28 su 30 nel colloquio per arrivare al fatidico 60 (quante volte accade nelle commissioni d’esame concrete …). Per finire due parole sull’antico dilemma tra essere e dover essere. I legislatori e i governanti si nascondono molto spesso dietro parole impegnative. Per esempio da quest’anno, secondo le norme, i debiti non ci sono più e dal 1° settembre gli studenti sono tutti uguali. C’è chi ci crede; c’è anche chi lo scrive nelle circolari per spiegare che da quest’anno i fondi per il recupero potranno diminuire (e diminuiranno). Io sono per il rigore; il rigore è un modo di essere, non è la soluzione. La soluzione è nel mettere insieme quattro cose: misure di cambiamento sorrette da norme chiare, rigore, flessibilità, investimenti. |