SCUOLA Maristella si promuove I tagli? «È questione di razionalizzare la spesa». Le insufficienze? «Rigore e disciplina». Le polemiche? «Abbiamo cambiato rotta, non torneremo indietro». da Famiglia Cristiana, 11.3.2009 È stato un quadrimestre difficile anche per lei, però conta sulla promozione a pieni voti, anche perché i suoi cavalli di battaglia continuano a essere la valutazione, il rigore e il merito. Chi la identificava con il "ministro dei grembiulini" ha dovuto ricredersi.
Mariastella Gelmini va avanti, convinta che non passerà alla storia
nemmeno come il "ministro dei tagli". «Sarebbe una definizione
ingenerosa e poco credibile», spiega, «le proposte da parte mia non
sono mancate e penso siano condivise da molti. Dopo tante polemiche
anche gli operatori della scuola hanno voglia di riforme stabili e
durature».
«Quella del maestro unico è una scelta culturale e pedagogica del
ministero che vale per tutti. Noi abbiamo cercato di venire incontro
alle famiglie con opzioni orarie di 24, 27, 30 e 40 ore ma,
qualunque sia la scelta, il maestro di riferimento è sempre unico.
Il massimo di ore che può fare un maestro elementare sono 22 più 2
di programmazione, quindi ci sarà un maestro di riferimento
affiancato da colleghi – d’inglese, di religione – che copriranno le
ore rimanenti. Identificare il maestro unico con le 24 ore è un
errore di contenuto che sta disorientando le famiglie».
«I calcoli del ministero smentiscono Tuttoscuola, manterremo tutte
le promesse. Il tempo pieno, anzi, aumenterà. Sono allarmismi
ingiustificati, l’introduzione del maestro unico non impoverisce
l’offerta formativa, al contrario. La scuola elementare italiana era
ai primi posti in Europa prima del modulo, e con il modulo è scesa
all’ottavo posto».
«Io non sono sorpresa che ci siano state 34 mila insufficienze.
Basta leggere le cronache per capire cosa sta succedendo nella
scuola».
«È chiaro che questi sono episodi estremi. Però tanti insegnanti e
dirigenti mi presentano un quadro in cui emerge una maleducazione
diffusa. Ci sono sondaggi da cui risulta che per gli insegnanti la
cosa più difficile oggi è "tenere" la classe. Il ritorno al rigore e
alla disciplina è indispensabile».
«Credo che il passaggio dalla valutazione con i giudizi alla
valutazione in decimi abbia rappresentato un momento di assunzione
di responsabilità da parte dell’insegnante. Io ho letto giudizi
veramente fumosi, qualche volta anche fantasiosi per non dire
incomprensibili. I voti sono molto più chiari».
«Non credo che i ragazzi di quest’anno siano meno preparati di
quelli dell’anno passato. Semplicemente, la valutazione è stata più
rigida. L’aspetto, invece, che mi ha colpito è che negli anni
passati le insufficienze riguardavano soprattutto la matematica.
Quest’anno hanno riguardato soprattutto la lingua straniera. Forse
abbiamo visto giusto nel fare un forte investimento
sull’insegnamento delle lingue. Per le superiori dal 2010, per le
medie da subito».
«No. Partiamo dall’istruzione tecnica, dove si passerà dalle 36 ore
alle 32. Però oggi le 36 ore sono di 50 o 55 minuti. Le 32 saranno
di 60 quindi, complessivamente, il numero delle ore aumenta.
Comunque, a livello europeo, noi abbiamo un numero di ore ampiamente
superiore alla media. A significare che non è la sommatoria di più
ore che determina una maggiore qualità, ma è la modalità con cui si
insegna».
«No, nella sostanza non avverrà».
«Sulla scuola girano notizie non vere. Si era detto che io avrei
tolto l’educazione fisica dalla media di valutazione e invece farà
media, come l’insegnamento della religione. Sul liceo scientifico ci
sono due scuole di pensiero. C’è chi, come l’ex ministro Berlinguer,
ritiene che oggi non sia né carne né pesce e che vada potenziata la
specificità scientifica. Poi ci sono i latinisti, che ritengono che
il latino sia fondamentale. Noi pensiamo di consentire entrambe le
opzioni e poi valutare sulla base dei risultati».
«Sì. Secondo me questi fenomeni vanno gestiti in un’ottica di
organizzazione più efficace della didattica, non credo a un’Italia
razzista o poco accogliente».
«Credo di sì. Ci stiamo confrontando con i dirigenti regionali,
perché bisogna tener conto delle differenze territoriali».
«Ancora una volta è una questione didattica, non politica o
ideologica. Non vogliamo chiamarle classi ponte? Chiamiamole "classi
d’inserimento", perché la classe ponte può essere fraintesa ed
evocare una separazione che non ci deve essere. Si tratta di "classi
a tempo" per l’apprendimento della lingua italiana, che preparano
l’inserimento nella classe di appartenenza».
«In Conferenza Stato-Regioni abbiamo trovato sul tema del
dimensionamento e anche dell’edilizia scolastica l’accordo con tutte
le Regioni, con tutti i Comuni e tutte le Province. Su oltre 6 mila
scuole, ci si è accordati per la chiusura di 3 mila, sulle quali si
deciderà caso per caso. Ma ricordo che il dimensionamento non
riguarda solo le piccole frazioni, ma anche le grandi città, che
molte di queste scuole non sono sicure, che in molti casi
l’accorpamento è solo dei dirigenti e del personale amministrativo.
Dove l’accorpamento delle scuole può essere compensato da un buon
servizio di trasporto, si procederà, dove si tratti di paesi
estremamente sperduti è chiaro che rimarranno le scuole così come
sono, sempre che si tratti di edifici sicuri».
«I messaggi del presidente sono molto saggi e coerenti. Non mi si chieda, però, di far finta di non vedere gli sprechi. La mia risposta è: riforme in cambio di risorse. Dare più risorse all’università senza migliorare le modalità di spesa sarebbe sbagliato. Pensare che bastino le riforme per risolvere il problema del 2010, anche questo non è realistico. Dobbiamo usare questi mesi per le riforme: della governance, del reclutamento, del dottorato. Basta risorse a pioggia, ma risorse in base ai risultati. Io penso che si possano razionalizzare i corsi di laurea, l’offerta formativa, le sedi distaccate, e liberare risorse sul diritto allo studio, aiutando le famiglie che faticano a mantenere i figli all’università. Abbiamo stanziato 40 milioni di euro per le residenze universitarie e 70 per le borse di studio. Abbiamo invertito la rotta, non torneremo indietro». |