Scuola d’infanzia senza qualità

di Paola Bocci, ScuolaOggi 6.5.2009

La nuova normativa in materia di riorganizzazione scolastica, le Leggi n.169 e n. 133, e i Regolamenti Attuativi che ne discendono, dedicano un’attenzione apparentemente marginale alle Scuole per l’Infanzia: pochi paragrafi, poche linee guida, note scarne, che però promettono di provocare un danno rilevante alla qualità delle scuole per i bambini dai 3 ai 6 anni, aprendo la strada al loro definitivo passaggio dall’educazione all’assistenza.

Le modifiche introdotte dai Regolamenti e confermate dalla Circolare per le iscrizioni emanata dal MIUR il 15 gennaio 2009, riguardano:

la possibilità di iscrizione alle scuole d’infanzia per i bambini anticipatari (bambini che compiranno tre anni entro il 30 aprile 2010),

 un ampliamento delle “Sezioni Primavera” (sezioni di passaggio che accolgono i bambini tra i due e i tre anni),

 la possibilità di attivare sezioni solo per la fascia antimeridiana,

 la costituzione di sezioni omogenee secondo gli orari richiesti dalle famiglie

 la possibilità di aumentare il numero di bambini per sezione (fino a 29).


Queste disposizioni interpretano la riorganizzazione del servizio educativo per l’infanzia come strumento di risparmio economico e sottendono la volontà di riportare le scuole per l’infanzia fuori dal sistema dell’istruzione, nell’ambito dell’assistenza, abbandonando le istanze educative e didattiche degli ultimi decenni che hanno prodotto un collaudato modello pedagogico di eccellenza.

La scuola dell’infanzia fa un salto indietro nel tempo, perché viene privata della sua identità di luogo educativo e didattico, riducendosi a risorsa a cui attingere per far fronte alle attuali necessità di riduzione della spesa in altri comparti.
Tutti i nuovi provvedimenti sulla scuola materna, sono di fatto interpretabili come una (incompiuta) soluzione all’incapacità di rispondere alla domanda sempre crescente di scuole e di servizi educativi per la fascia da zero a tre anni.
In Italia viene coperto solo poco più del 12% del fabbisogno in materia di Asili Nido, contro l’obiettivo del 33% da raggiungere entro il 2010, indicato dal protocollo di Lisbona.
Ricorrendo al ripristino degli anticipi nella scuola d’infanzia, promuovendo l’ampliamento dell'esperienza delle Sezioni Primavera, autorizzando l’aumento del numero medio di bambini per sezione (fino a 29), la nuova normativa individua una scorciatoia per arginare il fenomeno delle liste d’attesa nella fascia 0-3 anni, e contemporaneamente limitare gli investimenti a livello nazionale sugli asili nido.
In quest’ottica economicista l’interesse è posto sull’incremento quantitativo del servizio, senza andare troppo sul sottile sulla qualità.

Anticipi e Sezioni Primavera

Il primo punto debole della riorganizzazione della scuola d’infanzia è la reintroduzione dell’anticipo, recuperato dalla legge Moratti ma abrogato dalla leggge 289/07.
Provvedimento che è non è accompagnato da indicazioni di indirizzo sulle modalità e sui tempi d’inserimento, nè sul tetto massimo di bambini anticipatari per sezione, salvo qualche esplicita limitazione riferita ai piccoli comuni, e ai territori montani, dove l’iscrizione viene consentita in termini di eccezionalità.
La nuova legge si limita a dichiarare che l’ammissione dei bambini anticipatari è subordinata al parere del collegio docente, e alla disponibilità e idoneità di locali e spazi “sotto il profilo dell’agibilità e funzionalità”, senza entrare nel merito dei parametri qualitativi necessari alle strutture per accogliere adeguatamente i più piccoli.
Una riflessione sulla qualità delle strutture: non esistono a livello nazionale parametri oggettivi per identificare e definire funzionalità e agibilità, ma la loro definizione è demandata agli Enti locali, Comuni o Regione. Recenti indagini riportano comunque una situazione preoccupante: molte scuole italiane non raggiungono gli standard minimi di sicurezza, non hanno i certificati di agibilità statica o della normativa antincendio, e molte scuole dell’infanzia sono ospitate in strutture inadeguate, vecchie o obsolete, originariamente destinate ad usi diversi, o costruite pensando ad un utilizzo temporaneo.

Dal punto di vista pedagogico consentire e incoraggiare l’accesso ai bambini nati entro il 30 aprile 2007, significa negare la complessità del progetto 0-6, snaturare e comprimere l’esperienza del nido, ignorando che ogni età ha differenti tempi di crescita, apprendimento e sviluppo e specifiche necessità di spazi e di formazione.

Non si capisce tra l’altro perché insistere sugli anticipi quando contemporaneamente si riafferma la validità del modello delle Sezioni Primavera, introdotto dal Ministro Fioroni con la legge 296/2006, modello che si è diffuso soprattutto nell’ultimo anno, senza però essere supportato da un adeguato e organico modello organizzativo e formativo, e senza la condivisione di un progetto educativo che garantisca la continuità fra Nido e Scuola dell’Infanzia.
Le Sezioni Primavera, rappresentano semplicemente per gli Enti Locali una possibilità di risparmiare risorse proprie, attingendo ai finanziamenti statali, finanziamenti utilizzabili per creare nuovi posti ma non per concorrere ai costi di gestione.
Questo è un altro segnale di inadeguatezza e incompiutezza della legge: si incrementano i finanziamenti nazionali, lo stanziamento passa dai 30 milioni del 2008-2009 ai 50 milioni del 2009-2010, ma non si esplicitano direttive chiare sulle modalità di attuazione, e non si definiscono i criteri per la attivazione e gestione di questo servizio, con il rischio di una diseguale e incoerente distribuzione sul territorio, quindi non aderente alle reali esigenze delle famiglie.
Se in alcune Regioni sulle Sezioni Primavera è stata avviata una fase di sperimentazione, manca a livello nazionale l’impegno per una azione formativa iniziale generalizzata, e la previsione di momenti di verifica e di formazione in servizio.
Inoltre lo squilibrio sul territorio è accentuato dal fatto che mentre alcune regioni hanno già esperienze precedenti di servizi ad hoc per i bambini da due a tre anni (ad esempio la Lombardia e l’Emilia Romagna), la maggioranza non risulta invece dotata di indirizzi e riferimenti sull’argomento.

Modelli orari di funzionamento e formazione delle sezioni

Il movimento di opinione degli ultimi mesi, che ha coinvolto famiglie ed educatori nella stessa protesta, riuscito a limitare i danni della nuova legge, costringendo a una retromarcia sulla proposta di un modello orario privilegiato di funzionamento solo mattutino, con un unica insegnante, riconducendolo ad uno dei tanti modelli proposti (a Milano scelto solo dal 5 % delle famiglie dei nuovi iscritti).
A conferma di una concezione del primo anello scolastico come servizio a prevalente funzione socio-assistenziale, che risponde ad una domanda individuale, e non come servizio educativo, nello schema del regolamento attuativo della L.133, c’è l’esplicita indicazione che le scuole d’infanzia negli anni a venire siano organizzate “in modo da far confluire in sezioni distinte i bambini che seguono i diversi modelli orari di funzionamento”.
Questa scelta, di ricorrere alla formazione delle classi secondo orari omogenei di frequenza, introduce elementi fortemente discriminanti, che potrebbero creare disequilibri e disomogeneità nell’offerta del servizio.

L’insieme delle nuove disposizioni normative per la scuola d’infanzia (così come per gli altri ordini scolastici) non dà a questa riorganizzazione il carattere di una vera riforma - ponderata e condivisa con le parti coinvolte nel processo– ma appare più come un assemblaggio eterogeneo di provvedimenti mirati ad ottenere risparmi di risorse e di finanziamenti, anche se in origine potenzialmente diretti verso un altro comparto educativo.

Per affrontare una situazione di forte ritardo, per dare risposte alla domanda crescente delle famiglie in termini quantitativi e qualitativi e per consentire l’accesso a tutti i bambini - compresi i bambini stranieri cosiddetti irregolari- con pari opportunità, occorre, a livello nazionale e a livello locale, attivare un consistente incremento dei finanziamenti e definire anche a livello nazionale alcuni degli standard qualitativi dei servizi, promuovendo poi un’azione di costante monitoraggio, perché tutto il territorio nazionale abbia riferimenti.

Servono finanziamenti nazionali per aggiungere nuovi posti ma anche per partecipare ai rilevanti costi di gestione: finanziamenti per aumentare le risorse umane impiegate nei servizi e per garantire a tutti gli educatori le stesse opportunità di formazione in ingresso e in servizio e per formare figure professionali di coordinamento pedagogico.
Una formazione continua è la condizione necessaria per l’elaborazione di una cultura educativa di qualità, capace di rinnovarsi comprendendo e interpretando le trasformazioni sociali e culturali in atto.
Contemporaneamente è necessario fornire gli strumenti e le modalità di attuazione per il controllo e la verifica della qualità dei nuovi servizi educativi a carattere pubblico, tenendo conto del coinvolgimento e delle prerogative degli Enti Locali – soprattutto dei Comuni, che in molte realtà rappresentano i principali gestori delle strutture- e delle strutture private.
Si rende quindi necessaria una nuova normativa articolata, esaustiva e condivisa dalle parti coinvolte, che riconosca in primo luogo il carattere educativo della scuola materna e dell’asilo nido, e individui con chiarezza gli standard qualitativi essenziali e ineludibili dei servizi educativi per la prima infanzia che rafforzino la continuità del progetto educativo da zero a sei anni.
Una normativa in grado di coordinare i livelli nazionali e locali, e di stabilire i diversi ambiti di competenza per ciò che riguarda la definizione degli standard qualitativi, l’individuazione dei requisiti per l'autorizzazione e l’accreditamento dei servizi non gestiti direttamente dall’ente locale, e la gestione dei compiti di controllo della qualita di tutti i servizi, pubblici e privati.
L’obbiettivo da raggiungere non può essere solo l’incremento numerico delle scuole per l’infanzia, ma l’organizzazione di tutti i servizi per l’infanzia esistenti su un certo territorio come un sistema integrato governato dall'ente locale, in accordo con la normativa nazionale.