Senza preamboli
Susanna
Marina Ripanti da
Professione Insegnante, 17.5.2009
Senza preamboli perché il tempo dei preamboli non c’è, chiediamo
parola a proposito di tre recenti disposizioni varate dal Ministero
dell’istruzione nel corso dell’anno scolastico in relazione al voto
di condotta, all’adozione dei libri di testo e ai criteri di
formazione degli organici.
Si tratta di disposizioni di legge che richiedono un’immediata
applicazione nel momento stesso in cui vengono emesse, addirittura
anche nel corso del secondo quadrimestre, indipendentemente dalla
natura e dalla specificità del lavoro degli insegnanti che prevede
tempi di analisi, di programmazione, di predisposizione di tempi, di
compiti da distribuire tra i docenti, di alunni da informare, di
genitori da coinvolgere. In realtà, al contrario, ci viene imposta
l’applicazione di leggi e circolari con la stessa tempistica che si
userebbe nei confronti di un’azienda che produca un qualsiasi
manufatto, un frigorifero, una t-shirt o un paio di mocassini!
Così è stato per la definizione del voto di
condotta.
E tutti noi, docenti, dirigenti, segretari, studenti e genitori
abbiamo dovuto rapidamente organizzarci per tamponare il più
possibile le incongruenze conseguenti a tale tempistica da azienda
manifatturiera, facendo del nostro meglio per applicare la normativa
con minori danni possibili alla credibilità del nostro lavoro che,
come si dovrebbe sapere, agisce prima di tutto sulla base di
relazioni con giovanissimi individui con cui si cerca,
faticosissimamente, di costruire appunto rapporti di fiducia, ancor
prima che sollecitare e predisporre modalità di apprendimento.
Non solo: per tutto l’anno scolastico si sono rincorse interpretazioni
diverse sulle criptiche indicazioni ministeriali a proposito del
peso che il voto di condotta avrebbe avuto sulla media scolastica,
interpretazioni intralciate da contrastanti dichiarazioni ai
mass-media, finché il mistero si è risolto l’8 maggio alle soglie
degli scrutini!
E la soluzione è ancora più stupefacente dell’enigma in quanto si è
deciso che fin d’ora sia regola sommare elementi assolutamente
eterogenei quali il comportamento con gli apprendimenti. Mi si
permetta di esclamare, alla vecchia maniera: Io trasecolo!
Non solo: sempre per cominciare le Riforme dalla fine, il Ministro
ai ‘media’ rilasciava interviste su nuovi criteri di ammissione
all’esame di Stato: con un 5 in pagella niente da fare, fuori
dall’esame.
Mentre poi, appena dentro il tempo massimo, in uno scatto di
decenza, tutto è stato rinviato in fretta e furia!!
Nuove adozioni di libri di testo
da conservare per 6 anni.
Imbarazzante e sconcertante, per usare un eufemismo, si può
considerare la recente normativa gelminiana prevista per le nuove
adozioni dei libri di testo che dovranno assolutamente essere
mantenuti per 6 anni. A tale proposito si palesano immediatamente
due incongruenze di diversa natura, ma entrambe molto serie: in
primo luogo, tale normativa produrrà seri problemi a tutti noi
insegnanti che, come spesso e normalmente accade, cambieremo classe
o sezione e ci troveremo di fronte un libro di testo adottato l’anno
precedente da un altro collega: anche in tale caso, non potremo
cambiare il libro già adottato, anche quando esso non corrisponda
non solo alla nostra concezione pedagogica , non solo alle nostre
metodologie didattiche, ma ancor più semplicemente alla nostra nuova
classe e a studenti diversi dagli anni precedenti! Tali vincoli per
le nuove adozioni, con tutta evidenza, si pongono in netto contrasto
con un principio cardine dell’insegnamento, garantito e tutelato
dall’articolo 33 della Costituzione italiana : L’arte e la scienza
sono libere e libero ne è l’insegnamento”.
Non occorre aggiungere niente di più a queste parole e alle ragioni
per cui siamo qui ad enunciare con forza il fatto. Tuttavia in
secondo luogo, sarà bene evidenziare che tali indicazioni ridurranno
l’offerta editoriale di nuove proposte in quanto le case editrici
più piccole o specializzate si troveranno in difficoltà ad operare
in questo nuovo contesto e ciò, con tutta evidenza, inciderà sulla
possibilità da parte del docente di valutare e scegliere i testi in
una pluralità di proposte editoriali e, soprattutto, di diverse
proposte culturali, mentre evidentemente saranno favorite pochissime
case editrici, con una rischiosissima concentrazione editoriale e,
soprattutto, culturale!
Terza questione: divisione per 27 degli
studenti iscritti.
Questa è la norma che deve osservare il Dirigente scolastico oggi, a
seguito delle disposizioni governative, per la predisposizione degli
organici di diritto e delle classi: ciò significa che verosimilmente
verranno a formarsi sempre più numerose classi di 27-28-29, o forse
più, alunni per classe, da sistemare in ambienti la cui abitabilità
è prevista per un numero inferiore, con una serie di pericoli e
rischi che comprometteranno ancora di più la sicurezza dei nostri
ragazzi, senza pensare in questo momento alle difficoltà
dell’insegnamento e dell’apprendimento per classi così composte.
A quale norma ci atterremo nelle nostre scuole: alla regola del 27 o
alle norme di sicurezza?
Infine, ma non alla fine, ancor più grave è quanto riguarda la
millantata Riforma delle Scuole medie superiori: in data odierna
nulla sappiamo di quanto accadrà nelle nostre scuole, se non dei
vaghi: ‘si dice’, ‘sembra’, ‘pare che’, dicitur, dicitur , dicitur!
Cosicché dirigenti, insegnanti, personale amministrativo, studenti,
genitori tutti noi non sappiamo come saranno fatte, nel senso
proprio della parola, le scuole superiori a cui si iscriveranno i
ragazzi che tra pochi mesi frequenteranno la terza media: gli
studenti non sanno se esisterà il Liceo Tecnologico, il Liceo
linguistico, l’Istituto Professionale, il Tecnico biologico, la
Scuola per Operatori dei beni culturali, non sanno come saranno
fatti il Liceo classico e il Liceo Scientifico, giusto per fare
qualche rapido esempio.
Non sanno quali materie studieranno, quanto italiano, quanto
francese, quanta geografia, quanta biologia, quanta matematica,
quanta storia, quanta filosofia.
Di sicuro lo studio del Diritto sarà cancellato, né i nostri
studenti sprecheranno troppo tempo sulla Storia dell’Arte: per
studiare Michelangelo, Raffaello Leonardo da Vinci, Giotto, Mantegna,
Canova……l’arte classica, romanica, gotica, rinascimentale, barocca,
che così poco hanno dato all’Italia, un’oretta settimanale sarà più
che sufficiente!
Gli studenti non sanno chi insegnerà quelle discipline, se, in base
alle nuove classi di concorso, l’insegnante di Lettere, di biologia,
di matematica, di latino, di storia, di francese o di inglese.
Non sanno quali e quanti insegnanti resteranno nella scuola a cui ci
si vorrebbero iscrivere, dopo i tagli che si prevedono massicci e
disorientanti.
E ancora gli studenti non sanno che tipo di Diploma avranno in una o
nell’altra scuola, che tipo di programmi studieranno, quali libri
avranno, anzi se avranno dei libri o si limiteranno a navigare a
vista in Internet, se useranno i laboratori o non li useranno, se
potranno studiare tedesco o spagnolo, se studieranno latino o
inglese, se faranno viaggi di istruzione all’estero o no, se
studieranno il francese o il dialetto locale, l’informatica o il
découpage!
Gli insegnanti non sanno se tra pochi mesi lavoreranno ancora nella
stessa scuola in cui sono in servizio da tempo, se cambieranno
classe, sezione, classe di concorso, materia, comune, provincia,
regione, lavoro!
Tutti noi non sappiamo.
Dunque niente! Così ci sarà un tempo spaventosamente ridotto per
valutare i cambiamenti, per programmare, per organizzare, scegliere,
decidere, introdurre, eliminare, preparare, e soprattutto per
orientare studenti e famiglie. ( Il tutto, sia detto per inciso e
senza malanimo, sempre dentro le nostre 18 ore settimanali che è
quanto, a parere dei Ministri Brunetta, Tremonti, Gelmini e i loro
fans, gli insegnanti lavorano!).
Tutto quanto siamo qui ad enunciare non sia inteso come il solito
sterile lamento del docente depresso: si tratta della realtà della
scuola italiana così come la sta governando l’attuale Ministro
Gelmini. E’una realtà delle cose, ma si faccia ben attenzione: ciò
che è reale non è affatto razionale.
Il governo della scuola pubblica che noi cittadini, prima che
operatori della scuola, vogliamo tutelare e valorizzare, richiede
conoscenze, competenze, tempistica idonea, risorse, chiarezza,
richiede soprattutto rispetto e condivisione in quanto la scuola è
un’istituzione che riguarda trasversalmente la società nelle sue
varie componenti che debbono venire consultate, ascoltate e
coinvolte democraticamente per effettuare cambiamenti davvero
efficaci, mirati, di valore!
Al contrario, ciò che sta accadendo avviene all’insegna della
chiusura, della preoccupante contraddizione con diritti fondamentali
del cittadino, soprattutto dei più giovani.
Questo è il modo reale con cui la scuola pubblica oggi viene
governata.
Governare significa tener stretta e diritta la barra del timone
della nave, significa sapere la direzione verso cui si sta
procedendo, richiede un nocchiero autorevole, credibile, affidabile:
la nave della nostra scuola pubblica italiana, invece, sta
oscillando e imbarcando acqua.
Per questo noi, personale della scuola, in quanto non siamo vogatori
di galera incatenati nella stiva, alziamo la mano, chiediamo parola,
rivendichiamo una corretta consultazione democratica e, soprattutto
rispetto e valore per la nostra Scuola pubblica.
E’ un nostro diritto ed è soprattutto un nostro dovere!
Susanna Marina Ripanti, prof. di Lettere di Scuola Media Superiore
Modena, 17 maggio 2009